Tre anni fa, Kesha aveva appena finito di far ascoltare il suo album Rainbow ad alcuni discografici in uno studio di Los Angeles, quando s’è imbattuta in corridoio in un tizio robusto e barbuto con «l’aria amichevole, felice». «Devi essere un’artista», le ha detto indicando il suo vestito rosso decorato con immagini di creature marine. Kesha non sapeva chi fosse quell’uomo, ma ha subito scoperto che era un produttore chiamato Hal Willner. Una volta presentati, anche lui conosceva il nome di lei. Willner le ha detto che stava lavorando a un album tributo al rocker inglese Marc Bolan e alla sua band, i T.Rex. I due hanno iniziato a «discutere da nerd», così dice la pop star, sulla musica di Bolan. Alla fine Kesha si è ritrovata a cantare una di quelle canzoni, Children of the Revolution, con Willner in cabina di regia. «È stato il destino», dice.
Accoppiare una cantante pop, un musicista di culto e un produttore famoso per i suoi gusti eclettici è una classica mossa alla Willner. Svolgeva un lavoro importante – selezionava la musica per il Saturday Night Live fin dagli anni ’80 – e intanto assemblava una tribute album eccentrici, dove reclutava artisti come Keith Richards, Lou Reed, Tom Waits, Chuck D, Sun Ra e Lucinda Williams chiamati a suonare Thelonious Monk, Charles Mingus, Kurt Weill e persino la musica dei film Disney.
Il suo progetto dedicato ai T.Rex, AngelHeaded Hipster: The Songs of Marc Bolan and T.Rex continua la tradizione. Contiene la versione hard rock di Kesha di Children of the Revolution, insieme a una fedele Jeppester di Joan Jett, l’elegiaca Cosmic Dancer di Nick Cave, la splendida Main Man di Father John Misty, Solid Gold, Easy Action rifatta in salsa pop da Peaches e contributi di Beth Orton, John Cameron Mitchell, Perry Farrell, Todd Rundgren, Sean Lennon e altri. L’album contiene anche due versioni del classico glam dei T.Rex, Bang a Gong (Get It On): una è suonata dagli U2, l’altra da David Johansen in piena modalità Buster Poindexter.
Come negli altri progetti di Willner, il risultato è un omaggio caleidoscopico e quasi cinematografico a un eroe di culto. «Hal lo chiamava il suo White Album», dice la sua manager Rachel Fox. «Era il suo disco preferito dei Beatles e pensava che questo rappresentasse il culmine della sua carriera, delle colonne sonore e dei tributi. Pensava che questo album tenesse tutto insieme. Era convinto che fosse il suo lavoro migliore».
Sarebbe stato anche l’ultimo: il 7 aprile il 64enne Willner è morto nella sua casa di Manhattan a causa di complicazioni dovute al coronavirus. «Non sapevo fosse malato», dice The Edge, che l’ha sentito via e-mail una settimana prima per il mix del pezzo degli U2. «Quel disco significava davvero tanto per lui, ci ha messo tutto se stesso. È stato scioccante».
Willner ha iniziato a lavorarci quattro anni fa, ma il caso vuole che AngelHeaded Hipster arrivi in un momento in cui Bolan è di nuovo oggetto di ammirazione. L’unica hit americana dei T.Rex è stata Bang a Gong, dall’album del 1971 Electric Warrior. Il musicista è morto in un incidente d’auto sei anni dopo. Questo novembre entrerà nella Rock and Roll Hall of Fame e nello stesso mese uscirà il nuovo documentario Children of the Revolution. Il film contiene anche alcune riprese delle session di AngelHeaded Hipster oltre a interviste con amici di Bolan come Elton John e Ringo Starr. «Non ha mai avuto il successo che meritava», dice il manager degli Who Bill Curbishley, che ha lavorato con Bolan ed è co-produttore del film insieme al regista Ethan Silverman.
Bolan non ha avuto un grande impatto negli Stati Uniti mentre era in vita, in Europa invece era una superstar. Una delle sue apparizioni alla versione britannica di Top of the Pops colpì moltissimo il giovane Edge. «Vedere quella creatura ultraterrena in tv, con il glitter sotto agli occhi e il trucco, è stato impressionante», dice. «Electric Warrior era incredibile, uno dei migliori dischi della storia del rock. I ritornelli, le melodie, i testi, è tutto fantastico. Le sue canzoni hanno la libertà del rock e la disciplina dei grandi cantautori, una cosa a cui aspiriamo anche noi».
