«È come se m’avessero gettata in pasto alla vita». Mentre lo dice, Dua Lipa pensa agli effetti del ritorno di Saturno. Ha 28 anni, è nel pieno della vita e da appassionata di astrologia attende l’arrivo di questo evento. È un passaggio che di solito si verifica attorno ai 30 anni ed è caratterizzato da un’infinità di transizioni, cambiamenti e sconvolgimenti. E lei, che sta per dare il via a un capitolo completamente nuovo della sua carriera, lo sente.
«È travolgente», dice con cadenza londinese, compiacendosi almeno un po’ di questo caos. «Pensavo che i miei 28 anni sarebbero stati più tranquilli».
Siamo nel patio ormai vuoto del Gjelina, un ristorante piuttosto noto nella zona trendy di Abbot Kinney, a Venice Beach (lei ammette, e un po’ se ne vergogna, che ha avuto il desiderio di venire qui per via della serie Californication). Lipa è arrivata a ora di pranzo da sola, facendosi largo tra i tavoli affollati con indosso un cappotto corto in tweed, T-shirt, jeans e occhiali da sole. È impossibile non notarla per via dei capelli tinti di un rosso intenso, tipo vin brulè: forse è per questo che il proprietario, che ha origini albanesi e conosce il padre di lei, le offre il dessert. «Gli albanesi sono dappertutto», dice la cantante alzando le spalle.
È atterrata da Londra da qualche giorno e ha un po’ di jet lag. Poco prima d’imbarcarsi ha pubblicato il nuovo singolo Houdini, un pezzone ballabile e neo-psichedelico. La mattina dopo sono state annunciate le nomination ai Grammy e ha scoperto d’essere in lizza in due categorie, tra cui quella di canzone dell’anno, con Dance the Night, dal film Barbie. «Manco sapevo che avrebbero fatto gli annunci quel giorno». Ha festeggiato andando al dj set di un amico e ha viaggiato in hangover.
In mezzo a tante celebrazioni, Lipa ha capito qualcosa d’importante sul proprio conto. Il suo attesissimo terzo album che uscirà quest’anno è il frutto di un periodo di cambiamenti, tra cui la fine di una relazione. Ha anche lasciato il management con cui ha lavorato per un decennio e ha ricomprato i diritti della sua musica. Ha messo in campo vari progetti fra cui la newsletter Service95, alcuni ruoli cinematografici, una società di produzione ed edizione, ponendo le basi di ciò che vuole fare in futuro.
«Ho dovuto prendere lezioni di resilienza e ho capito che, forse, non è sempre necessario essere forte, e questa cosa la devo accettare». Cerca le parole. «Non lo so… sto imparando molto su me stessa».
Forse Lipa era più resiliente di quanto credesse. Prendiamo la sua storia: a 15 anni ha convinto la famiglia a lasciarla andare via dal Kosovo per trasferirsi tutta sola a Londra, dov’era nata. Lì ha terminato gli studi superando gli esami di maturità e ha poi iniziato a lavorare come cameriera e a fare la modella, cercando un team e un’etichetta con cui far decollare la sua carriera musicale. Prima di compiere 18 anni aveva già firmato un contratto.
Negli anni prima e dopo il debutto autoprodotto del 2017, s’è data da fare in studio e in tour, suonando ai festival e aprendo per Troye Sivan, Bruno Mars, Coldplay. Tutto questo lavoro ha dato i suoi frutti portandole hit come New Rules e un Grammy come miglior artista esordiente. Nel 2020 il suo revival superglam della disco Future Nostalgia è diventato il blockbuster della pandemia, arrivando in vetta alle classifiche e facendola entrare nell’olimpo delle cantanti pop.
Per Lipa, quel disco era un grido di ribellione. Durante il lockdown è diventato la colonna sonora improbabile della vita di milioni di persone e ha reso la disco music un trend nel pop. Con la sua voce calda e soul, unita alla sua innegabile sicurezza di sé, Lipa è diventata la diva pop pronta ad affrontare un momento di incertezza.
Non è solo una delle artiste più ascoltate al mondo in streaming, è anche la popstar preferita delle vostre rockstar preferite: quando Elton John non la invita a qualche cena raffinata, Mick Jagger si scatena con lei al suo party natalizio. «È stata una gran festa e ho ballato con Mick Jagger nel suo salotto», dice ridendo. Si lancia in un’imitazione di Jagger: «All right, babe! Let’s go, darling!».
