Ci sono cose nella vita che fanno giri larghissimi e poi tornano da dove tutto, o quasi, è iniziato. È il caso di Gigliola Cinquetti, che stasera si esibirà sul palco di Eurovision 58 anni dopo esserci stata la prima volta, da vincitrice. Era il 1964 e Gigliola aveva 16 anni. Prima la vittoria al Festival di Sanremo e poi quella al concorso internazionale che si chiamava Concorso Eurovisione della Canzone. Stasera si torna su quel palco: «Sono felicissima. Oggi, alle prove, è stato fantastico. Cantavano tutti, era pieno di giovanissimi. Un momento così prezioso non penso capiti di frequente, penso sia unico. Dare lo stesso palco dopo 58 anni a un’artista è incredibile. Sono molto, molto gratificata. Mi sono resa conto del dono che ho avuto già alle prove di oggi. Spero che la magia si ripeta questa sera».
Un evento che la Cinquetti non si aspettava di rivivere: «Assolutamente no, è qualcosa fuori da ogni ragionevole previsione. Il mondo della musica è cambiato tantissimo, ed Eurovision è forse la manifestazione che sottolinea più di tutti quanto sia cambiato il mondo. La musica è solo un sintomo, ma in realtà è cambiato tutto».
In totale ha partecipato due volte. Oltre al trionfo con Non ho l’età, nel 1974 si classificò seconda con il brano Sì: «Fu tradotto in inglese, col titolo Go, ed entrò in top ten nel Regno Unito. Poi fu tradotta in tedesco, col titolo Ja, ed entrò tra le prime anche in Germania». Quell’anno l’Eurovision lo vinsero gli ABBA con Waterloo: «Avevano una canzone bellissima, ma c’è stato spazio anche per la seconda».
Partecipazione, quella, che causò qualche problemino politico. La messa in onda della manifestazione nel nostro Paese fu rimandata perché qualcuno pensava che il titolo, Sì, potesse influenzare il risultato del referendum sul divorzio: «È una cosa incredibile, a causa mia fu censurata l’intera manifestazione. Mi si attribuiva il potere di cambiare le sorti del referendum! Tra l’altro io votavo no, ovviamente. Era un referendum abrogativo, bisognava votare no se si voleva conservare la legge sul divorzio». Andò come doveva andare (i no vinsero col 59%). Poi la conduzione, nel 1991, insieme al terzo vincitore italiano della storia di Eurovision: Toto Cutugno.
Stasera, oltre a lei, ci saranno i Måneskin, che presentano il nuovo singolo: «Mi sono piaciuti immediatamente, li trovo gradevoli, forti sul piano estetico e molto italiani. Hanno dato un tocco italiano a un genere che non è considerato tipicamente nostro». E, nonostante abbia avuto una carriera internazionale, non si sente di dare consigli. O forse solo uno: «Il successo è un’esperienza molto forte, che può essere contemporaneamente meravigliosa e terrificante. Ognuno vive il successo a modo suo, profondamente in contatto con sé stesso. Potrei parlare della mia esperienza, non ho consigli da dare a parte una raccomandazione affettuosa. Cercare di godersela, e so che è difficile farlo. Ci sono momenti in cui non ci sono molti spazi per sé. Bisogna cercare di trovare anche il modo per assaporare la straordinarietà del momento che si sta vivendo. Che se la godano!»
Sull’esibizione di stasera non ci anticipa troppo, anche perché par di capire che non sia una che fa troppi programmi: «Io non mi aspetto mai niente, vivo intensamente quello che succede. Ci sarà sicuramente la consapevolezza di tutta una vita che è trascorsa e di cui in quei pochi minuti verrà distillata un’essenza. Sarà un momento molto vero, paradossalmente anche molto personale e profondo». Perché «tutto quello che capita adesso è più di quanto potessi desiderare, è un regalo, e lo vivo così, con molta gratitudine e allegria». Pubblicherà ancora nuova musica? Il suo ultimo disco è del 2015. Mi risponde con un «sì» secco, senza dare troppe indicazioni. Speriamo stavolta non ci siano problemi referendari.