Chitarra acustica e due timbri di voce caldissimi: si può riassumere malamente così l’essenza delle First Aid Kit. Ma chi conosce Klara e Johanna Söderberg, due sorelle svedesi di rispettivamente 25 e 28 anni, sa che nel loro folk/country scandinavo c’è molto di più.
Non a caso, quando nel 2012 hanno suonato America davanti al suo autore, Paul Simon, la reazione è stata standing ovation e lacrime. Una scena, che J&K non dimenticheranno facilmente e che ha senza dubbio dato uno scossone alla loro carriera, iniziata per caso quattri anni prima con una cover di Tiger Mountain Peasant Song dei Fleet Foxes diventata un fenomeno virale in pochissimo tempo. Se vi andasse di vedere come sono migliorate da allora quelle due ragazzine vestite con camicia di flanella nel bosco dietro casa non vi resta che passare lunedì in Triennale a Milano, dove si esibiranno appena dopo Giorgieness.
Come sta andando il tour?
Johanna: Benone, ora siamo tornate a casa per una piccola pausa. Ma ricominciamo presto. Il 29 eravamo ad Amsterdam e fra qualche giorno in Italia.
Una vita bella intensa. Vi capita mai di litigare?
Johanna: Ovvio, tutti lo fanno. Dobbiamo passare molto tempo insieme e prendere un sacco di decisioni. A volte non andiamo d’accordo. In più conta che siamo sorelle!
Klara: Alla fine conta solo che la gente apprezzi la nostra musica. I litigi ci sono, sono una parte della nostra vita, ma non sono tutto. Discutiamo per tante cose: ci sono i concerti, le pubblicità, eccetera. Ma sulla musica siamo quasi sempre d’accordo.
Come siete diventate le First Aid Kit?
Johanna: Klara ha iniziato a scrivere canzoni quando aveva 12 anni. Ma non voleva firmare le canzoni col suo nome, così un giorno ha aperto il dizionario e a caso è uscito il nome First Aid Kit. Non ci saremmo mai sognate di diventare famose, quindi non ci abbiamo dato troppa importanza al nome. Da lì sono venuti video virali ed eccoci qua. Non solo, non abbiamo mai voluto diventare famose. Ma sicuramente ora siamo riconoscenti.
Nel 2012 avete suonato America davanti Paul Simon e il pubblico dei Polar Music Prize. Si è anche alzato in piedi per applaudirvi alla fine. Cosa ricordate di quel giorno?
Klara: Pura magia. Ero così agitata che la notte precedente non ho dormito un solo minuto. La mattina dopo per stare sveglia avrò bevuto come minimo 4 Red Bull, cosa che ovviamente si è rivelata una pessima idea. Adoriamo quella canzone, così come Simon & Garfunkel e Paul Simon singolo. Da una parte sapevamo di poterla interpretare col cuore nonostante la situazione, ma dall’altra parte avevamo davanti non solo l’autore, ma anche uno dei più grandi musicisti del mondo. Alla fine l’abbiamo cantata così, come ci sentivamo di fare. E gli è piaciuta. È stato così gentile.
Vi siete abituate ormai a suonare davanti a grandi folle?
Klara: Ormai posso dire che ci siamo abituate. Ovvio, se siamo ferme da un po’ e inizia il tour ci dobbiamo abituare un pochino, però non siamo più ai livelli delle prime volte. Quando suoni ogni sera in tour non puoi essere nervoso, altrimenti sarebbe distruttivo. Ci prendiamo gusto, al contrario ci rilassiamo sul palco e ci godiamo la musica. Però c’è sempre un po’ di nervosismo su quanta gente verrà al concerto.
Johanna: Non è per i biglietti, eh. È che non farebbe piacere a nessuno suonare davanti a una sala deserta. Fortuna che non ci capitano queste cose.
Da dove viene questo elemento country? Va molto in Svezia?
Johanna: In realtà, no. Da piccole non abbiamo mai ascoltato country, perché i nostri genitori ascoltavano rock, new wave, punk. Qualsiasi cosa che ci capitava sotto l’orecchio era buona: abbiamo passato interi pomeriggi ad ascoltare pop alla radio. Un bel giorno, sempre a 12 anni, Klara ha scoperto una band che si chiama Bright Eyes e se n’è completamente innamorata. Un suono semplicissimo: chitarra acustica, la voce di Conor Oberst e poco altro. Autentico, vero. Così ha cominciato a esplorare la loro discografia, spulciando tutti i dischi. Da lì poi sono arrivati Leonard Cohen, Bob Dylan e via così. Quando questa ossessione ha colpito anche me, quello è stato il momento in cui siamo nate artisticamente. Come duo. E infine è arrivata la scoperta del country. Volevamo sapere tutto al riguardo, cosa alquanto strana per due ragazzine svedesi. Ma ora so per certo che non siamo normali. Abbiamo trovato la nostra musica.
Siete mai state politicamente impegnate nei vostri testi?
Johanna: Certo, non abbiamo paura di esprimere le nostre opinioni. Ovvio che è molto difficile esprimere qualcosa di così personale e profondo come un’opinione, però per esempio abbiamo scritto una canzone che si chiama You Are The Problem Here che parla di stupro e della sua cultura diffusissima. Risale a 4 anni fa e la gente è rimasta abbastanza stupita da questa presa di posizione. Non l’avevamo mai fatto prima.
Questo è più un problema sociale, io intendevo qualcosa tipo esprimere la propria opinione su Trump. In fondo, molti conservatori ascoltano country..
Johanna: Beh, posso dirti che siamo spaventatissime dalla situazione attuale, da come stanno andando le cose. È difficile perché l’odio e l’intolleranza non stanno colpendo solo l’America ma anche l’Europa. È l’esatto opposto di ciò che la gente dovrebbe fare. Ma non siamo brave come Bob Dylan, non sappiamo ancora scrivere un pezzo su Trump senza essere “predicatorie”.
È vero che una volta Klara ha provato a iscriversi a una scuola di musica ma è stata rifiutata?
Klara: È verissimo. Avrò avuto 10 anni. All’epoca l’ho vissuta male, ma ora ringrazio il cielo che non mi sia successo. In quelle scuole ti insegnano troppo metodo, alla fine il canto risulta troppo asettico e impersonale.
Beh, anche Hitler è stato rifiutato da una scuola d’arte. Quindi ti ringrazio per non essere diventata uno spietato tiranno per vendicarti.
Klara: Prego, non c’è di che.