La scorsa estate, Trent Reznor ha detto che Levitating è un pezzo «talmente ben fatto» che l’ha fatto piangere («Che figata», dice lei sorridendo di gusto). Di recente, per il suo book club su Service95, ha parlato con Patti Smith, che è una delle sue eroine. Smith ha detto che la foto di Lipa con un abito di maglia metallica alla prima di Barbie le ha fatto pensare a Giovanna d’Arco. «Davanti a cose del genere, a volte mi fa persino strano pensare che stanno parlando di me».
Dua Lipa è famosissima, eppure molti critici pensano di aver appena scalfito la superficie per capire chi è davvero. È passata da un genere all’altro e quindi a inizio carriera il suo sound e la sua personalità erano indefinibili. Ha usato Instagram, l’unica piattaforma social che gestisce in prima persona, per offrire squarci ben curati della sua vita, ma per lei la musica è un lavoro e il privato è un’altra cosa. «Mi piace fare la mia vita, scattare foto, scrivere canzoni, nuotare. Non m’interessa cercare di essere controversa o postare cose per ottenere delle reazioni».
Questo riserbo e il disinteresse per i drammi spesso inducono le persone a considerarla una specie di robot pop distaccato e perfettino. Le battute e le critiche sul fatto che non si stava impegnando abbastanza, che non stava dando tutto l’hanno ferita. Ora sta cercando di capire come estraniarsi sempre più dal rumore che la circonda.
«Coi social media è un attimo finire in una spirale negativa o di gente cattiva che dice ciò che pensa di te senza nemmeno conoscerti, magari pensando che tu non provi sentimenti e che non soffri. È importante riuscire a prendere queste cose con le pinze».
Lipa potrà sembrare impassibile, ma i commenti fanno male, com’è successo a proposito di una vacanza. Dopo la fine del tour di Future Nostalgia, ha passato la prima parte del 2023 in giro per il mondo con amici e famiglia. Siccome non era mai a casa a giudicare dall’Instagram curatissimo pieno di foto di posti come Cannes e Ibiza, i fan l’hanno soprannominata “vacanza queen”.
«La gente dimentica in fretta: ero stata in tour fino alla fine di dicembre, lontana da amici e famiglia. È la dimostrazione di quanto sia bassa la nostra soglia di attenzione ed è per questo che la musica oggi esce molto più velocemente». Per un attimo si irrigidisce, come se fosse stufa del fatto che qualunque cosa faccia venga criticata. «Non appena ho avuto un po’ di tempo libero sono andata in vacanza a rilassarmi. Faccio il mio lavoro, rispetto le scadenze, porto a termine le mie cose e riesco anche a staccare. Si lavora sodo e ci si diverte un sacco. Perché no?».
Lipa sta lavorando tanto. I fan attendono febbrilmente il terzo album, che hanno soprannominato DL3. Lei non è pronta a rivelarne il titolo, ma ha detto che sarà un tributo tra il pop e lo psichedelico alla rave culture del Regno Unito. È ispirato a gente come Primal Scream e Massive Attack, punti di riferimento per una ragazza londinese che adora girare la città di notte. Anche l’estetica è totalmente diversa da quella precedente: ci saranno meno body glamourous e scintillanti, nel tentativo di evocare l’atteggiamento alla “non ce ne frega un cazzo” tipico di gruppi Brit pop come Oasis e Blur, che sono i riferimenti della sua nuova musica.
«È un disco un po’ più grezzo. Voglio catturare l’essenza della gioventù e della libertà, cosa succede quando ti diverti e lasci che le cose accadano, belle o brutte che siano. Tanto non puoi farci nulla, devi solo seguire il ritmo che ti impone la vita».
Dua è sempre Dua e non ha perso nulla del piglio che l’ha portata fin qui, indipendentemente dal ritorno di Saturno che ogni giorno le impartisce una lezione. Sta progettando un sacco di cose, proprio ora, e darà tutto ai suoi fan, anche se lo farà prendendo le cose con filosofia. «Sto cercando di muovermi con leggerezza, partendo dal presupposto che non è la fine del mondo. Tanto quel che deve accadere, accade».
Una settimana prima dell’intervista a Los Angeles, Lipa è a casa sua a Londra. È novembre e la città è particolarmente uggiosa, il cielo è grigio e le strade battute da una pioggia intermittente.
Dall’esterno, la casa sembra un tetro magazzino in stile industriale con muri in mattoni. Si è stabilita qui a dicembre 2022 e vive vicino alla sua casa d’infanzia e ai luoghi che frequentava da adolescente. Ricorda con nostalgia che qui vicino c’è un club dove ha assistito a un concerto del primo tour di J. Cole.
