Da Hukapan, quartier generale degli Elio e le storie tese sito nell’estremo nordest di Milano, si respira un clima strano. Sono arrivato per intervistare la band con un dubbio che è anche quello di tutti, fan o meno: sarà vero che si sciolgono? Il pensiero è legittimo, dopo l’ultimo-non-ultimo concerto di dicembre al Forum di Assago, con tanto di lapide gigante “R.I.P. Elio e le storie tese”, l’annuncio di nuove (“ultime”) date, tra cui ancora il Forum e l’Arena di Verona, Sanremo e un nuovo disco live con due inediti.
Ma l’atmosfera a casa Elii è innegabilmente permeata di una certa tristezza. Claudio Dentes a.k.a. Otar Bolivecic, storico produttore della band, sembra un po’ commosso mentre mi fa sentire in anteprima – per tre volte di fila, perché è un pezzo “complesso, che si rivela man mano”, e in effetti è così – Arrivedorci, la canzone sanremese con cui gli EELST ci hanno ricordato che, in quanto a classe musicale, hanno ancora pochi rivali in questo Paese. Che poi a uno verrebbe da dire: se siete così tristi, perché vi sciogliete? Però si sa, quando una lunga storia finisce, la consapevolezza che insistere non avrebbe senso si mescola alla tristezza di quello che è stato e non sarà più – forse? In fondo è un “arrivedorci”, non un “addio”. Ma questo è solo l’augurio segreto. Mio, e non solo.
Descrivetemi come saranno le giornate da baby-pensionati.
Cesareo: Ho già identificato dei cantieri da guardare, a Milano.
Elio: Lo scioglimento in realtà serve a generare un nuovo impulso creativo più interessante, più al passo coi tempi. Non andiamo in pensione. Faremo altro.
Un amico ha detto: peccato che si sciolgano proprio adesso, la voce di Elio sembra migliore che mai.
Elio: Ma noi siamo migliori che mai. Siamo una band eccezionale, come non c’è mai stata in Italia e non ci sarà più dopo che ce ne saremo andati. Ma per campare siamo ridotti a fare cose non più eccezionali, e non vogliamo essere accolti con sufficienza. Vogliamo un finale degno, che illumini quanto c’è stato prima.
Arrivedorci e Il circo discutibile, i due inediti del nuovo disco, sono canzoni piuttosto struggenti – per i vostri standard, ok. Ma anche in assoluto.
Elio: Ma noi siamo sempre stati una band drammatica, sono anni che lo ripeto, tutti mi prendevano in giro.
Faso: Non ti credevano.
Elio: Non siamo mai stati presi seriamente.
Faso: Per esempio in Supergiovane, quando muore Catoblepa: quello è un momento struggente che nessuno ha mai capito. Tutti a ridere… invece c’è poco da ridere!
Elio: Anche adesso, quando abbiamo detto che ci siamo sciolti, non ci ha preso sul serio nessuno.
Diciamo che l’annuncio delle date aggiuntive ha creato un po’ di confusione. In pochi credono veramente che vi scioglierete.
Elio: Però è così. E se fosse per noi ci saremmo sciolti dopo il concerto del Forum. Poi però è arrivata la chiamata di Baglioni, a cui non si poteva dire di no. È un autorità.
Faso: Abbiamo un telefono rosso che non squilla mai, come quello di Batman. Ma questa volta ha squillato, ed era Baglioni che ci convocava.
Elio: E poi abbiamo la possibilità di salutare tutti anche in altre città, quindi perché no? Siamo in giro da tanti anni, la gente si è affezionata a noi. E viceversa. Abbiamo semplicemente spostato il limite al 30 giugno 2018.
Faso: A grande richiesta, come si diceva una volta.
Elio: Siamo persone educate. Quando uno se ne va, saluta.
Arrivedorci sembra una canzone scritta per durare. Al terzo ascolto mi è quasi sembrata orecchiabile.
Faso: Ha una composizione articolata, come ci è sempre piaciuto fare, ma ha momenti di emozione a cui il nostro pubblico non è abituato. O meglio, è abituato a scovarli dentro canzoni in genere spiritose. Ma ci arriva dopo un po’. Arrivedorci invece è più spostata sull’impatto emotivo, e in più ha un bel suono anni ’70.
Elio: Il senso del testo è che tutte le storie, sia quelle belle sia quelle brutte, hanno una fine. La fine è un aspetto molto importante di una storia. Quando ero piccolo, a scuola, mi accusavano sempre di lasciare le cose a metà. Quindi forse è per questo che ora mi sono un po’ “incistato” sul concetto di fine. Il requisito è che la gente possa fischiettarla la mattina dopo, sotto la doccia. Abbiamo fatto dei test.
Il fischiettamento è verificato dopo il primo ascolto?
Elio: No, dopo il terzo.
Faso: Sono più avvantaggiate le persone pulite, quelle che fanno tante docce. Così hanno modo di fare pratica.
