Le sorelle Bianca e Sierra Casady, in arte CocoRosie, sono passate recentemente dalle nostre parti per due date – il 30 giugno per la rassegna Roma incontra il mondo e il 2 luglio al Festival Carroponte, a Milano – deliziandoci con il loro stile eccentrico, bizzarro e con il loro consueto carnevale di colori.
Heartache City, il loro prossimo album in studio, in uscita il prossimo 18 settembre, è stato annunciato da pochissimo attraverso i canali social del duo. Insieme a una succosissima anticipazione che potete ascoltare qui sopra. Rolling Stone ha incontrato entrambe le sorelle a margine del concerto di Villa Ada a Roma.
Tra alcune settimane annuncerete altri dettagli del vostro nuovo album. Leggendo i primi comunicati si parla di numerose novità: dall’utilizzo di vintage toys e vecchi strumenti fino a un approccio più acustico. C’è da aspettarsi un suono più “giocoso” rispetto ai suoni psichedelici ed elettronici che permeavano i precedenti album? Che aria si respirerà all’interno del disco?
Ci siamo divertite veramente molto registrando gli ultimi album. Abbiamo sempre prodotto i nostri lavori mantenendo e salvaguardando uno stile libero, come dicevi tu “giocoso” e aggiungendo ogni volta strati su strati di suoni e particolari nuovi, inconsapevoli di dove saremmo arrivate. Per questo nuovo disco invece ci siamo limitate ad un approccio di “ritorno alle origini”, molto simile a quello che caratterizzava il nostro primo album registrato 12 anni fa. È stato difficile, ma ci ha permesso di tornare a far nostro quel sound per certi versi nostalgico, ma molto speciale per noi.
entrambe nella nostra vita ci siamo sentite molto sole e non capite
La storia delle CocoRosie contiente un fascino naïf e ribelle. Si può dire che attraverso la musica siete riuscite a sprigionare tutta la vostra rabbia e il vostro sentirvi incomprese? Inoltre è stato il mezzo attraverso il quale siete riuscite a conoscervi come sorelle. Riuscireste, oggi, ad immaginare le vostre vite separate?
Penso che entrambe nel corso della nostra vita ci siamo sentite molto sole e non capite, e anche se ora abbiamo la possibilità di esprimere noi stesse come artiste, corriamo sempre il rischio di restare incomprese. Penso che l’idea di stare insieme ci abbia dato la forza per continuare ad essere noi stesse, nonostante quelle che possono essere le attese e le reazioni da parte del nostro pubblico.
ci sono momenti in cui, grazie ai concerti, riusciamo a sentirci davvero vive
Sin dai primi album il vostro progetto si immerge in una concezione creativa a 360 gradi che va da video a performance live spettacolari, passando per costumi e trucchi spiccatamente teatrali. Vi sentite a vostro agio a far coesistere tutti questi particolari nei vostri live?
Durante questi anni abbiamo sempre lasciato aperta la porta a tutte quelle novità e contaminazioni artistiche che pensavamo avrebbero potuto metterci alla prova. All’inizio eravamo molto timide e impacciate e stare sul palco era per noi molto difficile e doloroso. La nostra esperienza, per quanto riguarda le performance live, però continua a crescere. E oggi ci sono momenti in cui, grazie ai concerti, riusciamo a sentirci davvero vive.
Nell’album Tales of a grasswidow (2013), avete avuto modo di collaborare con Antony Hegarty, con la quale avete inoltre fondato il Future Feminist Art Collective. Cosa ci potete raccontare riguardo alla vostra amicizia?
Siamo molto amiche di Antony. Antony ci è stata molto di supporto e la consideriamo come una nostra guida, in quanto abbiamo imparato moltissimo da lei. Fare parte di Future Feminist Art Collective ci ha aiutate a definirci come femministe ed insieme abbiamo ricevuto delle dolorose, ma al tempo stesso bellissime risposte da parte del resto del mondo riguardo a tali temi. Insieme lottiamo contro quei dogmi connessi al concetto di femminismo e sosteniamo un approccio olistico che si fonda sulla compassione, ma contemporaneamente sulla radicalità.