Entrare a casa sua è un po’ come passare da un ambiente in bianco e nero a uno in Technicolor: dall’esterno il posto sembra una fortezza ma, esattamente come la sua proprietaria, all’interno è elegante e accogliente, pieno di decorazioni studiatissime e mobili confortevoli, adatti alle molte cene che vengono organizzate qui. Tavolini pesanti di granito sono circondati da divani oversize di colore bianco e arancione tenue. Contro una parete c’è un armadietto in noce pieno di oggettini vari e una copia del libro di Patti Smith M Train. Sul giradischi bianco incombe una ruota colorata gigante e sulla stessa parete è appeso un collage dei Muppet dipinto dal collettivo artistico FriendsWithYou. Sotto c’è una panca su cui è poggiata una cassa di dischi con un bootleg degli Oasis in bella vista, oltre a vecchi libri disposti ad arte, tra cui la storia delle piante allucinogene di William A. Emboden, Narcotic Plants, e la sceneggiatura di Paris, Texas.
Lipa è in un’altra stanza dove sta finendo una riunione col suo team ed entra in soggiorno dopo pochi minuti. È nel pieno di una campagna promozionale che comprende ospitate radiofoniche, servizi fotografici e contenuti social. Anche se è in jeans e felpa Palace Unitas, ha gli occhi truccati per via di un’apparizione davanti alla telecamera. I capelli rossi sono sciolti, tranne che per due piccole trecce che le incorniciano il viso.
Lipa ha iniziato a lavorare a nuova musica nel 2021, molto prima dell’inizio del tour di Future Nostalgia. All’epoca nonsi sapeva se ci sarebbe stato un tour, visti i ritardi dovuti alla pandemia. «Mi sono detta: tanto vale che torni in studio e cominci a lavorare a un nuovo progetto. E per quanto mi riguarda, devo solo scrivere finché non mi viene l’idea giusta».
L’album ha preso forma solo dopo la fine della seconda parte del tour. Forse era giugno. Lipa aggrotta le sopracciglia, cercando di ricordare. Visto che vuole essere precisa, salta giù dal divano arancione su cui siamo sedute e si dirige verso quello che sembra un normalissimo muro di mattoni bianchi. È in realtà una porta segreta che conduce alla camera da letto.
«È pesantissima», si lamenta mentre la apre faticando. Torna con un taccuino comprato da CVS bello spesso e strapieno di scarabocchi astratti e bizzarri. Le pagine sono colme di appunti e testi scritti a mano. Sfoglia il taccuino fino alla data in questione (era luglio 2022), che è quando ha conosciuto Kevin Parker dei Tame Impala. «Ero nervosa, sono una grande fan di Kevin».
Parker «era piuttosto timido». L’ha invitato a una session con altre tre persone con cui aveva lavorato quell’estate: la sua collaboratrice di lunga data Caroline Ailin, coautrice di Don’t Start Now e New Rules, l’autore di musica elettronica Danny L Harle (Caroline Polachek, Charli XCX) e quello di ballate folk-pop Tobias Jesso Jr. (Adele, Niall Horan). Mettere insieme quattro personalità musicali tanto eterogenee è stata una scommessa rischiosa che ha dato i suoi frutti.
«Dopo un po’ ci siamo rilassati», ricorda Lipa. Al termine della prima giornata al 5DB di Londra, avevano «una canzone davvero buona». Alla fine della settimana ne avevano tre. «Dopo quella prima settimana insieme, ricordo di aver pensato che era stata una mossa geniale mettere insieme quel gruppo di persone», dice Parker. «Tanto di cappello».
Lipa si riferisce a questo gruppo di persone come alla sua band. Sono loro che alla fine hanno scritto otto degli 11 brani dell’album. A parte Ailin, tutti gli altri erano per lei collaboratori sostanzialmente nuovi. Non è stato facile far entrare nuova gente nella sua orbita perché «quando le cose s’ingigantiscono, hai paura di aprirti e di renderti vulnerabile, di sederti in una stanza e parlare con il cuore».
Questo potrebbe derivare in parte dal fatto che Lipa doveva sistemare un po’ di cose nella sua vita personale. A dicembre 2021, mentre stava iniziando le prove del tour, i tabloid hanno dato la notizia della fine della relazione con il modello Anwar Hadid (fratello di Bella e Gigi Hadid), con cui era uscita per due anni. L’anno dopo è tornata in punta di piedi alla vita da single. «Procurarsi degli appuntamenti è complicato», commenta. Detto da una per cui persino Margot Robbie ha una cotta, è sia incoraggiante che spaventoso. «Incontri gente nuova solo tramite amici degli amici o persone di cui ti fidi, le cose non sono semplici quando sei, diciamo così, un personaggio pubblico».
