«Un Hohner Organa 249k del 1962, un Moog Grandmother, un theremin, un sassofono, una chitarra…». In collegamento via Zoom dal suo appartamento di Londra, Ethan P. Flynn elenca gli strumenti musicali che lo circondano. «Il primo strumento che ho avuto in mano è stato un violino, avevo 5 anni», racconta la next big thing della scena Brit, «ma a sette anni l’ho mollato per passare alla chitarra, e a quel punto ho cominciato a suonare davvero».
Reduce da un pranzo vegano e una bella passeggiata digestiva insieme alla sua ragazza, Ethan P. Flynn si illumina quando gli chiediamo delucidazioni su una playlist che ha caricato su Spotify. È variegata come la sua musica, si va da Simon & Garfunkel a MF Doom, passando per Brian Eno e Megadeth: «Intorno ai 14 anni ascoltavo tanto i Megadeth, mi piaceva il thrash metal anche se non sono mai stato un metallaro».
E quindi come è finito a mettere insieme, uno dietro l’altro, una giovane cantautrice folk come Marissa Nadler e un culto indie tipo Postal Service seguiti da Lou Reed e D’Angelo? «Quando mi chiedono di fare una compilation non mi piace passare per quello che mette roba sconosciuta, ma mi sembrava che tutti i pezzi fossero perfetti per quel periodo». Giusto, quel periodo: aprile 2020, piena pandemia, precarietà diffusa e paura al galoppo. Sapete qual è il titolo della playlist? Music for the End. «Avrei potuto chiamarla The End of the World, ma mi è sembrato più divertente chiamarla “Musica per la fine” e basta».
Ethan P. Flynn è tornato a Londra a cavallo tra la primavera e l’estate: «Ho preferito trascorrere il periodo più critico del Covid a casa dei miei nel Nord dell’Inghilterra insieme alla mia ragazza, siamo stati in campagna a guardare la tv e scrivere canzoni. Quando la situazione si è tranquillizzata siamo tornati qui dove posso lavorare e vedere altre persone. Ma chissà cosa accadrà in futuro, l’inverno potrebbe essere molto pesante».
Poco più che ventenne, Ethan P. Flynn viene spesso etichettato come un giovane veterano. Ha un solo album alle spalle, a cui arriveremo tra poco, e una manciata di collaborazioni di alto profilo: il suo nome compare tra i crediti di dischi di David Byrne ed FKA twigs.
«Un tipo che conosco aveva ricevuto dei pezzi di Byrne per lavorarci, ma non ne aveva voglia», dice ghignando. «Così mi ha chiesto: “Sai chi è David Byrne, vero?”. E io gli ho risposto: “Certo che so chi è David Byrne”. Insomma, non so se fosse pienamente legale, ma mi ha passato questa roba e io ci ho messo su le mani, ho fatto le parti strumentali di un pezzo. Ma non ho mai conosciuto di persona David Byrne». Per la cronaca, la canzone in questione è Everybody’s Coming to My House su American Utopia, il disco di Byrne del 2018. Ethan non aveva ancora 20 anni.
Quando Ethan ha conosciuto FKA twigs, invece, lui era già sotto contratto con l’etichetta Young Turks. «Ci siamo incontrati a un concerto e il giorno dopo siamo andati a lavorare nel suo studio a Londra dove abbiamo scritto insieme Home with You. Da allora la nostra collaborazione continua».
Pare che la sera dell’incontro tra i due, FKA twigs sia rimasta impressionata dal taglio di capelli di Ethan, che ai tempi sfoggiava un mullet, capelli corti davanti e lunghi dietro, noto in inglese anche come “business in the front/party in the back”. E gli affari sono andati bene. Ethan ride: «Non c’era traccia di business, era una pettinatura davvero bizzarra e basta!». Oggi ha i capelli lunghi e un baffetto tardo adolescenziale.
B-Sides & Rarities Volume 1, è questo l’ironico titolo dell’album d’esordio di Ethan P. Flynn: una serie di canzoni pubblicate prima su Bandcamp e poi fatte disco, disponibile in vinile dal 6 novembre. Cantautorato, elettronica eterea, sprazzi di psichedelia, pop figlio del XXI secolo: «È un disco a cui ho cominciato a lavorare quando avevo 17 anni e l’ho finito a 19, non pensavo neanche di farlo uscire. Ma quando mi sono reso conto di quanto avrei impiegato per pubblicare altra musica, molto più tempo di quanto pensassi, ho deciso di buttarlo fuori. E anche per prendere le distanze dal me stesso di allora ho scelto quel titolo».
