Faiah El Degwy (più conosciuta semplicemente come Faiah) appartiene a quella che qualche anno fa gli anglosassoni definivano come slasher generation (o slash generation, dal nome del simbolo /): ragazzi e ragazze che non si accontentano di essere o fare una cosa sola, ma si cimentano in più attività, riuscendo bene in tutte. Nel suo caso, è medico barra musicista barra creator, e di recente anche attrice (appare nella serie di Muccino A casa tutti bene) barra scrittrice. «Mi sono chiesta spesso perché scrivere un libro: alla fine mi sono risposta che se poteva aiutarmi a mostrare il mio punto di vista sul mondo, la mia normalità, allora ne valeva la pena», racconta via Zoom da Roma, dove vive e lavora.
Padre egiziano e madre italiana, ha cominciato a farsi notare sul web con una sorta di surreale blog su Facebook, #PadriArabi, che commentava con brevi aforismi in romanesco la quotidianità con un genitore nordafricano. Pregiudizi: «Faiah, com’è andato l’esame?», «Eh, niente, m’hanno steccato», «Comunque io lo sapevo che te dovevo da’ in sposa a quoo stronzo de tu cugino». Incomprensioni linguistiche: «Ho deciso de magnà sano, più che altro pe non rotolà verso il 2018… Così mi padre è andato a fa la spesa pe assecondamme», «Allora Faiah, ti ho comprato le garoti, issalata, melanzani e pressemolo per condiri», «Ma esattamente in che paese l’hai fatta ‘sta spesa?». Politica estera: «Scusate, c’ho n’attimo ‘na primavera araba dentro casa. Mi padre sta a perculà mi madre perché l’Egitto al mondiale ce sta». E via dicendo.
«Ci sono sicuramente tante differenze tra i padri arabi e quelli italiani, ma ciò che volevo mostrare è che, indipendentemente dalle diversità culturali, anche loro sono papà come gli altri. Di quelli che, se tua figlia buca la ruota, vanno a recuperarla in mezzo al raccordo anulare, indipendentemente da tutto», dice Faiah. «Gli egiziani assomigliano in molte cose agli italiani: sono caldi, accoglienti, ospitali… Il fatto che esistano delle differenze sostanziali è sotto gli occhi di tutti, ma non mi hanno mai turbato, semmai mi hanno arricchito». Quello che spesso la stupisce è proprio lo stupore della gente: «Per me è normale festeggiare sia il Natale che la fine del Ramadan, ad esempio. È complesso trovare un equilibrio, quando hai tante influenze e tanti stimoli: personalmente, però, prendo il bello di quello che trovo».
In parallelo a #PadriArabi e all’apertura di un fortunato account su Instagram, Faiah comincia anche a studiare medicina, cosa che la porterà inaspettatamente a intraprendere una carriera musicale, all’inizio piuttosto sui generis. «La musica ha sempre fatto parte della mia vita: accompagna ogni mio gesto quotidiano, da sempre», racconta. La creazione di canzoni originali, invece, è una cosa più recente. «La prima è nata quasi per caso, all’ultimo anno di università. Mi avevano bocciato all’esame di neurologia ed ero arrabbiatissima, perché me ne mancavano davvero pochi per laurearmi e mi aveva bloccato tutta la sessione. Per sfogarmi ho scritto un dissing contro il mio professore, in cui ripercorrevo rappando l’iter diagnostico dell’ictus. La cosa mi è un po’ sfuggita di mano, diciamo, perché il pezzo ha cominciato a girare in maniera incontrollata (ride)». Il professore è anziano, quindi non proprio una persona molto social, ma tutti gli specializzandi del reparto sanno dell’esistenza del video e la voce arriva fino a lui, che per fortuna la prende in maniera sportiva.
Tutto è bene quel che finisce bene: promossa all’esame, Faiah comincia a cimentarsi anche in altre canzoni meno parodistiche e viene notata dall’etichetta Maciste Dischi, che la mette sotto contratto. La pubblicazione del primo vero singolo, Numeri, è di qualche giorno fa, e ne seguiranno molti altri a cadenza regolare. Volendo descriverla con una serie di neologismi cari alla slasher generation di cui sopra, Numeri è un hip pop di aspirazione glocal, che ricorda un po’ la creatività di artisti come Margherita Vicario o Ditonellapiaga. «Con la scrittura mi piace fare ridere, mentre con la musica cerco di mostrare altri lati di me» spiega. «Non sono molto brava a parlare dei miei sentimenti, preferisco dimostrarlo con i fatti, ma cantando riesco ad esprimere emozioni che altrimenti resterebbero nascoste». Lavora in team con il chitarrista William Dotto, il cui aiuto è stato davvero prezioso, dice: «È molto più grande di me – ha 47 anni, suonava con Le Orme – ma trovo che ci completiamo. C’è una scintilla magica tra noi».
Oggi Faiah si considera soprattutto una creativa a tutto tondo, anche se il suo lavoro diurno (o notturno, visto che quando la intervistiamo ha appena smontato dopo un turno di guardia e non dorme da quasi 24 ore) è quello del medico. Per ora fa la libera professionista e non ha intrapreso alcuna specializzazione, perché «per un po’ volevo trovare il tempo di dedicarmi anche a tutto il resto, ad esempio a studiare pianoforte e approfondire questa mia vena artistica». La vita di una web star in incognito, però, non è facile, tant’è che è già capitato che dei pazienti la riconoscessero. «L’altro giorno ero al lavoro, dove do sempre per scontato che tra camice, mascherina e capelli legati nessuno mi riconosca. Mi si avvicina un ragazzo molto educato e mi chiede “Dottoressa, scusi se la disturbo… Ma lei è Faiah?”. Panico! Ho risposto: “Sì, però zitto, per favore, non lo dica a nessuno”. Mi scappava troppo da ridere».
I due lati della sua personalità possono risultare in contrapposizione in molte situazioni della vita, tant’è che Faiah non ha ancora deciso cosa farà da grande. «Per me sono due aspetti che pesano alla stessa maniera, quello creativo e la carriera medica. Sono in un limbo in cui devo capire cosa fare, ma sono sicura di una cosa in particolare: non voglio rinunciare a nessuno dei due», riflette. «Spero di trovare una formula che mi permetta di continuare la mia formazione, ma non mi faccia rinunciare a tutto il resto».