Sono stati Curbishley e Silverman ad avere per primi l’idea di un album di cover suonate da musicisti contemporanei. All’inizio hanno contattato il produttore inglese Tony Visconti, che aveva lavorato ad alcuni album di Bolan. Quando il piano non è andato a buon fine, Willner è stato messo in lista dall’amica e collega Kate Hyman di BMG.
Non che l’hard rock anni ’70 e il glam siano generi che uno associa a Willner. Nato a Philadelphia nel 1956, si è trasferito a New York nel ’74 e ha iniziato a lavorare con il produttore Joel Dorn agli album di Bette Midler e Roberta Flack. All’inizio degli anni ’80 ha iniziato a lavorare da SNL e ha messo insieme il suo primo tribute album, una collezione di cover jazz di musica di Fellini. Tra i collaboratori c’erano anche Debbie Harry dei Blondie e Wynton Marsalis.
Più avanti, Willner ha prodotto album per Lou Reed e Marianne Faithfull e ha sviluppato una certa sensibilità hipster. Come dice Edge, i suoi gusti tendevano «a musica di anime torturate e geni dimenticati». Quando il chitarrista degli U2 è stato coinvolto in un progetto di beneficienza per New Orleans colpita dall’uragano Katrina, Willner gli ha mandato un iPod pieno di musica della città, da Dr. John a talenti dell’underground locale. «È stato un gesto fantastico», dice, «un messaggio gentile. Era tipico di Hal».
Willner ha scoperto Bolan e i T.Rex ai tempi del liceo grazie a un vecchio amico, e anche se non era un esperto di quella musica, l’idea del tributo lo intrigava. «L’ha approcciato come se fosse un cantautore, ha ascoltato ogni singola canzone che abbia mai scritto», dice Fox. «Si è immerso in Bolan e ha detto: “Questo tizio è davvero interessante, è un grande poeta”. Pensava che ci fosse qualcosa su cui lavorare».
Dai piani alti di BMG arrivavano nomi grossi per il progetto, come Lady Gaga, ma le superstar non sono mai state la prima scelta di Willner. «Era una delle cose che lo infastidivano di più», dice Fox. «Tutti volevano i grandi nomi, ma lui preferiva concentrarsi su una visione creativa scegliendi artisti famosi e non». Todd Rundgren aggiunge che «l’importante era trovare una giusta combinazione di persone e iniziare un processo. Hal lavorava con Robert Altman, che ha un metodo simile, sceglie gli attori e li mette sotto a lavorare».
Quella visione è diventata chiara nel 2016, quando il progetto è partito. «Hal faceva i dischi come i casting di un film», dice la moglie Sheila Rogers. «Non si chiedeva chi erano gli artisti più famosi da contattare, ma chi poteva interpretare meglio una certa canzone». Rogers ricorda di averlo sentito gridare: «Nick Cave farà Cosmic Dancer e sarà bellissimo!».
Alla fine, molti dei musicisti coinvolti erano precedenti contatti di Willner. «Quando si tratta di progetti simili, nella maggior parte dei casi si dice: di’ al tuo team di parlare con il mio», racconta Edge. «Hal saltava tutta quella roba e ti chiamava direttamente, o ti scriveva una e-mail: “Ehi, che stai combinando? Perché non vieni a suonare questo pezzo?”. Ed erano idee sempre interessanti, non c’era progetto in cui non ti saresti fatto coinvolgere»:
Willner aveva già lavorato con Lucinda Williams per il suo album del 2007 West, e lei lo considerava un personaggio insolito e a volte difficile da capire. «Era eccentrico, come molte persone intelligenti», dice. «Mi sembrava uno scienziato pazzo in un laboratorio, un professore distratto, qualcosa del genere. Hal aveva sempre qualcosa che gli girava in testa». Quando è arrivata a New York per un viaggio, ha registrato una versione di Life’s a Gas dei T.Rex – su suggerimento del marito –, lo stesso giorno in cui Willner ha prodotto le cover di Joan Jett e di Beth Orton.
Il progetto lo terrà impegnato per ancora due anni, spesso in giro per il mondo. Lavorando con dei jazzisti e Donald Fagen degli Steely Dan, Rundgren ha registrato una versione della surreale Planet Queen in uno studio di Brooklyn. «Ogni volta che cantavo “Dammi tua figlia!” sentivo una sensazione inquietante», dice ridendo. «Sono un uomo di una certa età, era ridicolo. Ma allo stesso tempo quello è un pezzo strano e senza senso. Hal aveva un gran senso del ridicolo».
