«Mi aggiusto il ciuffo, un attimo», dice Giuliano Sangiorgi alla fotografa, passandosi una mano tra i capelli che non ha. «L’abbiamo fatto rasare: ecco il segreto del nostro successo», ribatte sottovoce, ridendo, Andro. «Io vorrei una parrucca bionda!», urla Pupillo, appena entrato nella vecchia trattoria di Milano dove incontriamo i Negramaro. Mancano pochi giorni alla data zero del tour negli stadi, che si concluderà il 13 luglio nella loro Lecce.
È un pomeriggio di lavoro, sì, ma anche di cazzeggio, tra vecchi amici. Giuliano, Andrea “Andro” Mariano, il chitarrista Lele Spedicato, il bassista Ermanno Carlà, il batterista Danilo Tasco e il campionatore Andrea De Rocco, detto Pupillo, si ritrovano questa estate a celebrare l’ennesima tappa di quel viaggio insieme, cominciato ben prima dell’uscita del loro album d’esordio omonimo, nel 2003. Ed è davvero difficile non credere a Giuliano Sangiorgi quando, per descrivere la quintessenza dei Negramaro, proclama con il suo orgoglioso accento salentino «siamo una cazzo di band».
Quando gli chiedi qual è l’elemento fondamentale dei loro concerti di questo tour 2018, Andro torna sempre lì: «Noi, il gruppo. È uno spettacolo completo, non ci sono virtuosismi. Ci divertiamo davvero tanto dal vivo e il nostro pubblico se ne accorge. La scenografia siamo noi sei». Ok, l’unione fa la forza. Ma i Negramaro non hanno mai paura di non riempirli questi stadi, il timore del flop, l’horror vacui? «Sono già pieni, la paura è sfumata abbastanza velocemente», risponde serafico Andro. «C’è sempre timore, è inevitabile», racconta Giuliano – che dice di aver apprezzato i live nelle arene di Coldplay e Depeche Mode: «Io non voglio mai sapere quanti biglietti abbiamo venduto. Ma quest’anno, settimana dopo settimana, mi arrivavano solo notizie belle: “Te lo diciamo, così stai meglio!”. Intorno al nostro ultimo album, Amore che torni, c’è stato un hype pazzesco, che per le band è difficile avere oggi, in tempi in cui bastano una tastierina e un portatile per avere successo».
Ormai veterani della musica pop italiana, i Negramaro sono una mosca bianca in classifica e alla radio: un gruppo, in mezzo a solisti, cantautori più o meno indie e giovani trapper. «Una volta, se eri davvero indie, non succedeva niente, mentre ora qualsiasi cantante che fa un pezzo alla Rino Gaetano può creare hype», spiega Giuliano: «Ma attenzione: io sono molto felice di quello che sta accadendo ora nel mondo musicale».
Ed è qui che raggiungiamo un bivio. Da una parte, secondo la voce dei Negramaro, ci sono «la trap – che scimmiotta gli americani e ha un’origine così forte che ti fa pensare solo a quello – e la cultura dell’hashtag: tra tre anni non me ne fregherà un cazzo di sentire una cosa googlata il giorno prima». Dall’altra, «una grande capacità di scrittura, di creare melodie come quelle degli anni Ottanta. Mi piace questa scena che ha ritrovato la forza di dire “siamo italiani, abbiamo un passato importante”, e riprende Gaetano, gli Stadio, Antonello Venditti. Perché questo è il pop vero, un sentimento autentico. Le canzoni che rimangono e diventano classici sono quelle denudate dal meccanismo infernale che ci spinge a essere attuali a tutti i costi».
A proposito di classici, è interessante fare un viaggio indietro nel tempo e ricordare come sono nati due grandi successi dei Negramaro, Mentre tutto scorre ed Estate, pezzi che hanno visto la luce nel 2005.
«Tu ti ricordi?», chiede Andro a Giuliano. «Io sì, Mentre tutto scorre… ero con te, in tram…». In tram? «Sì», risponde Giuliano, «sul 16 qui a Milano, da via Ennio, dalle parti di viale Umbria, dove vivevamo, al Duomo, alla sede della nostra casa discografica, la Sugar. Andro era seduto davanti a me e mi sono messo a recitargli la parte rap: “Sparami addosso, bersaglio mancato”. Rimase così, con una faccia: “E questa quando l’hai fatta?!”».
E poi ci sono le prime note di Estate, come racconta Andro: «Mi ricordo la pre-produzione, con degli arrangiamenti improbabili. Per il riff iniziale volevamo un organo Farfisa, molto Seventies. Poi il nostro produttore Corrado Rustici ci disse di usare il pianoforte, perché secondo lui, così, avrebbe assunto una sonorità indimenticabile. La forza di un produttore è anche quella: prendere decisioni contro il volere della band. Infatti aveva ragione».