Qualcuno potrebbe dire che con questa canzone avete voluto dimostrare qualcosa. Tipo: “Noi siamo anche questo, ma voi non l’avete mai capito”.
Elio: Ci vedo un retropensiero un po’ estremo (si tira nervosamente le sopracciglia, come un altro si accarezzerebbe la barba, nda). Non stiamo lì a pensare cosa penserà la gente. Semplicemente volevamo divertirci e fare qualcosa che non abbiamo mai fatto. Non avevamo mai scritto una canzone “cantabile”. Né abbiamo mai scritto prima una canzone in cui salutavamo tutti… perché non avrebbe avuto senso!
Parlatemi dei pacchetti Vip previsti per i prossimi concerti: “JI BOCA” e “L’AMORE”. (Risate)
Faso: Sono indirizzati al nostro pubblico più facoltoso. O a chi non è facoltoso, ma mette via i soldi e li investe in postazioni privilegiate per assistere alle nostre performance e frequentare gli Elio e le storie tese da vicino, quasi come farebbero degli amici.
Cesareo: Siccome tutto ha un prezzo, pagando è possibile anche diventare nostri amici.
Elio: È un’idea che ci è venuta quando abbiamo fatto il tour europeo, dove per la prima volta ci hanno proposto di fare questi pacchetti che oggi fanno tutti… in Lussemburgo c’era un solo Vip. Quindi ci siamo detti, perché non fargli vivere un’esperienza superiore? E l’abbiamo portato sul palco con noi per tutto il tempo. Si è divertito tantissimo.
Come vi immaginate il futuro della discografia italiana?
Faso: La discografia italiana è in uno stato di coma già da tempo, anche se non percepito dalla discografia stessa. Succede: tu credi di essere in giro tutto spumeggiante, in realtà sei in coma.
Elio: Come in Matrix.
Faso: Esatto! I discografici sono tutti lì appesi come in Matrix, vivono un’allucinazione collettiva. Poi all’estero è diverso: a Londra c’è il Museo del rock. Lì non è la musica dei drogati coi capelli lunghi. È arte. Negli studi di Abbey Road dei nostri beniamini Bitolsi chiunque può andare e registrare con il microfono di Lennon. Non è feticismo: funziona davvero. Invece gli studi in cui leggendari album italiani sono stati registrati, se non sono stati demoliti, oggi sono diventati altro. Un centro commerciale o altre puttanate del genere.
Elio: Guardati su YouTube un’intervista Rai agli Area del ’77: si lamentavano della condizione delle band all’epoca. Adesso la situazione è addirittura peggiorata. Siamo nel 21° secolo, e l’atteggiamento dell’Italia, della gente, dello Stato nei confronti della musica, anziché progredire, è regredito.
Pensando a future raccolte, avete molti inediti negli archivi?
Elio: No.
Faso: Ma dai, qualcosa c’è!
Elio: Poca.
Faso: Però se sta lì, un motivo c’è. Ci sono spunti interessanti e simpatici, qua e là. Ma sono cose che non abbiamo ritenuto degne di essere pubblicate.
Qual è la canzone più brutta che avete mai fatto?
Elio: (Ride) Ognuno di noi ne ha una in mente, mi sa. Ma io rivendico le canzoni brutte. Ce ne sono molte che abbiamo fatto brutte apposta. Tipo Vincere l’odio.
Cesareo: Di brutto, forse niente. Certo, c’è sempre quel pezzo un po’ tirato via…
Faso: Di veramente brutto no, ma…
Ditemi un titolo!
Faso: Forse Valzer Transgenico.
Cesareo: Sai che lo stavo dicendo io?
Elio: Solo perché non l’avete scritta voi!
C’è qualcosa che rimpiangete di non avere mai fatto?
Elio: Una cosa rimpiango molto, che faceva Frank Zappa ma noi, mai: la groupie che entra in camerino e ti fa il calco del cazzo.
Avete ancora qualche data per rimediare.
Elio: No, ormai basta.
Faso: È difficile.
Elio: Non esistono neanche più le groupie. È una razza estinta.
Cesareo: Pensando alla tua domanda, forse un giorno scriverò un libro per raccontare quanti musicisti siano dei grandi cazzoni. Ce ne sono tanti che hanno una bella faccia pubblica, ma poi sono grandi teste di cazzo. Ma non ti faccio nemmeno mezzo nome.
Faso: Uno di quelli sono io, puoi rivelarlo subito.
Finiamo con una nota lieta: cosa vorreste far scrivere sulla vostra tomba?
(Silenzio imbarazzato)
Cesareo: …“Pirla chi legge”. (Una risata, poi un crescendo di risate generali).
Faso: “Pirla chi legge”. Anche io lo voglio! Facciamolo tutti!
Cesareo: Almeno uno viene lì e si diverte.
Elio: Facciamo la tomba comunitaria degli Elio e le storie tese, e ci scriviamo a caratteri cubitali PIRLA CHI LEGGE.
Faso: C’è la tomba di famiglia, ma la tomba di band non ha precedenti! Ecco, potrebbe essere il nostro prossimo progetto.