Hal Willner conosceva e aveva collaborato con gli U2 da almeno un decennio, almeno da quando ha registrato con Bono la colonna sonora di The Million Dollar Hotel di Wim Wenders. Dopo che li ha contattati per parlare del disco dedicato a Bolan, Bono si è detto interessato a Bang a Gong mandandogli un vocale in cui cantava il ritornello. Durante un giorno libero del tour del 2017, la band è andata a New Orleans per incontrare Willner e registrare il pezzo, in cui era previsto anche un assolo selvaggio del genio locale Trombone Shorty. Poi, su suggerimento di Adam Clayton, sono tutti volati nel sud della Francia per registrare una parte di piano di Elton John che conosceva e aveva suonato con Bolan (Bono ha anche portato Willner a un concerto di Jay-Z e Beyoncé, mentre il produttore ha reclutato la Sun Ra Arkestra per accompagnare gli U2 in Angel of Harlem durante il concerto all’Apollo del 2018).
Quando Willner ha elencato a Kesha gli artisti che avrebbero collaborato al progetto, lei era intimidita. «Quando ha detto Nick Cave ho pensato: oh mio dio, siamo fuori dalla mia portata». Ma mentre registrava Children of the Revolution, si è accorta che Willner la supportava molto. Quando ha avuto bisogno di trovare la forza per registrare un urlo, le ha detto: «So che hai quel suono dentro di te, continua a provare».
«Al quarto o quinto tentativo suonava parecchio figo», dice. «Quando sei in una stanza con un persona che vuole che tu ce la faccia e che è così positiva, arrivi a un livello che prima non potevi raggiungere. Ha tirato fuori il meglio di me».
La presenza di popstar moderne come Kesha insieme ad artisti più underground come Peaches, John Cameron Mitchell e Marc Almond dei Soft Cell sembra sorprendente, ma non per Rundgren. «Willner amava la musica, ma non aveva generi o generazioni preferite», dice. «Quando Björk ha lavorato con lui, mi ha detto che era rimasto colpito dalla purezza della sua voce. Mi ha sempre sorpreso con quanta velocità fosse riuscito a connettersi con lei, ma ci è riuscito. Gli piacevano artisti di tutte le generazioni».
Willner ha lavorato ad AngelHeaded Hipster in contemporanea col SNL (durante l’ultimo pranzo con Rundgren, ha detto che il suo membro del cast preferito era Leslie Jones: «Ha detto che era della vecchia scuola, che sapeva accendersi e farti divertire in qualsiasi momento»). Williams ha visto Willner per l’ultima volta a New York, quando l’ha invitata a sentire il disco finito. «Ha detto che avevano iniziato con 14 canzoni, ma alla fine ho sentito che erano arrivati a 32», dice. «È un classico di Hal. Si è divertito così tanto da non riuscire a fermarsi».
AngelHeaded Hipster è stato completato nel 2018, ma per problemi contrattuali di alcuni artisti la pubblicazione è stata più volte rimandata. A un certo punto sembrava che dovesse uscire nell’autunno del 2019, ma quando tutti hanno scoperto che Bolan sarebbe entrato nella Rock and Roll Hall of Fame è stato spostato al 2020. Willner si stava preparando all’uscita: tra le altre cose, sperava di organizzare dei listening party per i fan in diverse città.
Willner ha lavorato fino all’ultimo. L’avevano contattato per un tributo a George Harrison e anche se alla fine non è stato fatto niente era ossessionato dalla musica del jazzista Kamasi Washington e voleva collaborare con lui. Era anche impegnato con un nuovo programma TV, Le Grand Music Hall, che avrebbe messo insieme artisti diversi come succedeva nel suo classico degli anni ’80 Night Music; l’episodio pilota doveva essere filmato più o meno nel periodo in cui è scomparso. Qualcuno gli aveva anche proposto un documentario sulla sua vita. «Tutte quelle cose stavano prendendo forma», dice Fox. «Il fatto che la sua morte sia arrivata in quel momento è stato incredibilmente tragico».
La morte di Willner ha lasciato un vuoto. «Nessuno può sostituirlo», dice Rundgren. «Nessuno potrà fare quello che faceva lui: pensare come pensava lui, costruire relazioni con musicisti e arrivare a livello di fiducia necessario per portare a termine idee assurde. Sapeva che il fallimento era dietro l’angolo, così come il successo. E sapeva che se senza la possibilità di fallimento non c’è alcun divertimento».
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.