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I Ricchi e Poveri raccontano Sanremo: «Avremmo vinto anche cantando un necrologio»

Mezzo secolo di Festival: 'Che sarà' scartata da Morandi, i fotografi che li snobbano, i pezzi politici di Bardotti, la separazione e la reunion. «Mai sottoposta una canzone alla commissione, ci hanno sempre chiamati loro»

Foto: Fabio Leidi

Angela Brambati, Franco Gatti, Marina Occhiena e Angelo Sotgiu. In tre parole? Ricchi e Poveri, la formazione vocale diventata vessillo dell’italianità nel mondo grazie a brani entrati di diritto nell’immaginario collettivo, da La prima cosa bella a Che sarà, da Mamma Maria a Voulez-vous danser. Dopo 40 anni, nel 2020, sul palco dell’Ariston, hanno deciso di tornare a esibirsi nella formazione originale dopo le defezioni di Marina e di Franco. È stato un successo immediato, c’era anche un tour in fieri, ma la pandemia ha bloccato tutto.

Il gruppo, però, non sta con le mani in mano e – oltre alla partecipazione al talent show Il cantante mascherato nei panni dell’ormai mitico Baby Alieno e allo speciale televisivo Che sarà sarà – in occasione dei 50 anni di Che sarà, tira fuori (dal 26 febbraio) il doppio album Reunion in cui i quattro ricantano, con nuovi arrangiamenti, le loro hit.

Li incontriamo via Zoom per parlare di Sanremo e dei loro progetti. È come assistere a una sit-com in diretta: Angela che non perde occasione per cantare, Angelo cerca di mantenere il suo aplomb, Franco spara battute a tutto spiano e Marina, proprio per quelle uscite, non riesce a trattenere le risate.

Com’è andata la prima volta al festival, nel 1970?
Angela: Non sapevamo minimamente di andare a Sanremo, ce lo hanno detto all’ultimo minuto.

Ah sì?
Marina: Morandi non poteva più cantare La prima cosa bella.

Angela: Ci hanno messo come tappabuchi.

Marina: Immagina quando ci hanno detto questa cosa! Noi siamo stati zitti, ma pensavamo la canzone fosse brutta, se l’aveva scartata uno famoso come Gianni Morandi. Invece, quando l’abbiamo ascoltata, era stupenda.

Franco: Il problema è che la stessa cosa successe l’anno dopo con Che sarà, sempre rifiutata da Morandi.

Pure?
Franco: Abbiamo detto: «Gianni, avvisaci quando rifiuti un brano!».

Angela: Ma meno male che non gli sono piaciute le canzoni. Grazie Morandi!

Franco: Comunque sai qual è una cosa che non è mai stata detta a Sanremo?

Quale?
Franco: Che io sono un bell’uomo!

Angela: Ma non lo diranno mai! (ride).

Cosa vi ricordate di quell’anno alla kermesse? Era il 1971…
Marina: Quando cantammo Che sarà ero chiusa di naso e avevo 38 e mezzo di febbre. Poco prima di entrare al Casinò, per esibirmi, ho fatto le inalazioni per la voce, attaccando l’inalatore di metallo alla corrente. Mi metto a fare la doccia, tocco l’inalatore e non so come mi sono salvata: ho preso una scossa tremenda.

Angela: E ti è tornata la voce?

Marina: No, magari.

Cosa vi ricordate del vostro terzo Sanremo, quando portaste in gara Un diadema di ciliegie?
Angelo: Nel 1970 il Festival, con La prima cosa bella, è per noi un gran successo. Abbiamo tutti i fotografi addosso, abbracci e baci. Come l’anno successivo con Che sarà, del resto. Il terzo anno portiamo Un diadema di ciliegie e non ci classifichiamo nei primi posti, ma undicesimi. Vediamo comunque arrivare questa marea di fotografi…

Angela: Noi eravamo con le braccia aperte! Dicevamo: «Guarda che carini! Come al solito ci vengono ad abbracciare!».

