Oggi compie 77 anni Keith Richards, fondatore dei Rolling Stones insieme al “gemello” Mick Jagger, una leggenda del rock anche grazie a una vita di eccessi da antologia. Per capire meglio l’artista e il chitarrista, abbiamo chiesto a Enrico “Drigo” Salvi, chitarrista dei Negrita – uno dei più stonesiani del panorama italiano – cosa rappresenta per tutta una categoria.
«La prima cosa che mi viene in mente è che incarna più di ogni altro il rock’n’roll, per me ancora più di Chuck Berry. Lo ha dimostrato attraverso una carriera di altissimo livello che ha contribuito alla storia della musica. È stato un innovatore e allo stesso tempo un purista. Ha avuto una vita sopra le righe, però sentirlo parlare è sempre una rivelazione. Le sue brevissime dichiarazioni che sono una via di mezzo tra poesia e saggezza, davvero incredibile. Non è solo sesso, droga e rock’n’roll, ma un vero artista che mette insieme qualità, intelligenza, sensibilità e tutto lo spessore umano che traspare dal suo stile chitarristico».
Mitologico, in questo senso, lo strumento più utilizzato dal chitarrista degli Stones. E cioè la Micawber, la leggendaria Fender Telecaster anni ’50 che Richards iniziò a imbracciare a partire dal 1971, poco prima dell’inizio delle session per il fondamentale Exile on Main St. Lo strumento di per sé ha già una storia da fare tremare i polsi: la sei corde fu regalata a Richards nientemeno che da Eric Clapton. «Dal punto di vista tecnico è molto più abile di quel che dimostra e anche questo atteggiamento rientra nell’estetica del rock, che non ci tiene a dimostrare troppi virtuosismi. Partendo dalla scuola del blues è rimasto fedele al motto less is more, per cui attraverso pochissimo è capace di esprimere tantissimo. La sua particolarità tecnica è l’accordatura aperta a cinque corde, che caratterizza i suoi riff e, insieme al tocco, rende il suo stile inconfondibile. Gli è stata insegnata da Ry Cooder, altro grandissimo chitarrista».
Si tratta di un’accordatura aperta in Sol, la open G che permette di suonare un accordo di Sol maggiore con le corde a vuoto, senza usare la mano sinistra (se siete destri come Richards), ma senza montare la sesta corda, quella del Mi basso.
Per quanto riguarda la strumentazione, «è legato al vintage e lo si vede spesso con chitarre di inizio secolo, così come gli amplificatori. Questo perché erano sì strumenti fatti in serie, ma ancora lavorati a mano e fatti col cuore senza troppo badare al risparmio, come si fa invece oggi. I legni erano selezionati e per i circuiti veniva ancora usato rame puro come materiale da conduzione. Oggi si usano altre leghe, il rame è diventato raro, prezioso come l’oro per strumenti e amplificatori e non c’è nessun altro materiale organico così ricco di sfumature», dice il chitarrista dei Negrita. Oltre a questo, Keith sulla chitarra effettua un cambio di pick-up, sostituendo i single coil “di serie” con un humbucker Gibson PAF (ma montandolo al contrario, in modo da invertire i poli magnetici) e al ponte un pick-up (sempre della Fender), ma per lap steel. Tutto questo su una Fender Telecaster Custom, ma oltre a questa ci sono state fra le sue preferite, una Telecaster Sunburst con pick-up humbucker al manico e ponte Schecter e una Telecaster del ’52 con un humbucking Gibson al manico.
«Nel mio modo di suonare» spiega Drigo «ho cercato di rubargli in particolare quell’attitudine di rimanere essenziale e riuscire comunque ad esprimermi non tanto con assoli pirotecnici, ma con la semplicità dell’espressività. Non a caso lui è anche definito Mr. Riff, visto che i suoi riescono a piacere a più generazioni, dai miei genitori a mio figlio senza risultare sorpassati, sono veri e propri classici».
«La virtù che tanto apprezzo di esprimersi attraverso piccoli, spontanei capolavori, sia nel linguaggio parlato che sullo strumento l’ho ritrovata poi studiando Andrés Segovia che è l’inventore della chitarra moderna. Prima di lui era uno strumento bistrattato, visto che non aveva una gran proiezione, ovvero volume sufficiente per raggiungere gli spalti nei teatri, perciò i grandi compositori non hanno mai dedicato a questo strumento delle composizioni. Ma grazie al talento e alla genialità di Segovia, che ritrascrisse Bach su chitarra, lo strumento conquistò finalmente il successo e la dignità fino ad allora storicamente negate. Richards appartiene a un altro mondo, ma ai miei occhi ha la stessa levatura umana e artistica».
Se Drigo potesse incontrare Richards, gli piacerebbe duettare sulle note di Happy, il brano contenuto in un disco fondamentale per il sound degli Stones come Exile on Main St, «visto che l’album l’ho consumato dagli ascolti e per anni ed è stato anche suoneria del mio cellulare». In buona sostanza, Keith Richards è una leggenda del rock perché «è impossibile scindere la vita dall’arte, ha attraversato una vita pazzesca; le vibrazioni delle corde della sua chitarra sono le stesse della sua anima. Ha questo prezioso dono e ascoltarlo è vivere le sue stesse emozioni».