L’anno scorso è stato un anno molto buono per Glenn Hughes, bassista, grande sopravvissuto del rock (come racconta senza censure nella sua autobiografia del 2011 Deep Purple and beyond: scenes from a rock star life) e per molti “voce dell’hard rock” per estensione e potenza. Ha pubblicato il suo quattordicesimo album solista, Resonate, ed è stato nominato nella Rock and Roll Hall of Fame insieme ai Deep Purple per aver fatto parte tra il 1973 e il 1976 delle formazioni Mark III e IV della band, quelle di Burn, Stormbringer e Come Taste The Band.
Ma non era abbastanza. A 66 anni Glenn Hughes voleva far rivivere il suono e lo spirito dell’hard rock ed è tornato dai Black Country Communion, la superband che ha fondato nel 2009 con Joe Bonamassa dopo una storica jam session alla House of Blues di Los Angeles. Supergruppo perché oltre all’infinita voce hard rock di Glenn Hughes e al tocco blues della chitarra di Bonamassa, alle tastiere c’è la visione progressive di Derek Sherinian, ex Dream Theater, e alla batteria il martello di Jason Bonham, figlio di John “Bonzo” Bonham dei Led Zeppelin. Dopo tre album la band si è sciolta nel 2013.
È stato Bonamassa a chiamare gli altri per rimetterla insieme: nel dicembre del 2016 i Black Country Communion sono entrati in studio a Los Angeles e pochissimo tempo dopo erano già pronti con il loro quarto album BCCIV: «Ci sono voluti undici giorni per scriverlo e quattro per registrarlo. Volevamo fare un disco che suonasse come una sveglia, che fosse fisicamente in grado di scuoterti qualcosa dentro» spiega Glenn Hughes al telefono dalla sua casa in California dove, come ha raccontato lui stesso, dopo anni di eccessi fa una vita «Da vecchio hippie tutto pace e amore e cibo sano. So che la mia voce è un dono, mi ha regalato una vita incredibile, quindi oggi sono come un atleta: dormo tanto, mi alleno e bevo molta acqua».
BCCIV è un disco classico, granitico, con aperture melodiche immense e virtuosismi costruiti con cura, con un suono che parte dalle radici blues e le rimescola potenziandole per creare un’atmosfera mitologica, tutto registrato dal vivo in studio perché Glenn Hughes è uno da primo o secondo take al massimo: «Non canto mai un pezzo più di due volte, è la mia regola». La ragione più esaltante per questo ritorno dei Black Country Communion, però, è una sola: Glenn Hughes vuole andare in tour.
I fan dell’hard rock sono leali, amano questa musica. Sono qui dopo 50 anni solo per loro
«Sto invecchiando, e non so per quanto tempo ancora potrò andare in giro per il mondo a fare concerti. È stato giusto fermarci per un po’, non aveva senso continuare a fare album senza fare tour. Adesso non vedo l’ora di suonare questo album dal vivo. È epico, grandioso, ha un suono strutturato e definitivo». Glenn Hughes fa parte di quella generazione di titani che dopo aver passato la vita a suonare dal vivo hanno visto la storia venire della loro parte: dopo anni di dominio dei produttori e di dischi costruiti in studio, il rock oggi vive soprattutto sul palco, e loro lì sopra non hanno paura di niente.
«Ho sempre saputo che i Black Country Communion sarebbero tornati un giorno. Abbiamo ottenuto quello che volevamo: un grande disco hard rock per il 2017». Perchè per Glenn Hughes, che ha suonato con dieci band diverse (tra cui anche i Black Sabbath) ed è considerato un punto di riferimento da una nuova generazione di rocker che va da Dave Grohl al suo amico Chad Smith, la vera ragione di esistere della propria voce è restituire qualcosa a chi lo ha voluto sul palco.
«I fan dell’hard rock sono leali. Amano questa musica, vanno ai concerti e ti supportano sempre, per questo io sono ancora qui dopo 50 anni. A tutti i ragazzi che hanno ricevuto il dono della musica posso dire solo di dedicare tutto di sé stessi e di continuare ad imparare. Non abbandonate il vostro strumento, non vi fate distrarre dalla droga, dall’alcol o dalle donne. Continuate ad allenare la voce e non dimenticatevi di respirare. Se sei un musicista, lo sarai fino all’ultimo giorno della tua vita».