Angelo: Invece ci sorpassano e vanno direttamente dai vincitori. Non ci hanno fatto nemmeno uno scatto.

Angelo: Non ci hanno proprio filato!

Franco: Tra l’altro, visto che eravamo tutti vestiti di bianco, ci sentiamo urlare alle spalle: «Camerieri!». Ci giriamo e diciamo a quel signore che ci chiamava: «Guardi che siamo i Ricchi e Poveri!».

E arriviamo alla vostra quarta partecipazione, nel 1973, con Dolce frutto
Marina: Là non eravamo tanto convinti.

Angela: Non essendo autori, le case discografiche ci proponevano pezzi e, quindi, dovevamo accettare le proposte. Devo dire che, Dolce frutto, è un pezzo bello, ma preferivo La prima cosa bella e Che sarà.

Franco: Eh be’, io volevo portare Nel blu dipinto di blu, ma l’avevano già fatta.

Marina: Forse Gianni Morandi, quell’anno, non aveva rinunciato a nulla.

Angelo: Siamo comunque arrivati quarti, eh.

Sì, certo, un buon piazzamento. Ma prima di tornare a Sanremo, dopo quel pezzo, ci avete messo tre anni. Nel 1976 vi presentate con Due storie di musicanti e piazzate tredicesimi. Effettivamente era una canzone che sembrava più adatta allo Zecchino d’Oro.
Angela: Ci siamo esibiti con dei bambini. Io ero incinta e avevo una pancia da coprire e così abbiamo messo tutti i bambini davanti per nascondere il pancione.

Franco: Il progetto era, in realtà, quello di fare la commedia musicale I musicanti, ispirata alla favola I musicanti di Brema.

Marina: Ma non è andata in porto.

Come mai?
Angelo: Avevamo fatto questo album, I musicanti, di Luis Bacalov e Sergio Bardotti. Doveva essere un progetto destinato ai teatri, la nostra intenzione era iniziare dal Piccolo di Milano. Poi non andò in porto, non so se per un fatto politico…

Angela: Sì, per un fatto politico: c’erano problemi nelle parole, nei testi.

Che tipo di problemi? 
Angelo: Due storie di musicanti era una canzone di rivoluzione degli operai, rappresentati dagli animali, contro i padroni. Un inno a ribellarsi. Un indirizzo un po’ politico per noi, che la politica non l’abbiamo mai fatta, non ci siamo mai schierati, non eravamo credibili come personaggi. Però la commedia musicale che avremmo dovuto fare all’estero l’hanno messa in scena. In Brasile, ad esempio, è ancora in cartellone.

Franco: Gli arrangiamenti erano belli e le parole di Bardotti erano splendide.

Angela: C’era una canzone bellissima, Tutti uniti, che faceva: (si mette a cantare): “Tutti uniti siamo forti / Mille occhi, mille ali / Tutti uniti, tutti uguali / La paura che cos’è”.

Marina: Per me è un capolavoro.

Be’, comunque potreste portarla in scena, quando riapriranno i teatri…
Marina: Eh, magari…

Franco: Sarebbe bello riprenderlo, ma in un’altra vita!

Angela: Ma no! In questa vita!

Marina: Tra l’altro ricordo che, quando abbiamo fatto l’ascolto del disco, dopo aver registrato l’LP, Bardotti era davanti a noi, di spalle, vicino ai monitor per sentire com’era venuto. Poi si gira e stava piangendo.

Angela: Si era commosso.

Angelo: I musicanti è un album che va recuperato e ascoltato tutto d’un fiato: è davvero molto bello.

Ma voi chi avreste dovuto impersonare nello spettacolo?
Angela: Io ero la gatta, Marina la gallina, Franco l’asino e Angelo il cane.

Angelo: Sono rimasto cane (ride).

Avete detto di non aver più fatto brani con connotazioni politiche dopo Due storie di musicanti. In realtà, nel 1988, siete andati al festival con Nascerà Gesù, che era una bella critica al progresso scientifico…
Angela: Non è che gli artisti l’azzeccano sempre! Non ho nulla contro questa canzone, ma non era il nostro genere. Noi dobbiamo portare positività, allegria, non ci dobbiamo schierare, dobbiamo voler bene a chiunque, come la pensa e come non la pensa.

