La caldazza di questi giorni è perfetta per accompagnare l’uscita del nuovo lavoro solista di Giuliano Palma. Il cantautore ha messo sul piatto Bada Bing al tavolo delle canzoni dell’estate, il singolo realizzato con Cris Cab anticipa l’album Groovin’ in uscita il 1° luglio per Universal. Si tratta del primo disco di cover senza i Bluebeaters, una novità per il cantautore che un tempo prendeva pause dalla band per sfuggire proprio dalle cover. Ma ora che, dopo anni, ha messo in pratica alcuni passaggi della sua canzone Viaggio solo (2002), qualcosa è davvero cambiato.
Groovin’ contiene 13 pezzi, 3 grossi featuring, un paio di canzoni per l’estate (anche di più) e due inediti, uno tuo e uno di Cris Cab. Ma parlaci subito di You’ll never walk alone, perché hai scelto di reinterpretare l’inno del Liverpool?
Io lo vedo come un inno del calcio inglese in generale, anche perché lo cantano anche gli scozzesi del Celtic e poi il Liverpool l’ho seguito anche due stagioni fa quando stava per vincere lo scudetto e poi se l’è perso per la scivolata di Gerrald. C’era Suarez ancora quell’anno lì! Lui e Sturridge erano una coppia gol pazzesca. Se lo meritavano quello scudetto in realtà, mi sarebbe piaciuto perché comunque è una squadra storica e gloriosa piuttosto che il City (Manchester) o il Chelsea Fc. che sono quelli più fastidiosi, litigiosi. Lì hanno ancora alcuni degli stadi storici, quelli fatti di legno, e una roba che mi piacerebbe provare proprio è il rito della camminata per raggiungerlo tra teste calde, birra, canti. Poi lì cantano tutti tantissimo.
Ma tu sei tifoso dell’Arsenal giusto? Perché?
Prima di tutto mi piace seguire il calcio inglese e allora ho scelto una squadra anche un po’ per simpatizzare, mi è rimasta in testa la fermata della metro di casa mia in quel periodo e l’Arsenal guarda caso è quella roba di Nick Hornby in Febbre a 90, il libro in cui racconta del tifo per l’Arsenal intrecciandolo anche ai suoi fatti personali, alla malattia. Quel tipo di calcio lì vissuto dal vivo è tutta un’altra cosa, perché se uno che vive a Londra ed è tifoso ha un sacco di possibilità, solo la tua città ha 10 squadre, e poi ha l’Arsenal che gli gioca a fianco va allo stadio a vederlo tutte le volte che vuole per sfogare quella passione viscerale che si vede anche nel film del 1997. Ah poi lessi con piacere anche la biografia di Tony Adams, storico difensore centrale e personaggio sempre dell’Arsenal (dall’altro lato della stanza qualcuno urla “scarsissimo”, Giuliano ride). Adams aveva dei problemi con l’alcool ma la biografia è fantastica: gente che usciva dalla partita e andava al pub, insomma un altro calcio, una roba alla George Best. È un sapore diverso e se ti piace il mondo british lo sai. Io vado ancora a comprare le mie Dr Martens e le Ben Sherman (camicie) lì, in quel negozietto di Camden Town in cui il proprietario mostrava le foto di lui abbracciato ai Madness, agli Specials e di tutti “i big” di quell’ondata ska degli anni ’80. Ora lui è morto e il negozio ce l’ha il nipote, uno di quei classici classici inglesi cockney che se non gli parli bene fanno finta di non capirti. Insopportabili.
Quindi Londra è shopping, calcio e birra?
No, meglio il whiskey, non sono un birraiolo. Ho imparato a sceglierli quindi ora mi sfondo di scotch e nient’altro.
Il tuo rapporto con l’Italia, e Milano in particolare, sono un fatto noto. Ma spiegaci della tua passione per il mondo british anche in periodo di Brexit.
