La gente non fa che chiedere a Carly Rae Jepsen come sta. In effetti, fra la pandemia e i tre anni passati dal suo ultimo album vero e proprio, non ha dato molte notizie di recente. «È una domanda difficile», dice lei, «e la mia risposta è complicata». Dopo anni di tour ininterrotti, ha faticato ad abituarsi a stare chiusa in casa durante il lockdown. E in piena pandemia ha avuto un grave lutto famigliare, finendo in analisi per affrontare il dolore. «Tutto questo mi ha portato a riflettere molto», spiega. «Tipo: a che punto sono? Quali decisioni mi hanno portata fin qui? Sono felice? Tutte domande difficili, che però, in un modo o nell’altro, devono trovare una risposta».
Da questo periodo di introspezione è nato il quinto album The Loneliest Time (in uscita il 21 ottobre). Ma ora, dal sorriso che sfodera via Zoom, la risposta alla domanda «come stai?» pare chiara. «Sono felice», dice. E con una risata aggiunge: «Sono contenta di essere sopravvissuta a questi ultimi due anni e non vorrei ripetere l’esperienza».
The Loneliest Time abbina emozioni vere a un approccio leggero, allegro. Come sei riuscita a trovare questo equilibrio?
Uno dei grandi temi del disco è la solitudine e tutto ciò che comporta. Perché la solitudine non ha solo una connotazione negativa, può essere anche bellissima. Certo, almeno nel mio caso, la solitudine può portare a eventi estremi, come correre sotto casa del tuo ex, sotto la pioggia battente, a urlare «ricominciamo!». Ma anche se il titolo del disco suona triste, sento che può anche avere connotazioni positive.
Quali brani non vedi l’ora che la gente ascolti?
Beach House. È di sicuro il pezzo più sciocco, ma è nato in modo molto naturale. Tutti gli utenti di app per appuntamenti hanno delle storie dell’orrore da raccontare: in quegli ambienti ti senti vulnerabile e spesso finisci per restare molto delusa. Conosco persone che iniziano a utilizzare queste app per trovare davvero l’amore, ma nel testo parlo di chi le usa per giocare coi sentimenti altrui. Questa gente va smascherata.
Sei contenta di andare in tour quest’autunno?
Sarò onesta e diretta: la verità è che, al momento, andare in tour non è affatto semplice. I voli vengono spostati, l’attrezzatura arriva in ritardo. Mi è capitato di dover prendere a prestito gli auricolari di qualcun altro perché le nostre cose erano bloccate altrove. E per arrivare ovunque è un carosello di treni, aerei e automobili. Devi davvero amare ciò che fai per andare in tour quest’anno. Fortunatamente, per me è così. Per l’euforia di stare sul palco e di condividere i tuoi sentimenti col pubblico, ne vale la pena.
Hai una forte fanbase LGBTQ+ e tu devolvi un dollaro da ogni biglietto venduto nel tour alla Ally Coalition. Cosa rappresenta, per te, questo legame coi fan?
Mi sento molto fortunata. Quando sono sul palco non penso tanto a me: piuttosto è come se mi trasformassi in un conduttore per trasmettere tutta quell’energia positiva. È una cosa che ha cambiato il mio modo di esibirmi; ha cambiato il mio punto di vista su tutto. Voglio creare uno spazio gioioso e sicuro, dove tutti possono avere la libertà di essere ciò che desiderano. In quei momenti sono talmente felice che mi sento come se stessi per andare a fuoco.
Cosa ti piace fare nel tempo libero?
Mi sono appassionata moltissimo al jazz, quindi sono capace di passare intere serate ad ascoltare e riascoltare i miei dischi preferiti. Ma a farmi davvero volare sono quelle conversazioni dopo il tramonto, con un amico o qualcuno che è più di un amico, in cui si parla di tutto. Mi sono anche posta un nuovo obiettivo: imparare a suonare una nuova canzone al mese.
Con che brano sei alle prese, ora?
Adesso sto imparando Have Yourself a Merry Little Christmas. So che sarà difficile, ma voglio essere pronta per le festività, così potrò suonarla a tutti. Sto anche studiando You Go to My Head di Billie Holiday.
Cosa ne pensi dei social? Ti piacciono?
Sono la nonna di TikTok (ride). Mi diverte, ma sono ancora una principiante. Per me comunque è importante frequentare solo posti dove mi diverto. Non voglio che diventi una fonte di stress, per cui dovrei sentirmi in obbligo di postare certe cose a certi orari. Non lo vedo come uno sbocco per i miei pensieri o la mia creatività. So di artisti che non riescono più a scrivere canzoni perché usano tutta la loro creatività per trovare le parole giuste per i post. È terribile.
Tantissime persone si sono innamorate della tua musica ai tempi di Call Me Maybe, nel 2012. Dieci anni dopo ti senti ancora legata a quel brano?
Sì ed è strano perché l’ho cantato tantissime volte. A un certo punto sono arrivata a pensare: oh, cavolo, questa canzone mi spaventa perché è troppo conosciuta. Ma l’ho superata. Ora è un momento nostalgico divertente e il pubblico diventa protagonista. Non è possibile trovarsi in un luogo dove c’è gente che canta un tuo brano e non esaltarsi. Però almeno non ho più la sensazione che tutti siano lì per sentire solo quella canzone: è una piccola vittoria, per me.
Tradotto da Rolling Stone US.