Dall’infanzia vissuta da figlio di due sopravvissuti alla Shoah alle prime influenze musicali agli alti e bassi del periodo in cui i Rush si sono dati ai sintetizzatori: il frontman e bassista del gruppo Geddy Lee, autore dell’ottima autobiografia appena uscita My Effin’ Life, parla di tutto in questa intervista realizzata per il podcast Rolling Stone Music Now. Più di ogni altra cosa, però, i fan dei Rush vogliono sapere se esiste la possibilità che continui a fare musica col chitarrista Alex Lifeson dopo la morte di Neil Peart.
Hai detto che i tributi a Taylor Hawkins hanno messo fine in un certo senso al periodo di lutto per Neil.
Sì, anche se allora non me ne rendevo conto. L’ho capito in un secondo tempo, al concerto di Los Angeles ero assente, non ero in me. A quello di Londra invece ho partecipato davvero alla celebrazione della memoria di Taylor e allo stesso tempo ho ripreso a suonare pezzi che amavo con persone nuove. L’atmosfera era magica. Sembrerà banale, ma c’era tantissimo amore a Wembley. Da questo punto di vista, è il concerto più speciale che abbia fatto in vita mia. Tutti i musicisti, anche quelli che non conoscevo, erano lì per lo stesso motivo. Zero ego, nessun minimo accenno alla competizione. Mi ha ricaricato. Ho capito quanto mi mancava tutto ciò. Mi manca suonare. E mi piace quando i musicisti sostengono i colleghi. Non è quel che ho trovato arrivando a Los Angeles. In quel posto c’era qualcosa che mi disturbava e non riuscivo a capire cosa. L’ho compreso solo quando salito sul palco e ho capito che stavo tornando sulla scena del crimine.
È lì che avete fatto l’ultimo concerto dei Rush con Neil, nel 2015.
Sì, e tutto è andato per il verso giusto, sentivo che era la fine di un’epoca per me. Il dolore deve cessare e deve essere sostituito con qualcosa d’altro. Ma con cosa? Il ricordo, il rispetto e il tributo.
È vero che Paul McCartney è venuto a congratularsi e vi ha detto che dovreste tornare in pista?
Dave [Grohl] è stato gentilissimo. È venuto da noi, mentre provavamo, dicendo: «Dopo tocca a Paul McCartney. È qui fuori e mi ha detto: “Dave, non ho mai incontrato nessuno dei Rush prima d’ora”». Gli ho risposto che doveva venire. È un uomo adorabile, un tipo molto positivo.
Hai avuto la sensazione che conoscesse la vostra musica?
No, credo proprio che sapesse chi eravamo e avesse sentito parlare di noi, ma non ci aveva mai ascoltati. Ha guardato tutto il nostro set. Credo che fosse curioso perché probabilmente gli avevano parlato di noi. Ma dopo lo show è stato incredibile. È stato caloroso e amichevole. È venuto a sedersi e a bere con noi. Ci siamo ubriacati assieme. È stato molto empatico: «Sapete che dice sempre Ringo? “È quello che facciamo”». E io gli ho risposto di parlare con Al, perché è lui quello testardo. Così ha tenuto una lezione ad Al su quanto sia bello andare in tour. «Devi farlo, amico. Devi tornare là fuori». E Alex ha detto una cosa tipo: «Lo farò, ma solo se tu sarai il nostro manager». «Ti farò da manager, amico!». È stato divertente e buffo, ma non aveva tutti i torti. Questa è la sua visione della vita. Non invecchia perché sa di essere nato per fare musica. Se è così, lo fai e basta, senza farti troppe domande. Una cosa che tutti quanti, a volte, ci dimentichiamo.
Come sta Alex? So che ha avuto problemi allo stomaco e ha subito un altro intervento.
Esatto.
La sua riluttanza dipende da questo?