Le sue esperienze sono finire nelle canzoni. Lipa si presentava alle session con Ailin, Harle, Jesso e Parker con le storie della sera prima, raccontando la giostra spesso ridicola che è uscire quando sei a metà dei tuoi vent’anni. Il risultato finale è Dua Lipa al 100%: dance pop pieno di battute argute pronte per essere usate come didascalie su Instagram. Molte canzoni ritraggono scene allegre ambientate in un club o durante serate con gli amici; i testi passano dall’avvertire che non si impegnerà fino all’ottimismo su ciò che potrebbe accadere dopo il primo bacio. Non sono presenti ballate di grande respiro, ma c’è una quasi-ballad che sfocia in un momento più vivace ispirato a Carole King e ai Fleetwood Mac. L’album è pura delizia pop e ricorda Future Nostalgia nell’approccio.
Lipa non parla granché della sua vita sentimentale. Bisogna sentire la musica per farsi un’idea dei suoi pensieri più intimi. Una canzone contrappone delle armonie leggere al ritratto turbolento di una storia che sta arrivando al capolinea: “Lo chiamiamo amore, odiamo stare qui / Lo pensavamo davvero, quando abbiamo detto per sempre?”. Un altro pezzo forte, uno dei preferiti di Lipa, parla di maturare e guarire. È un mid tempo sognante e sembra una versione aggiornata di Cool di Gwen Stefani. Nel testo, la cantante si complimenta per la nuova relazione del suo ex, definendo la sua nuova ragazza “davvero carina”, e non si dispera mentre lui va avanti con la sua vita: “Devo averti amato più di quanto credessi… Non sono arrabbiata / Non sono ferita / Hai avuto tutto quello che ti meriti”.
«Quando arrivi a pensarla così, senti che sei maturata, una persona talmente evoluta da essere contenta se l’ex si rifà una vita». Per Lipa, scrivere di lasciarsi senza astio è stata un’esperienza nuova: «Per via delle mie esperienze, pensavo che esistessero solo rotture in cui le cose finivano malamente. Le situazioni che finiscono bene sono una cosa nuovissima… Ho imparato tanto».
Il suono dell’album è ispirato alla club culture britannica e all’abbandono che si prova sulla pista da ballo. I collaboratori di Lipa hanno contribuito a liberare questo tipo di energia. La cantante ha conosciuto Harle «all’afterparty di un afterparty di uno show» tramite Andrew Wyatt, coautore del primo singolo di Lipa, New Love, e della hit contenuta in Barbie. Wyatt e Harle hanno lavorato per Caroline Polachek (che ha aperto il tour di Lipa) e con un nome sorprendente che ha suscitato l’interesse di Lipa: l’ex cantante degli Oasis Liam Gallagher. Nell’album di Gallagher, Harle è accreditato come “rave consultant” e a lui si deve la sezione breakbeat di I’m Free, che è co-prodotta con Wyatt. «A Dua è piaciuta parecchio», dice Harle, «andare ai race le piace» (è vero: «Adoro stare sul dancefloor e anche essere la prima ad andarci se nessun altro balla»).
Altre ispirazioni provengono dall’educazione londinese di Lipa, come i mix che passavano a tarda sera su Radio 1 grazie alla quale ha scoperto alcuni dei suoi remix preferiti dei Primal Scream, che alla fine l’hanno portata a sentire l’album del 1991 Screamadelica. Oltre agli Oasis e ai Blur, si è appassionata ad altri artisti rock ed elettronici degli anni ’90 come Moby e i Gorillaz ed è cresciuta ascoltandoli.
Le faccio notare che alcuni di questi nomi del Brit pop (Noel Gallagher e Damon Albarn in particolare) non sono sempre stati molto gentili con le artiste pop femminili: entrambi hanno preso di mira Adele e Taylor Swift, per esempio. Le chiedo se ha mai incontrato qualcuno di loro. «In realtà no», dice. «A volte è necessario separare l’arte dalla persona… Io sono legata alla musica. Il modo in cui si sono comportati, le cose che hanno fatto sono odiose. È la loro caratteristica principale».
È d’accordo con me quando le dico che sembrano incarnare una certa versione della mascolinità tossica rock. Riflette su ciò che il mondo si aspettava dalle rockstar del passato. «C’è molta tossicità nel modo in cui la gente voleva fossero i suoi musicisti preferiti. Se non fossero stati così, sarebbero stati percepiti come noiosi e questo è un modo molto sbagliato di vedere le cose».
