Quando mancava meno di un mese dalla pubblicazione dell’album di debutto dei suoi Beach Bunny, Lili Trifilio ha postato un tweet sorprendente. «Honeymoon mi piace, ma non riesco a identificarmi col disco», ha scritto confessando uno stato d’animo che provano molti artisti quando un album viene pubblicato molto tempo dopo la registrazione. «Non sto dicendo che non scriverò mai più una canzone emo, ma gli anni ’20 saranno il decennio delle canzoni contenenti dissing e critiche all’intero genere umano e a chiunque pensi di potermi fregare».
Trifilio sarà pure cambiata, ma Honeymoon resta il picco della narrazione dei suoi tormenti personali su melodie power pop-punk, un filone che porta avanti dal 2017, da quando cioè ha messo in piedi il progetto Beach Bunny per partecipare a una battaglia tra band a Chicago, la città dov’è nata. Canzoni dal ritmo frenetico come Colorblind e Promises convivono con inni istantanei come Ms. California, che fa sognare ad occhi aperti la West Coast e ha una progressione di accordi simile a Stacy’s Mom dei Fountains of Wayne. «Ho suonato i due pezzi uno dopo l’altro e… accidenti!», ammette Trifilio, ridendo.
Il chitarrista Matt Henkels descrive i Beach Bunny in modo piuttosto concreto: «Siamo pop e facciamo quel che ci pare». La band ha messo a punto il proprio stile talmente bene da essere chiamata a esibirsi al Coachella, suonare con gli eroi di Trifilio e sua principale influenza, gli Hippo Campus, e centrare nel 2018 una hit virale con Prom Queen, il tutto prima ancora di aver pubblicato un album.
Trifilio, 23 anni, già guarda al futuro. «Gran parte di Honeymoon è stata scritta nel 2018 e registrata nel 2019. In quei due anni stavo vivendo un sacco di cambiamenti e la fine di una relazione», spiega. «All’epoca non conoscevo il mio valore e non avevo grande autostima, quindi molte canzoni di Honeymoon somigliano a ballate drammatiche e tristi. Ora sto cercando di scrivere canzoni empowering, magari trattando gli stessi argomenti, ma da un punto di vista più sano».
Al centro della musica dei Beach Bunny c’è la tensione creata dal modo in cui Trifilio e compagni (Henkels, il batterista Jon Alvarado e il bassista Anthony Vaccaro) giustappongono i racconti privati della cantante alla spensierata energia punk che sprigionano dal vivo, dove suonano qualsiasi cosa, da Party in the USA alla sigla di Spongebob. A volte succede che Trifilio debba accelerare una canzone che ha scritto perché altrimenti troverebbe difficile cantare quelle emozioni. Più spesso, è in grado di creare una sana distanza tra le esibizioni e i sentimenti evocati. «È interessante cantare la parola ‘piangere’ o interpretare un testo triste. In realtà, cerco solo di dar via al delirio sotto il palco».
La prima volta che Trifilio si è esibita in pubblico è stato a uno spettacolino al liceo, dove ha cantato E.T. di Katy Perry. «Ho continuato perché mi hanno incoraggiata», ricorda. Dopo aver collaborato con un amico del college in un duo folk chiamato Fingers X Crossed, ha iniziato a caricare le sue registrazioni grezze su Bandcamp con il soprannome di Beach Bunny.
Più o meno nello stesso periodo, ha incontrato Henkels in un concerto casalingo. «Stavo suonando un mix di rock classico e roba emo», dice Henkels, che ha poi raccomandato Alvarado come batterista per la battle of the bands. «Per un po’ non abbiamo avuto un bassista».
Trifilio, Vaccaro e Henkels sono laureati della Depaul University, dove la cantante ha studiato giornalismo. Si occupava della scena musicale locale di Chicago di cui lei stessa faceva parte. Mentre la carriera dei Beach Bunny decollava, lei si trovava nella strana situazione di concedere interviste e in classe imparare l’arte di condurle. Col risultato che «quando qualcuno mi fa una domanda mi viene spontaneo spiegare come l’avrei posta io».
Trifilio aveva già definito l’immagine rétro-kitsch dai colori pastello quando gli altri sono entrati a far parte della band. «L’estetica e il branding erano già stabiliti», spiega. La band lancia concorsi online per vincere i pattini a rotelle a marchio Beach Bunny, e il loro negozio comprende i marsupi e dispenser di cerotti.
Branding a parte, uno dei principali morivi di appeal dei Beach Bunny è l’energia che Henkels, Alvarado e Vaccaro portano all’affilatissima scrittura pop di Trifilio. Energia che deriva in parte dal fatto che il gruppo sta ancora imparando a suonare. «Non sono un bassista», confessa Vaccaro. «Ogni giorno riparto da zero», confessa Henkels.
Far parte di una vera e propria band ha già influenzato il processo di scrittura di Trifilio. Prom Queen, il maggiore successo del gruppo, «non è altro che testo testo e testo. Allora ho pensato che Matt avrebbe potuto fare un assolo di chitarra super-cool e che non avrei avuto bisogno di cantare le ultime quattro battute».
Nelle settimane precedenti l’uscita di Honeymoon, Trifilio si è immersa nella scrittura. Su Twitter, dove spesso mostra scampoli di poesie e testi, i fan dei Beach Bunny hanno la possibilità di guardarla sperimentare in tempo reale (un distico recente recita: “Sono stanca di baciare rane e sono stanca di ragazzi a modino / voglio incontrare qualcuno che abbia il cuore dentro gli occhi”).
I Beach Bunny stanno per diventare uno dei più grandi gruppi indie dell’anno, ma Trifilio rimane concentrata sulla sua crescita come autrice. «Scrivere testi è diventato troppo facile. Diversificherò i temi di cui tratto», promette.