Di recente Erika de Casier ha passato varie settimane rinchiusa in una casa vecchia un secolo su una piccola isola a largo della Danimarca chiamata, Fanø. Con lei c’erano musicisti e artisti che avevano deciso di isolarsi tutti assieme, mentre ognuno lavorava a vari progetti – un po’ come le Hype Houses di TikTok proliferate negli Stati Uniti, in versione meno fastidiosa. In collegamento su Zoom, la cantante descrive la cittadina come un posto silenzioso, reso ancora più spaventoso dalla pandemia. «Puoi sentire il suono dei tuoi pensieri».
Non che l’introspezione sia una novità per Erika de Casier. Quando canta il suo timbro è morbido, quasi un sussurro, e le sue canzoni d’amore hanno risvolti esistenziali. Prendiamo No Butterflies, No Nothing, il primo singolo estratto dal suo secondo album Sensational. Qui de Casier evoca le sensazione di un’amore che svanisce con la chiarezza tipica di chi ha vissuto quella situazione all’infinito nella propria testa. “Sì, ho guardato molto da vicino, e non ho trovato nulla”, canta su un beat club decostruito. “Direi che non ho scuse, semplicemente quello che stiamo facendo non mi fa sentire bene”.
Essentials, l’album di debutto del 2019, era pieno di R&B sensuale e nostalgia anni ’90, il tutto vestito da una produzione frenetica in stile garage e un pizzico di drum’n’bass. Grazie a pezzi come Do My Thing sono arrivati paragoni con Sade e Aaliyah, trasformando de Casier in una piccola star tra gli appassionati di musica ballabile e sensibile. Il suo approccio non è poi tanto diverso da quello di Tracey Thorn degli Everything but the Girl: vuole portare profondità emotiva dentro l’innata euforia della club culture. La ricerca della profondità è una caratteristica decisiva dell’ultimo anno, quando i lockdown globali hanno costretto il mondo a guardarsi dentro.
De Casier ha passato gran parte della quarantena da sola, studiando in remoto per l’ultimo anno di università mentre chiudeva il disco. Studiava musica in un programma autogestito e finanziato dal suo Paese. In uno dei progetti universitari ha presentato alcune delle canzoni dell’album, brani che molto probabilmente saranno la colonna sonora degli amori introspettivi di mezzo mondo. È stata promossa. «Pensavano fossero cool», dice. «La loro mentalità aperta mi ha sorpreso».
De Casier è nata in Portogallo da madre belga e padre di Capo Verde. Quand’era bambina si è trasferita a Ribe, una piccola città della Danimarca, dove lei e suo fratello erano gli unici bambini della scuola nati da una coppia mista. Ricorda che trovava conforto nei video musicali, dove trovava persone che le somigliavano di più dei suoi compagni di classe. «Accendevo MTV e pensavo: dai, c’è gente simile a me. Era un sollievo, sentivo di appartenere a qualcosa».
Da teenager ha partecipato a uno scambio culturale in Vermont, poi si è iscritta all’università di Aarhus, dove ha incontrato il dj e produttore Central, che ha collaborato ad alcune tracce di Essentials. In più, e forse cosa ancora più importante, Central ha curato alcuni dei remix più memorabili del disco. È con quello di Intimate, per esempio, che in molti hanno scoperto de Casier. Quel brano, dove la sua voce gentile è accompagnata da un beat drum’n’bass, mette in mostra tutto quello che lei sa fare bene. Le sue melodie fioriscono, ispirate ai giorni di gloria della musica nera americana, quando artisti come Missy Elliot e Aaliyah allargavano i confini della musica popolare e incorporano naturalmente la sensibilità della club music, che a sua volta deve molto alle sperimentazioni dell’R&B di metà anni ’90. Il risultato è puro, senza confini, tempo o genere.
De Casier dice che si è approcciata al nuovo album come si fa con un foglio bianco. Aveva pubblicato Essentials da indipendente, e grazie al passaparola ha capito che il suo progetto funzionava. Per il secondo disco Sensational, uscito per l’etichetta 4AD, ha continuato a seguire il suo istinto. «Volevo mettermi Essentials alle spalle e fare qualcosa di nuovo. Cercavo di ricordarmi come ci si sente quando lasci andare tutto, quando smetti di pensare alle aspettative degli altri».
Grazie alla solitudine forzata dalla pandemia, raggiungere quella libertà è stato più semplice del previsto. Quando scrive, però, de Casier ha ancora un approccio molto concentrato. «Invece di scrivere come ho reagito a una situazione, scrivo come vorrei che fossero andate le cose», spiega. «Hai presente quando dai buoni consigli ai tuoi amici, ma non riesci a fare lo stesso per te?».
C’è una pazienza ammirabile nel modo in cui de Casier costruisce le sue storie d’amore, perdita e rifiuto. In Busy, uno dei singoli estratti dall’album, trasforma un classico beat garage nella cornice perfetta per dire a tutti i suoi spasimanti che è concentrata su se stessa e nient’altro. Per qualcuno sarà una delusione, ma almeno è ballabile.
In questi momenti, la musica di de Casier ricorda l’empowerment che trasmettevano le ballate di Destiny’s Child e TLC a inizio millennio. Ma se quella generazione chiedeva dimostrazioni esplicite di sicurezza, la sua musica – come il resto del mondo nell’ultimo anno – cerca di recuperarla dentro casa, in solitudine. «Ho passato molto tempo a pensare a come sono insieme agli altri e ad affrontare emozioni che non forse non avevo mai preso in considerazione».
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.