Anche se l’album suona per certi versi grezzo e facile, Lipa ci ha lavorato in modo meticoloso. I collaboratori dicono che è una editor spietata che ha riscritto ogni riga finché non le è parsa perfetta. «Il suo editing è durissimo», dice Parker. Ci sono voluti mesi per arrivare al risultato desiderato in Houdini, ad esempio. «Mi ribellavo, orripilato, e dicevo: “Ma no, questa è una strofa fantastica!”», racconta Parker. «Un’ora dopo, ci ritrovavamo per le mani qualcosa che era inimmaginabile non mettere nel pezzo».
«Non credo ci sia una sola canzone del disco su cui non sia tornata per riscriverla, perfezionarla, cambiarla e lavorarci un po’, scavando più a fondo per vedere se potevamo fare di più», dice Lipa. Il metodo ha funzionato: tutti i collaboratori sono entusiasti dell’affiatamento e della coesione che la cantante ha creato. «Tutti dicevano: “È normale? È troppo bello per essere vero”», dice Jesso. «È l’apice della mia carriera di autore. Impossibile fare meglio».
La verità è che non si può essere ambiziosi e precisi come Lipa e al tempo stesso fregarsene di tutto. «Mi interessa molto la risposta dei fan», dice. Dopo l’uscita di Houdini, era frustrata perché la gente diceva che suonava ancora “disco”, anche se nessuna delle sue influenze arrivava da lì. «Mentirei dicendo che non mi interessano le critiche… quando metti il tuo cuore e la tua anima in una cosa, vuoi che la gente dica: “Oh, il sound è cambiato, è diverso”».
Ha notato che c’è uno schema che si ripete per tutti i suoi singoli, almeno finora: non partono in quarta in classifica, ma «crescono gradualmente» col tempo. «Ci mettono tanto e non arrivano mai al numero uno, ma rimangono in giro per un bel po’». Mentre lo dice, non c’è traccia d’irritazione o rabbia nella sua voce; anche se sarebbe bello avere un numero uno negli Stati Uniti, la longevità è un gran traguardo. «Finché le canzoni restano in giro e la gente le ascolta, per me va bene».
Quando arriva per me il momento di andarsene, Londra è di un grigio più scuro. Lipa mi accompagna alla porta, porgendomi la giacca per aiutarmi a infilarla. Mi parla dei suoi programmi per la cena al BRAT, un ristorante con una stella Michelin a Shoreditch, dove si vedrà con un amico delle elementari. Dopo avermi consigliato il Negroni del ristorante dove sto andando per incontrare degli amici, il portone si chiude dietro di me. Aveva ragione, il Negroni è delizioso.
Se Lipa è tanto meticolosa è anche per via della sua infanzia. Da bambina gestiva un blog chiamato Dua Daily, una specie di prototipo di Service95 in cui condivideva consigli di stile e ricette. Essendo la più grande di tre figli, ha preso il ruolo di sorella maggiore con la stessa serietà con cui ha affrontato gli impegni da tastemaker e superstar del pop. I fratelli andavano a scuola quando la carriera di Lipa ha iniziato a decollare e ora stanno imboccando ognuno la sua strada: la sorella vuole diventare attrice, il fratello produce musica.
«È bello vedere che hanno i loro obiettivi», dice orgogliosa, sorridendo. «A volte chiedevo se volevano venire con me e loro rispondevano che erano troppo occupati». I modelli di Lipa sono i suoi genitori Anesa e Dukagjin: Anesa ha studiato da avvocata, Dukagjin era sia musicista che dentista in Kosovo, prima di fuggire all’inizio degli anni ’90 quand’è scoppiata la guerra in Bosnia. La coppia ha ricominciato da zero nel Regno Unito, dove sono nati i tre figli. «Sono le persone a cui mi ispiro per ogni cosa. Quand’ero bambina mi hanno tenuta al riparo dai problemi. Hanno cercato di farmi vivere un’infanzia il più possibile normale, anche se lavoravano duramente nei bar, nei ristoranti, nei pub».
Alla fine della guerra, quando Lipa aveva 11 anni, la famiglia si è trasferita di nuovo nella capitale del Kosovo, Pristina. Per lei era un paradiso perché poteva restare in giro qualche ora in più e spostarsi più tranquillamente per le strade della città, che, dice, erano molto più sicure di quelle di Londra. La scuola, però, era più difficile. «Era molto più avanzata che a Londra», dice, con gli occhi che si ingrandiscono al ricordo. Le materie scientifiche, la chimica e la matematica erano particolarmente toste. «I ragazzi imparavano cose che io pensavo avrei studiato più avanti. A Londra facevo le frazioni, in Kosovo l’algebra».