Lati B e rarità, ilarità per un giovane veterano che spiega così il suo percorso artistico: «Le B side e le cose rare solitamente vengono pubblicate a fine carriera. Io vedo il mio progetto come quello di un artista super anziano che ringiovanisce progressivamente grazie alla musica. E quindi mi è sembrato divertente chiamare il disco così, B-Sides & Rarities».
Ethan P. Flynn è un artista prolifico che scrive una marea di pezzi, uno al giorno per la precisione: «Ci sono persone che aspettano l’ispirazione per scrivere, ma io non riesco a starmene lì seduto ad aspettare. Faccio sempre musica e quindi, nel momento in cui arriva l’ispirazione, i pezzi escono ancora meglio».
Going Back to Hell, ritorno all’inferno. È questo il titolo della prima canzone scritta quando aveva 10 anni. «L’ho registrata con Garage Band sul Mac di mia mamma. Il suono era tremendo, non avevo ancora idea di come funzionasse il clic. Era un pezzo chitarristico con la mia voce altissima: torno all’inferno da dove vengo, diceva».
Ethan P. Flynn è cresciuto ascoltando gli Sparklehorse perché piacevano a sua mamma, da ragazzino voleva diventare un chitarrista jazz e poi ha provato a cimentarsi con un canonico rock suonato in coppia con un amico alla batteria, ma la band si è arenata e, adesso che lavora prevalentemente in solitaria, deve fortunatamente fare i conti con un crescente interesse intorno alla sua musica.
«Se ci fosse davvero hype intorno a me, sarei comunque l’ultimo a saperlo» dice scherzando. «Certo che mi fa piacere l’attenzione, ma non mi interessa essere considerato cool. A me interessa solo scrivere canzoni e, se la gente vuole ascoltarle, ne sono grato».
Genio e sregolatezza, una cospicua dose di weirdness, sensibilità lo-fi da cameretta e passione per la forma canzone. Sono questi alcuni degli ingredienti di pezzi come What You Do To Me, True, Everybody’s Dying to Meet You. Per spiegare quest’utima canzone Ethan dice: «È tutto nel testo, già nel titolo c’è l’incontro che segna l’inizio e la morte che segna la fine. L’eccitazione che provano alcune persone quando conoscono qualcuno di famoso…». C’è qualcuno per cui lui muore dalla voglia di conoscere? Un artista con il quale vorrebbe forse collaborare? «Per il momento sono contento di tutte le persone che conosco: la mia ragazza, i miei amici, le persone con cui lavoro. Ma prima o poi incontrerò qualcuno del genere e solo dopo averlo conosciuto davvero mi renderò conto che morivo dalla voglia di conoscerlo. Se potessi scegliere direi comunque Elvis, Elvis Presley».
Nel testo di Everybody’s Dying to Meet You ci sono anche un nome e un cognome: Arya Faye, un’attrice porno. «Non me l’aveva chiesto ancora nessuno!», ride e non dà altre spiegazioni al riguardo. «Non posso né confermare né smentire sia lei».
Ethan suona sempre: scrive con la chitarra, scrive al pianoforte, produce basi al computer per altri «e quando mi accorgo di qualcosa di buono per me ci faccio un pezzo». Così, da queste scorribande artistiche quotidiane, esce una ballata al piano tipo True, struggente: «È una canzone che parla di una rottura sentimentale vista dalla parte di chi lascia. In realtà parla anche di altro, ossia di quanto sia difficile dire la verità». Il suo pezzo preferito in generale sulle rotture? «You Didn’t Try to Call Me dei Mothers of Invention». Ha senso, sì: il suo estro creativo è zappiano.
Covid permettendo, Ethan P. Flynn vorrebbe andare in tour con una band e sa che prima o poi dovrà sganciare un nuovo album: «Ho tante di quelle canzoni che potrei farne 10 di dischi, ma forse farò le cose più normalmente. Nel giro di sei mesi dovrebbe uscire qualcosa di nuovo, almeno lo spero». Il titolo del prossimo lavoro: dopo le B-Sides & Rarities è tempo di un Greatest Hits o un Everything You Missed? Ci pensa su un attimo: «Per un attimo, ho pensato di chiamarlo 40th Years Anniversary Edition».