No. Ha altri problemi di salute, soffre d’artrite, è diventato difficile suonare le sue parti come vorrebbe. Già durante gli ultimi tour non era particolarmente felice. Credo sia per questo che giocava così tanto a golf, perché si annoiava. Per quanto mi riguarda, mi rintanavo in stanza e creavo album di fotografie, ad esempio con le mie foto di volatili, per tenermi occupato. Mi andava bene perché sapevo che dovevo stare a riposo, non dovevo parlare. Così lavoravo tutto il giorno ai miei album fotografici. La sera, poi, vedevo Al dopo che aveva giocato a golf. Cenavamo e bevevamo un sacco di vino e il giorno dopo facevamo un altro concerto. Ma credo che per lui sia più difficile stare bene quando è in tour. È un problema e in questa fase della sua vita, considerando che è preoccupato per la sua salute, è difficile accettare l’idea di imbarcarsi in un giro di concerti. Quindi devo continuare a lavorarmelo.
Hai detto una cosa che mi è parsa interessante e cioè che secondo te potreste tornare a esibirvi come Rush.
Non so se sia del tutto vero. Non so quanto ci sentiremmo a nostro agio facendoci chiamare Rush. Ma sono tutte ipotesi perché… onestamente, penso sia poco probabile che accada. Probabilmente non è il momento di fare questo discorso, forse non ci sentiremmo a nostro agio. Però potremmo sempre scegliere qualche altro nome stupido come Rash (ride).
Lee and Lifeson suona bene.
Lee and Lifeson play the songs of Rush suona come il nome di una band di vecchi scoreggioni anni ’80.
Comunque, secondo me fareste il tutto esaurito. Magari sarebbe l’occasione di avere finalmente un tastierista.
Oh, sì.
E di infrangere le regole che vi eravate imposti.
Credo che, se dovessimo rifarlo, di sicuro non saremmo solo un trio, dovremmo trovare un modo per rendere tutto più divertente, meno faticoso, e prendere atto del fatto che siamo invecchiati.
Per il batterista sarebbe stressante stare su quel palco. Potreste mettere un batterista e un percussionista. Oppure due batteristi. Ci sono un sacco cose che si possono fare per alleggerire la pressione sul prescelto, chiunque egli sia.
Le possibilità sono infinite. Sono d’accordo. Ma sono solo ipotesi.
Altre due cose: che ne dici di nuova musica tua e di Alex, in qualche forma, con o senza un tour a seguire? Oppure, come vedi l’idea di un tuo album solista?
Sono entrambe cose possibili. Di recente ho letto da qualche parte che avrei intenzione di fare un altro album da solista: ma io non l’ho mai detto! Non ci sono progetti in tal senso. Voglio solo uscire vivo dal tour promozionale del mio libro e poi andare in vacanza con mia moglie. Oltre a questo, non ho programmato nulla. Se mi piacerebbe scrivere altra musica? Certo, sono pronto a farlo. Alex vuole scrivere altra musica con me? Sì, l’ha detto chiaramente, e cercheremo di farlo nel corso del prossimo anno. Mi piacerebbe scrivere qualche canzone da solo? Sì, è un’altra cosa che vorrei provare a fare nel prossimo anno. Questo è tutto ciò che so e che ho pianificato. Non c’è nulla in cantiere, ci sono solo queste magnifiche possibilità nell’aria. Penso che Al ed io ce lo dobbiamo l’un l’altro: dobbiamo trovarci, suonare insieme e vedere cosa succede. E, forse, tutte queste stronzate ipotetiche di cui abbiamo parlato… chissà, potrebbero succedere o forse no. Ma non ci metto la mano sul fuoco e i fan dei Rush non dovrebbero contarci. Anche se c’è sempre speranza.
Ti senti in forma? Stai suonando?
Al momento non lo sono e mi duole ammetterlo. Ho usato molto la gola per parlare, non ho suonato abbastanza e le dita si stanno rammollendo. Ma cambierà.
Da Rolling Stone US.