Fortunatamente, Lipa è una a cui piacciono le sfide, così faceva dei patti con la madre: se avesse preso un bel voto in matematica, avrebbe potuto farsi il piercing all’ombelico. Ha preso ripetizioni e alla fine il piercing se l’è potuto fare. «Forse mi stimola essere sminuita o che la gente dica che non sono in grado di fare le cose. Comunque vada, mi impegno al 100% per far bene le cose».
A inizio carriera, il piglio poco deciso sul palco è stato interpretato come una mancanza di personalità. Il meme “Go girl, give us nothing” è diventato virale intorno al 2018 dopo essere stato lasciato come commento a un video in cui Lipa sembrava annoiata o stanca mentre eseguiva un passo di danza poco fluido sui fianchi. Lei ne ha parlato durante la nostra intervista, una volta senza essere sollecitata e un’altra dopo essere stata incalzata su quanto la cosa l’ha segnata.
«Mi ha fatto molto male. Finalmente riuscivo a fare qualcosa che mi piaceva e venivo bocciata, come se fossi una che non riusciva a combinare alcunché di buono. In più ero anche sballottata in giro per il mondo. Tanta promozione, un sacco di prove: troppo di tutto, senza avere il tempo di perfezionare nulla».
Lipa ha iniziato a pubblicizzare Houdini su Instagram giocando con il tema dell’illusionista da cui deriva il titolo della canzone, postando e poi cancellando foto teaser fino all’annuncio della data di uscita del pezzo. Ha anche eliminato dal profilo tutti i rifermenti degli ultimi anni legati a Future Nostalgia e ai suoi viaggi per il mondo. Forse il concept è ispirato involontariamente all’idea di Lipa come popstar sfuggente e difficile da inquadrare. Un thread divenuto virale su X, pubblicato una settimana dopo l’uscita di Houdini, la descriveva come un mistero, con una personalità impenetrabile. “È ovunque e da nessuna parte”, si leggeva in un post successivo.
Lipa è frustrata da questa connotazione, soprattutto perché ormai la accompagna da un bel po’. «In questo sono molto British. Non sono una che vuota il sacco in un talk show per finire sulla stampa o attirare l’attenzione… per quanto i fan pensino di conoscere le persone che sostengono, in realtà non sanno nulla di loro».
In quanto al business, la maggior parte delle volte Lipa fa le sue mosse senza alcun clamore. Ecco perché i fan sono rimasti spiazzati quando, nel 2022, si è separata dal team di management TaP. Un amico l’ha aiutata a mettere in piedi una collaborazione con l’amministratore delegato di TaP Ben Mawson nel 2013, quando lei era solo un’adolescente e faceva la cameriera a Londra. Quando si è sparsa la notizia che avrebbe lasciato la TaP, Lipa ha assunto il padre come manager, ribaltando il percorso che fanno la maggior parte delle popstar.
«Francamente, non posso parlare granché di questa storia», dice, facendo intendere che c’è un contenzioso aperto. Spiega che c’è stato un accordo che le ha permesso di riacquisire i diritti di edizione della sua musica (un portavoce di TaP conferma che Lipa ha acquistato i suoi diritti di edizione nel 2023, un anno dopo la fine del loro rapporto). L’esperienza le ha fatto di nuovo capire quanto sia importante essere sul pezzo anche per ciò che riguarda il lato commerciale, non solo quello creativo attraverso cui si esprime. «Il nome è il mio, è ciò che rappresento, e quindi voglio capire il modo in cui viaggia di pari passo con l’arte». Ecco il suo consiglio agli artisti giovani: «Prestate attenzione fin dall’inizio soprattutto al lato business delle cose. Credo che poche persone glielo dicano. All’inizio tutto sembra eccitante, e ovviamente lo è, ma è bene essere informati e prendersi cura dei propri interessi».
Conoscenza è una parola che Lipa usa spesso. Sa che il grande pubblico guarda lei e le altre popstar donne rifiutandosi di credere che siano qualcosa di più del loro aspetto o delle loro hit. «Non so se la gente creda davvero che mi piace leggere o che ciò che dico sia farina del mio sacco». Sembra un po’ rassegnata, persino frustrata, visto quanto può essere limitante questa percezione. «Penso che dipenda da ciò che le persone vogliono dalle loro popstar. Non vogliono che tu ti occupi di politica. Non vogliono che tu sia intelligente. Non che io stia cercando di dimostrare il mio valore in quel senso, ma c’è molto di più, in me, oltre a ciò che faccio».