Parlando della scaletta dei concerti di quest’estate, Giuliano ricopre di complimenti il suo tastierista e amico di una vita: «Amore che torni ha dettato legge, perché suonando le canzoni in sala prove sono successe delle cose bellissime: l’ultimo disco ha dato un vestito nuovo ai pezzi vecchi. Andro ha fatto un lavoro bellissimo dal punto di vista dell’elettronica».
E qual è il segreto del suo tocco magico? «Siamo andati sull’essenziale. Mi piace prendere la voce dei pezzi e dimenticarmi gli originali. Così escono sempre soluzioni interessanti, arrangiamenti nuovi. Per Estate ho preso spunto da un pezzo del nostro ultimo album, La prima volta, perché sentivo che poteva esserci continuità. Abbiamo usato una LinnDrum e un basso Moog. Un tempo sarebbe stato impensabile vedere Ermanno, un bassista legato visceralmente al suo basso, suonare un Moog. È stata una rivoluzione, o almeno questo per noi è l’inizio di una rivoluzione».
Seduti a un tavolino, birra in mano, i Negramaro parlano di strumenti musicali, i regali che Giuliano fa agli altri membri del gruppo. Una drum machine per Andro nel 2007, quando erano a San Francisco, e un basso Music Man del 1977 per Ermanno – «la sua data di nascita», specificano in coro Andro e Sangiorgi –, comprato a Toronto, mentre stavano lavorando a Casa 69, il loro quinto album uscito nel 2010. E poi le serate passate a far festa insieme. Come quando a casa di Giuliano, autentico hub dei party in Salento, è arrivato Paul Simonon, il leggendario bassista dei Clash: «Lo aveva portato l’allora direttore della Notte della Taranta, ma quella sera c’erano anche i Sud Sound System, gli Après la Classe, e alcuni degli attori che stavano girando Smetto quando voglio… Insomma, tanta musica e tanta birra».
Oppure quella volta con i Metallica al Contestaccio, un locale nel cuore del quartiere Testaccio a Roma: «Siamo finiti a suonare insieme Enter Sandman, c’è anche il video su YouTubbbe. Con tre B!». Vale la pena cercarlo: Lars Ulrich alla batteria, Robert Trujillo al basso e Giuliano Sangiorgi alla chitarra.
Prima dell’uscita di Amore che torni, i Negramaro sembravano essere arrivati al capolinea. Ma c’è stato un momento in cui si sono detti “basta, non esistiamo più, ci siamo sciolti”? «No, questo no», rispondono praticamente all’unisono Andro e Giuliano. «Abbiamo avuto paura di stare lontani, di non fare più musica insieme». Sangiorgi allora si era rintanato a New York: «Ho vissuto quei due mesi in maniera tremenda: ero circondato da amici, ma soffrivo comunque una solitudine asfissiante. È una cosa che va oltre la musica».
«All’inizio della nostra storia», racconta Andro, «ci interessava stare insieme, fare musica, trovare date, farsi vedere in giro, andare in studio. Quello era l’obiettivo, del resto non ce ne fregava nulla. C’era una sana incoscienza. Poi tutto diventa un grande amplificatore, di insicurezze e virtù. E inizia una fase più delicata, in cui basta poco a mandarti a fare in culo. Ma basta poco anche per ritrovare un amore, tornare sui propri passi. Questo percorso è insostituibile. Tornando indietro, non farei a cambio con nessun talent al mondo».
Questo è un assist per Giuliano: «Chi è nato guardando i talent a casa, non può capire la nostra storia. E finalmente l’abbiamo capito anche noi, ed è per questo motivo che, dopo tanti anni, abbiamo deciso di andare ospiti a X Factor. Per raccontare ai ragazzi una realtà che non c’è più: la cantina».
Ma qualche giovane artista ha mai ringraziato personalmente i Negramaro, riconoscendo la loro importanza per il pop italiano degli ultimi anni? «Forse è successo», risponde Giuliano, «ma per la mia autostima io butto nel dimenticatoio le cose belle che mi dicono, mentre le cose brutte rimangono stampate a fuoco». «E invece qualche collega che vi ha fatto incazzare?», anticipa la domanda Andro. Scherzano ancora tra loro: «Ma tu da che parte stai?!». Giuliano riprende serio: «Nessun brutto rapporto con i colleghi, e poi la parola “collega” non mi piace, perché al massimo siamo colleghi di sogno». Andro: «Frequentiamo le persone con cui stiamo bene, ma staremo pure sul cazzo a qualcuno… Se lo scoprite, fatecelo sapere!».
Ultima domanda. Cosa faranno i Negramaro, finito il tour, riposti gli strumenti il giorno dopo il concerto nel loro stadio del cuore a Lecce? A rispondere è Giuliano, con un largo sorriso: «Faremo festa! Così mi ritrovo tutti quanti a casa mia al mare».