Franco: Il pezzo riprendeva un fatto sociale più che politico, parlava dell’ingegneria genetica.

Angelo: Una cosa attuale anche oggi.

Angela: Credo che, se certe cose le dice un personaggio che il pubblico è abituato a sentire su determinati argomenti, è un conto. Da noi si aspettano di sentire solo amore e serenità.

Angelo: Un cantautore, uno che fa delle denunce, poteva andare bene per quel pezzo.

A Sanremo siete mai rimasti amareggiati per qualcosa?
Marina: Fortunatamente no.

Angela: Non ci rimaniamo mai male, se qualcosa non va ci diciamo di migliorare. Una sconfitta insegna sempre qualcosa, magari abbiamo sbagliato noi.

Angelo: Ecco io non sono rimasto male, ma penso che la canzone Chi voglio sei tu, con la quale eravamo in gara nel 1989, forse avrebbe meritato qualcosa di più. L’abbiamo interpretata molto bene ed era un bel brano.

Angela: Però il nostro mondo rimane sempre quello di Mamma Maria e Sarà perché ti amo.

C’è stato un momento in cui avete presentato un brano per il festival e non vi hanno scelto?
Franco: Ci hanno sempre preso, anzi, ci dicevano a priori che avremmo fatto il festival.

Angelo: In gara, di festival, ne abbiamo fatti dodici e ci ha sempre richiesto la commissione. Noi ci siamo andati solo quando avevamo qualcosa da proporre. Se non eravamo pronti saltavamo un turno.

Scusate, ma quando, nel 1981, siete arrivati quinti con Sarà perché ti amo non eravate convinti di vincere?
Angela: Mai pensato di vincere, speravamo solo piaccesse la canzone.

Franco: A Sanremo se partecipi, pensi di vincere.

Angelo: Il festival è una vetrina di promozione e la speranza è che vada nel miglior modo possibile, soprattutto per il lavoro futuro.

Marina: E poi magari ci sono canzoni che nessuno capisce, ma hanno avuto un gran successo.

Angelo: Sarà perché ti amo è arrivata quinta, ma ha venduto più di 7 milioni di dischi.

La vittoria è arrivata, però, nel 1985 con Se m’innamoro?
Angela: Non ci aspettavamo di vincere.

Franco: Però ragazzi, in quel momento eravamo sulla bocca di tutti, anche se avessimo cantato un necrologio probabilmente ci avrebbero premiato.

Angelo: Anche perché, dopo Sarà perché ti amo, ci chiamavano sempre al festival e noi rifiutavamo.

Perché?
Angelo: Il lavoro andava bene e il nostro discografico non voleva partecipassimo. Nel 1985, quando partecipammo con Se m’innamoro, avevamo questo brano che ci ha fatto dire: «Quasi quasi andiamo a Sanremo». Il nostro discografico non era d’accordo, ma noi ci siamo voluti andare lo stesso e, combinazione, abbiamo vinto. Probabilmente abbiamo raccolto i frutti di tutto quello che avevamo fatto prima: avevamo beccato un filotto di successi.

Angela: Sai che c’è? La gente ci vuole bene, senza voler togliere nulla a quel pezzo eh, perché era un bel brano. Non è stato uno dei migliori, tutto sommato, ma abbiamo vinto.

Archiviamo Sanremo e parliamo del vostro nuovo disco Reunion.
Angela: Un doppio album.

Angelo: Contiene i nostri successi. Alcune canzoni, forse, non hanno ottenuto un grandissimo riscontro, come quelle degli anni ’70, ma ci sono rimaste nel cuore.

Angela: Ora che c’è anche Marina, le abbiamo ricantate perché adesso siamo tornati in quattro.

Ma non c’è nessuno inedito!
Angelo: No, a meno che tu non abbia qualcosa da propormi (ride).