L’esperienza dei genitori ne ha plasmato la visione del mondo. «La mia vita è essa stessa politica per il fatto che ho vissuto a Londra perché i miei genitori sono fuggiti dalla guerra». Continua a guardarmi mentre lo dice, mantenendo un tono serio. «Mi dispiace per le persone che devono lasciare casa. Vista la mia esperienza in Kosovo ed essendo conscia di cosa comporta la guerra, so che nessuno vorrebbe mai farlo. Se lo fanno, è per mettersi al sicuro, per salvare la loro famiglia, per proteggere i cari, per assicurarsi una vita migliore. È una cosa che capisco bene».
Per Lipa è difficile non pronunciarsi su molti argomenti, soprattutto quelli che hanno a che fare col vissuto dei genitori durante il conflitto. Per questo motivo è stata a lungo una sostenitrice del popolo palestinese. Nel 2021, il New York Times ha pubblicato un annuncio a tutta pagina del rabbino Shmuley Boteach e del World Values Network che accusava Lipa e le sorelle Hadid di antisemitismo, per il loro supporto alla causa della liberazione della Palestina. Lipa ha fatto ricorso ai social per respingere le accuse, puntando il dito contro il giornale che le ha pubblicate. Un anno dopo, ha invitato l’ex direttore del Times Dean Baquet nel suo podcast e gli ha chiesto direttamente come il giornale abbia potuto pubblicare qualcosa di «così dannoso e potenzialmente pericoloso».
«Parlarci è stato importante, mi ero sentita in pericolo, i miei valori fondamentali erano stati completamente travisati. Mi ha fatto molto male, perché spero sempre che le persone capiscano ciò che dico e che dietro non c’è alcuna cattiva intenzione». Più recentemente, ha firmato e sostenuto una petizione per il cessate il fuoco della guerra tra Israele e Hamas che ha dilaniato Gaza e causato milioni di sfollati.
«I miei sentimenti nei confronti degli sfollati sono autentici, ma è un argomento difficile da trattare perché è divisivo». Si adombra mentre raccoglie i pensieri. «Si può soffrire per tutte le vite che vengono perse. E devo dire questo: non giustifico ciò che Hamas sta facendo, a prescindere da ciò che il New York Times diceva. Ogni vita è preziosa».
Sottolinea quanto sia importante che le persone si documentino adeguatamente a proposito di quella crisi, soprattutto di fronte alla disinformazione dilagante. «Sto malissimo per ogni vita israeliana persa e per quello che è successo il 7 ottobre. Al momento, dobbiamo pensare a quante vite sono state perse a Gaza, ai civili innocenti e alle vite che si stanno perdendo. Non abbastanza leader mondiali prendono posizione parlando della crisi umanitaria in atto e del cessate il fuoco che deve esserci».
Come tanti, Lipa si sente impotente di fronte al conflitto in corso. La sua soluzione è informarsi il più possibile e incoraggiare i fan a fare lo stesso. «Sarebbe più facile non occuparmi di politica. Penso che non ci sia in corso una discussione profonda sulla guerra e l’oppressione. È solo qualcosa che abbiamo visto accadere più e più volte. Mi sembra che il solo fatto di essere un musicista e fare dei post su qualche argomento non faccia differenza, ma mi auguro che mostrare solidarietà, che a volte è la sola cosa che puoi fare, sia importante».
«Fumi?», mi chiede Lipa, in piedi sul terrazzo della sua suite allo Chateau Marmont. Prende un paio di Parliament lamentandosi perché l’hotel non tiene le Marlboro Light; nel nuovo anno, Lipa annuncerà la decisione di smettere di fumare. Si siede facendo attenzione, avvolta nell’abito in pelle di Jacquemus che ha scelto per la serata (è molto più facile da gestire rispetto a quello che metterà ai Golden Globe, a gennaio; dopo lo show ha postato un video in cui faticava a sedersi nel suo vestito Schiaparelli su misura, strettissimo). Con un fiammifero accende entrambe le sigarette, mentre guarda il mare di cartelloni pubblicitari sul Sunset Boulevard.
Le piace venire allo Chateau quando è a Los Angeles per l’atmosfera spettrale e per la possibilità di incontrare gente nel ristorante esclusivo pieno di celebrità. «Se questi muri potessero parlare, chissà che cazzo racconterebbero», dice, prima di tirare una boccata di sigaretta. Sopra al ronzio sommesso del traffico sottostante, parla delle storie di fantasmi che ha sentito a proposito del posto. «Non entrerei mai nel bungalow numero tre», dice riferendosi al luogo in cui è morto John Belushi. La sua curiosità per il paranormale è invece stuzzicata dai tunnel segreti, di cui ha sentito parlare, che ci sarebbero sotto la proprietà di Harry Houdini a Laurel Canyon. Presto ci recheremo lì per il secondo dei tre eventi per i fan dedicati a Houdini a cui presenzierà.