Mi piacerebbe vivere a Londra, ma forse non è il periodo migliore. Ho sempre cercato di andarci il più spesso possibile ma questo continua a essere una specie di sogno che sento sempre più lontano, eppure per il tipo di vita che faccio potrebbe essere il posto giusto per me. Ma mi sono già ingarbugliato la vita da solo e mi tocca risolvere un paio di fesserie qui prima di pensare di prendere un pied-à-terre a Londra. Mi piace tantissimo il calcio inglese e tutta la cultura che è stata Mod e Skinhead, sono stato lì a fare la preproduzione di due dischi lì, già con i Casino Royale, e un po’ di cose me le sono regalate in quel periodo. Per l’ultimo disco, CRX, prendemmo una casa vera non come le altre volte in cui stavamo in settecento in un appartamento e quasi vicino ad Arsenal. Mi ricordo i concerti nei pub inglesi con i primi gruppi ska, da ragazzino.
Groovin’ arriva dopo una pausa di due anni dall’ultimo disco solista, cosa è successo dopo Old Boy e San Remo 2014.
Non faccio dischi a scadenza regolare. Ho suonato tanto dal vivo, di fare quello non smetto mai, e ho perso un po’ di tempo a bestemmiare dietro a un paio di collaborazioni finite, fastidi e sentimenti un po’ così. Ma in realtà ho voluto dedicarlo a una persona che non c’è più: Carlo Rossi è il produttore col quale ho lavorato negli ultimi 15 anni, sempre. Negli ultimi anni non avevo mai cantato con nessun altro in studio e quello un pochettino mi ha rallentato, oltre a essere un amico era dunque una persona molto importante per il mio lavoro. Ma più che rallentare o spostare le scadenze era proprio la voglia o il modo di fare le cose che era cambiato. C’era bisogno di ritrovare un po’ di buonumore quindi è arrivato Groovin’, un disco di cover molto diverso da Old Boy in cui mi ero messo a scrivere tutte le canzoni, un disco soprattutto di inediti, questo è di nuovo “una manciata di cover” come dite voi.
Ma con due pezzi inediti, no?
Beh sì, c’è Bada Bing che è il singolo che ha anticipato il disco che ho realizzato con questo Cris Cab, ma non è che lo conosca poi così bene, dopo ti parlo dei featuring con gli italiani. Lui mi è stato proposto e il pezzo mi è piaciuto, era nelle mie corde così ha funzionato. L’altro inedito è l’eccezione che conferma la regola, Un pazzo come me poteva essere il vero titolo del disco perché mi rappresenta. È un po’ come se parlassi di me, visto che appunto per colpa della pazzia ci ho rimesso l’ennesima fidanzata.
In Bada Bing nomini Hotline Bling di Drake, la ascoltavi in quel periodo o anche tu lo ami particolarmente?
No, faceva rima. Drake mi piace a non lo ascolto assiduamente, non vado a comprare i suoi dischi per intenderci, però la rima con “king” era perfetta. Musicalmente non sono tanto attento alle cose nuove, mi sono chiuso nelle mie preferenze e non ascolto neanche la radio, forse anche per non sporcare quello che ho in mente. Cerco più influenze nel cinema, guardo tonnellate di partite e film, ma anche lì non sto troppo dietro alle cose appena uscite al cinema. L’altra notte ho visto Il Caso Spotlight, anche se non è poi così recente. Io guardo tutto dei film di Marvel, dagli effetti speciali all’autore, anche se non ho visto l’ultimo X-Men ho amato Giorni di un futuro passato, quella scena in cui vanno a liberare Magneto spostando le pallottole è pazzesca e anche la musica era meravigliosa. Ma il mio disco precedente di chiamava Old Boy proprio perché dedicato a Park Chan-wook, cinema coreano.
Parlando dei featuring partirei da Fabri Fibra, che dei tre mi sembra sia il più vicino a te. In cosa vi somigliate?
