Di recente, Claire Boucher – che scrive, registra e produce musica sotto il nome di Grimes – ha deciso di mostrare le proprie ascelle non depilate per una serie di foto promozionali. Il suo team di PR è andato in crisi: non era quella l’immagine che avevano in mente per lei. La volevano bizzarra, sì, ma ben curata. Provocatoria, ma non troppo. Claire, però, la pensava diversamente. «Per me era: “Peli delle ascelle! Tutta la vita!”», dice, mentre siede a gambe incrociate negli uffici di Los Angeles della sua casa discografica, la 4AD. Claire ha 27 anni, indossa un t-shirt nera extralarge, sneakers immacolate e ha i capelli magenta alle radici e castani alle punte, divisi in due trecce. Sembra Mercoledì Addams mentre sta andando a un rave. «Tutti quelli del mio team dicevano: “Niente peli, assolutamente no”. Alla fine abbiamo mandato le foto a Big Jay». Big Jay è Jay-Z, che ha scritturato Grimes per la sua agenzia di management, Roc Nation. Jay si è subito schierato dalla sua parte. «È il vantaggio di avere come manager un artista: è in grado di capire», dice Claire.
Credere al progetto di Grimes significa credere alla sua indipendenza. Spesso definisce se stessa «un autore», senza alcun sarcasmo o ironia. Ha registrato Visions (2012), l’album che l’ha resa una star, interamente da sola, in meno di un mese – chiusa in una stanza davanti a GarageBand, con un barattolo di anfetamine e il cibo occasionale che le portavano gli amici. Ha creato lei tutti i suoni, cantato le voci, suonato gli strumenti e disegnato le grafiche del disco. Claire rivela di aver lavorato con «una rapidità psicotica», per rispettare la deadline fissata dal manager di allora. Ma anche con il poco tempo a disposizione, era riuscita a inventare qualcosa di sfrontatamente strano – Oblivion, una delle canzoni più potenti di Visions, presenta un’eterea voce infantile, che recita una glossolalia sopra beat pulsanti – e al tempo stesso seducente, come una festa dentro un castello di ghiaccio. Quando Claire parla, sembra di ascoltare una versione ad alta voce di Internet. Apre un tab di conversazione dopo l’altro, e spetta a te starle dietro. Un momento prima fornisce consigli di tinture per capelli, subito dopo affronta un argomento più cupo, quella notte in cui era così depressa che aveva deciso di buttare giù shot di tequila e scrivere una solare canzone pop. Il nuovo album di Claire, Art Angels, è ancora più gioiosamente caotico di Visions. Alcuni momenti suonano puramente pop: California richiama le ultime Dixie Chicks (Grimes è una grande fan). Altre canzoni sembrano musiche aliene del futuro. Flesh Without Blood è costruita su onde Doppler: ha così tanti suoni che la traccia continuava a far crashare il computer.
Nata a Vancouver, Claire è cresciuta con la passione del balletto e del disegno, prima di trasferirsi a Montreal nel 2006. Mentre studiava neuroscienze, ha iniziato a creare noise rock sul suo computer e, dopo aver trovato la categoria “grime music” su MySpace, ha deciso di adottarla come nome d’arte. Ben presto era così impegnata a diventare Grimes da lasciare il college per fare musica a tempo pieno. «Mio papà mi chiede ancora di finire gli studi», scherza. «I miei genitori capiscono
quello che faccio, ma si arrabbiano ancora se dico parolacce su Internet. “Tua nonna potrebbe vederlo!”, mi ammoniscono».
Anche se confessa di aver scritto canzoni pop, Grimes è irremovibile sul non considerarsi un’artista pop. «Il pop è fatto da intere squadre», dice. «Io faccio musica indipendente. Penso che sia importante non essere indebitati artisticamente con nessuno, se si vuole mantenere un profilo. Voglio essere come Trent Reznor». Questo autunno, Claire ha lanciato un “collettivo” chiamato Eerie Organization, nato per promuovere il lavoro di colleghe musiciste. In un’industria in cui le donne rappresentano solo il 5% di tutti i produttori, l’impegno di Grimes non è importante soltanto per la sua musica. È un atto politico. Ed è ciò che potrebbe renderla un nuovo genere di icona. «Quando ero una teenager», dice, «era difficile immaginare una carriera come la mia. Semplicemente perché non esisteva».
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