Nella suite, il suo team sta rovistando fra rastrelliere di abiti firmati. Tra due giorni Lipa partirà per Tokyo per un altro evento coi fan, poi volerà a Los Angeles per la promozione di Barbie in vista della stagione delle premiazioni. Nel frattempo, tornerà a Londra, poi un paio di volte a New York e si concederà un viaggio tra ragazze a Copenaghen. Concluderà l’anno in India con la famiglia, dove farà una breve pausa prima di ricominciare a girare tutto il mondo.
Anche se la sua carriera di cantante ha la priorità su tutto, si chiede se in futuro cambierà strada, paragonando le celebrità del pop ai criceti che girano sulla ruota. «Pubblichi l’album, lo promuovi, vai in tour, poi lo rifai. È fantastico, ma credo che arriverà un momento in cui, forse, vorrò concedere a me stessa un po’ più di tempo. Ci sono tante altre cose che posso fare e che mi interessano molto».
Lipa ha fondato la sua società di produzione, edizione e management, la Radical22, con la quale sta realizzando i progetti che più la appassionano. Tra questi, un documentario sul suo amato quartiere londinese di Camden di cui sta curando la produzione esecutiva in collaborazione con Disney+. Si sta divertendo a fissare interviste con artisti come Little Simz, che apparirà nel documentario, e altri nomi vicini alla scena locale musicale e artistica.
Dopo il cameo nei panni di Barbie Sirena, interpreterà una spia gentile in Argylle, la commedia di Matthew Vaughn in uscita quest’anno. «È stato divertente, ma ho dovuto imparare un sacco di cose», ammette. «Quando Matthew mi ha chiesto di fare una parte in questo film, ho pensato che avrei dovuto prendere lezioni di recitazione». Vaughn l’ha convinta a non farlo, sperando che fosse semplicemente se stessa davanti alla telecamera. «Se era nervosa, lo nascondeva bene», dice Vaughn. Ha cercato la star dopo averla vista indossare un abito di Valentino scintillante, con le frange, al Graham Norton Show («Sembrava una specie di decorazione natalizia con gambe e braccia, era favolosa»).
Ci sono altre cose che Lipa vuole fare: non esclude di trasferirsi un giorno fuori dal Regno Unito, magari a Barcellona, Madrid, Parigi o Città del Messico. Sta imparando lo spagnolo e il francese; entro i 35 anni vuole parlare correntemente entrambi, e anche l’italiano. «Voglio conoscerli tutti. Sono gelosissima quando le persone mi parlano in francese, in spagnolo o in italiano e mi dico: cazzo! Voglio rispondere. Penso di riuscire a impararli abbastanza facilmente, grazie all’albanese, anche se non è proprio simile».
Ha anche iniziato a suonare la chitarra e di recente ha imparato a fare Knockin’ on Heaven’s Door. Forse tra qualche anno seguirà un corso universitario. «Ho iniziato a lavorare da giovanissima e sento che verrà il momento in cui vorrò imparare cose nuove».
Di lì a poco è il momento di andare all’Houdini Estate, dove i fan si stanno godendo l’open bar, i tacos gratis e la pista da ballo. Lipa fa un ingresso in grande stile, scendendo una scala a chiocciola e raggiungendo il dj. Balla, canta due giri di Houdini, afferra i telefoni dei presenti per scattare selfie e fare video.
Arriva e se ne va velocemente come promesso. Salta su una delle tre Escalade che scarrozzano il suo team in giro per la città. Una volta in auto, si sporge fuori dal finestrino per salutarmi con un abbraccio. Poi parte, tornando verso lo Chateau e i suoi fantasmi, e ovunque la notte la porti.
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Foto: Michael Bailey Gates per Mini Title
Direttore creativo: Joe Hutchinson
Direttrice della fotografia e Vice Direttrice Creativa: Emma V. Reeves
Direttrice di produzione: Tara Catherine Reid
Stylist: Lorenzo Posocco
Producer: Rhianna Rule per Palm Productions
Production Manager: Alexis Booker
Hair Stylist: Peter Lux
Stylist Assistant: Rae Hayden per LP Studios
Makeup: Nina Park
Tailor: Di Na
Hair Assistant: Allie Ellis
Makeup Artist Assistant: Yukari Obayashi Bush
Production Assistant: Jack Clarke e Mikey de Vera
Studio: Smashbox
Da Rolling Stone US.