È dalla scorsa estate che quasi ogni giorno Laura Pausini fa i conti con il fuso orario di Los Angeles. È là, nell’assolata California, che la cantante romagnola ha vissuto alcuni anni ed è là che vive Diane Warren, peso massimo del music biz dietro a canzoni come I Don’t Want to Miss a Thing degli Aerosmith o Because You Loved Me di Céline Dion, nota ai più soprattutto, ma non solo, per il suo lavoro di autrice. Grazie a lei, che per la versione italiana della sua Seen, parte della colonna sonora del film di Ettore Ponti La vita davanti a sé (The Life Ahead), ha voluto la voce della Pausini, Laura si è ritrovata coinvolta in uno dei progetti più ambiziosi e gratificanti della sua carriera: Io sì (Seen) si è già aggiudicata quest’anno il Golden Globe come miglior canzone originale ed è in corsa, nella stessa categoria, agli Oscar 2021.
La consacrazione di una canzone, il fatto che diventi o meno una grande canzone – che si tratti di riconoscimento artistico, commerciale o nel migliore dei casi entrambi – in fondo è sempre un’incognita e, quando poi il sogno diventa realtà, comunque una sorpresa. A volte, però, lo è meno di altre e non è raro, soprattutto ad alti livelli, che venga raccolta una squadra di lavoro con l’obiettivo di portare alla luce non qualcosa, ma qualcosa che lasci il segno. Anche nel caso di Io sì, forte del primato di essere la prima canzone non in lingua inglese ad essersi aggiudicata il prestigioso riconoscimento dell’Academy, è più facile, nella ricerca di una ricetta, imbattersi in una macchina ben oliata che in una vera e propria risposta. Una macchina che per mettersi in moto ha bisogno, in primo luogo, che qualcuno prema start.
Il pulsante start in questo caso ha le fattezze della calligrafia di Diane Warren che concede, circa un anno fa, la sua firma a BMG. «A un certo punto Diane Warren, che è una che si spende sempre in prima persona, tramite un collega americano ci parlò di questo brano a cui stava lavorando che sarebbe stato la colonna sonora dell’ultimo film di Sophia Loren, dicendoci che siccome la storia era ambientata in Italia le sarebbe piaciuto trovare qualcuno che potesse essere credibile per raccontare in musica questa canzone», racconta Dino Stewart, managing director della divisione italiana di BMG, titolo che – per quanto BMG non lo preveda nelle divisioni nazionali – lo rende a tutti gli effetti il presidente di BMG in Italia. «Inizialmente l’idea era di fare un duetto con un artista della scena rap e hip hop per richiamare i protagonisti del film. Ma poi in realtà i tempi erano brevi, la canzone è stata inizialmente provinata senza nessuna parte rap, ci è piaciuta e siamo andati avanti in questo senso», prosegue Stewart.
Della squadra dietro a Io sì fanno parte, tra gli altri, Niccolò Agliardi, collaboratore di lunga data di Laura Pausini che insieme alla cantante si è occupato della versione italiana del testo, il produttore Greg Wells e Bonnie Greensberg nella veste di consulente musicale. Per Diane Warren si tratta della dodicesima candidatura agli Oscar, uno dei pochi riconoscimenti del settore che la cantautrice e autrice non si è ancora mai aggiudicata nel corso della sua carriera. Prima di raggiungere la forma con la quale la conosciamo – Io sì è stata incisa anche in una versione doppia italiano/inglese, in spagnolo, francese e portoghese, tutte contenute in un EP – la canzone ha attraversato diversi passaggi.
«Abbiamo chiesto a uno dei nostri autori, che è Lorenzo Vizzini, di provare a trovare una formula che lo rendesse credibile in italiano. A partire da quel documento Word era fondamentale che il brano venisse registrato per capire se poteva funzionare», spiega un’altra delle figure chiave di BMG, Martina Giannitrapani, A&R dell’azienda. «Gli abbiamo così chiesto di registrare quello che noi chiamiamo un provinaccio e funzionava, era super credibile anche in italiano. L’abbiamo mandato a Diane che è stata entusiasta del risultato e insieme con lei e il nostro team americano abbiamo valutato che forse prima di mandarlo a Laura, che era il sogno di Diane, valesse la pena farlo registrare a una voce femminile e a una cantante. Quindi abbiamo chiesto a Nausicaa Magarini di registrarci questo provino e abbiamo mandato questa versione, mixata e un po’ più professionale, a Diane e poi a Laura».
Non era la prima volta, tra l’altro, che Warren e Pausini tentavano di fare squadra. Lo racconta quest’ultima nel corso della chiacchierata con la stampa indetta in occasione dell’annuncio della candidatura di Io sì all’Oscar: «Ci siamo conosciute molti anni fa quando vivevo a Los Angeles ma ogni volta che provavamo a lavorare insieme o io o lei non sentivamo quella scintilla, non era mai l’occasione giusta». Occasione finalmente arrivata con la benedizione di Sophia Loren, protagonista del film, non senza difficoltà nella resa in italiano della canzone: «Con Agliardi siamo stati dietro al testo quasi un mese, non potevamo cambiare la metrica, Diane non voleva. È stato difficile non utilizzare le parole più scontate. Ci tenevamo tantissimo che avesse lo stesso significato del film e della versione inglese», racconta ancora la Pausini alla stampa. Del resto era proprio l’italiano che Diane Warren voleva. «Qualcosa non funzionava nella canzone», racconta Warren durante un’intervista in videochiamata nel corso della quale indossa una felpa di buon auspicio con la scritta Seen. «Con Bonnie abbiamo provato a intervenire sull’arrangiamento, sulla produzione. E poi finalmente ho capito: il film è in italiano, la canzone in inglese ovviamente suonerà strana alla fine del film, deve essere in italiano! Laura è stata la prima e unica persona alla quale ho pensato». Conclude la Warren: «Ho pensato che essendoci Sophia Loren avrebbe dovuto trattarsi di un’altra diva, qualcuno di grande, e Laura è una delle migliori cantanti sul pianeta».
Nella notte degli Oscar, prevista quest’anno per il 25 aprile, il brano che ha unito le tre dive Loren, Pausini e Warren, dovrà vedersela con Fight for You di D’Mile, H.E.R. e Tiara Thomas, Hear My Voice di Daniel Pemberton, Celeste e Pemberton, Husavik di Rickard Göransson, Fat Max Gsus e Savan Kotecha e Speak Now di Sam Ashworth e Leslie Odom Jr.