Nessuno dei due esce mai, forse io un po’ più di lui, o almeno così dicono. Siamo entrambi poco mondani, glamour, tutt’altro che prezzemolini. Infatti non ci siamo mai neanche visti, ci siamo mandati i file e abbiamo fatto tutto online, a me piace rimangiare le cose in chiave ska o reggae, in ogni caso sonorità vintage, il fatto è che non tutti sono avvezzi a questo genere di suono quindi avere una lettura che passa attraverso un linguaggio più attuale che è quello dell’hip hop per me è diventato una specie di costante. Già nel precedente disco, in Come Ieri, che è una canzone più rhythm’n’blues ho collaborato con Marracash. Già allora ho pensato che non poteva essere l’ennesimo gioco vintage, quel linguaggio offre una chiave di lettura in più alla mia musica e la rende più fruibile. Il rap mi piace e anche se non sono un rapper ho fatto tante cose in quella scena, dai casino royale a neffa, quel linguaggio mi piace e mi è sempre piaciuto. Fibra però è un po’ l’eccezione che conferma la regola perché è l’unico con il quale non ho mai fatto serata, a differenza di altre collaborazioni come quella appunto con Marra e con i Club Dogo, gran partite alla playstation ai tempi di Pes. Anche Clementino lo conosco bene e abbiamo fatto anche un paio di serate insieme, gozzoviglio puro, e l’ho voluto con me a cantare la canzone di Pino Daniele nel mio disco, non dimenticherò mai quanto era devastato, in lacrime, al suo funerale. I say sto ‘cca era la canzone che avevo portato a San Remo nel 2014 nella serata delle cover, l’avevo rimangiata in chiave ska, e dopo avere collaborato in Musica Suona l’ho voluto a tutti costi nel mio disco.
Quindi sei appassionato anche di videogame?
Certo, posto sempre la borsa con la playstation in tour con me, ovviamente si parla sempre di calcio ma apprezzo anche altri titoli. Adesso sto giocando a Uncharted 4 e poi Assassing Creed sono un fanatico, ho anche le action figure. So’ di avere un’età ma questo sostituisce un po’ il gioco delle carte dei miei coetanei di un tempo, no?
Come hai scelto di reintepretare la colonna sonora degli Aristogatti?
Alleluja, Tutti Jazzisti (Tutti quanti voglion fare il Jazz) faceva già parte della compilation We Love Disney, io sono un cinefilo e adoro anche i film di animazione ma questa è un must. Mi hanno detto che questa era la più ambita mi hanno detto, ma bisognava farla con un certo spirito al quale io sono più avvezzo. È stato particolarmente divertente. Anche la titletrack, Groovin’ dei Rascals ha una sorta di provenienza cinematografica: li ho riscoperti nella colonna sonora de Il grande freddo di Lawrence Kasdan. Pesco molto dal mondo del cinema per scegliere le canzoni da riarrangiare.
Da cinefilo avrai sicuramente un ricordo legato a Bud Spencer, recentemente scomparso.
Nei primi anni, dopo i concerti dei Bluebeates mettevamo Piedone lo sbirro, il motivo fatto con la chitarra. Adesso invece mettiamo una cosa che appartiene alla colonna sonora di UFO, una serie fantascientifica degli anni ’60/70, una chicca. E poi la colonna sonora di Altrimenti ci arrabbiamo, quando ero un bambino la adoravo e la cantavo senza sapere una parola di inglese, un po’ “awanagana”. Se n’è andato un altro grande quest’anno.
Le date del Groovin’ Tour, partito il 1° luglio da Torino:
1 luglio Torino, Now Summer Festival;
23 luglio Palmanova, Palmanova Outlet (UD);
10 agosto Attigliano, (TR)
14 agosto Garaguso, (MT)
17 agosto Palazzo S. Gervasio (PZ)
23 agosto Oliena (NU)
27 agosto Roseto (TE)
28 agosto Budoni (OT)
1 settembre Staranzano (GO)
2 settembre Venezia
17 settembre Isola del Giglio