Sentite, ma voi che siete sempre così allegri, così uniti, come gruppo, non avete mai attraversato un momento difficile?
Angelo: Prima di andare a Sanremo con Sarà perché ti amo. Era il periodo dei cantautori e, se non lo eri, si avevano più difficoltà, ma lo abbiamo superato alla grande.

Franco: Se poi siamo anche rimasti in tre quell’anno, sono quelle cose che cambiano le dinamiche.

Che impatto è stato?
Franco: Erano momenti difficili. Non è come oggi che in un gruppo ne metti tre, ne togli due e ne aggiungi sei. Allora c’era il dubbio: «Ora che togliamo un elemento cosa succede?». Erano tempi diversi.

Angela: Io non me la sono mai sentita di sostituire Marina. Ho detto: «Non cambiamo niente».

Franco: In realtà volevamo prendere Celentano.

Marina: (Ride) Smettila, Franco, che voglio dire una cosa!

Dimmi, Marina.
Marina: Il mio pensiero più grande, più forte che avevo era: «Speriamo che la mia uscita non comprometta il loro successo». Quando hanno iniziato a volare anche all’estero, a fare grandi cose e Sarà perché ti amo ha fatto il boom, dentro di me, ve lo posso assicurare, sono stata sempre molto contenta. Dicevo: «Meno male!», perché sono voluta uscire, ma avrei potuto fare un danno al gruppo. Era la mia paura.

Angelo: All’epoca era facile rovinare una formazione se usciva un elemento.

Marina: Nell’immaginario collettivo eravamo quattro.

Angela: Infatti la nostra prima uscita a tre, a Sanremo, è stata difficile, quando ho iniziato a cantare “Che confusione, sarà perché ti amo” me la stavo facendo sotto. Non sapevamo come avrebbe reagito il pubblico.

Marina: Però l’emozione è arrivata!

Angela: Il pubblico ha reagito bene.

Marina: Ed io ero lì ad applaudirvi.

Ho visto che, nel vostro show Che sarà sarà, andato in onda su Rai 1, avete chiamato il conduttore russo Ivan Urgant, creatore del cult Ciao 2020.
Angelo: La soddisfazione di quel programma è che tutti gli artisti russi hanno cantato le loro hit tradotte nella nostra lingua. L’unica canzone italiana originale era Mamma Maria, che è quasi un inno in Russia.

Angela: È come Nel blu dipinto di blu.

Dovevate partire per un super tour e poi è arrivata la pandemia. Come l’avete presa?
Angela: Arriviamo a Sanremo, entriamo mano nella mano, scendiamo le scale, arriviamo sul quel palco, il pubblico in piedi. E poi… pandemia! Avevamo dei progetti meravigliosi da fare e, invece, è tutto fermo.

Angelo: In pratica l’abbiamo vissuta male.

Tutti: La stiamo vivendo male.

Vorrei chiedervi una cosa: quando Marina partecipò all’Isola dei famosi tese la mano per una possibile reunion, ma voi, all’epoca, rifiutaste l’avvicinamento. Poi cos’è cambiato?
Marina: La verità…

Angela: (Canta) La verità ti fa male lo so!

Marina: Io ho fatto l’Isola per me, per mia soddisfazione, ma non sapevo che Simona Ventura avrebbe fatto quell’uscita nel finale. Ci sono anche rimasta male, perché non avevo quegli accordi con loro. Dissi che non lo avevo chiesto, non volevo fare quella che va in tv per chiedere di tornare insieme, lo avrei fatto personalmente, nel caso. Comunque quella cosa è passata e amen.

Angela: Poi il nostro manager Danilo Mancuso ha avuto questa idea, ci ha chiesto: «Ma non sarebbe bello fare una reunion?». Noi andavamo bene, avevamo una sicurezza di lavoro e di successo anche in Russia, in Kazakistan, avevamo paura di fare troppi cambiamenti: prima eravamo in quattro, poi in tre, infine eravamo rimasti solo io e Angelo ed era un po’ triste. Non mi sono entusiasmata subito all’idea.

Angelo: Poteva creare un po’ di confusione.

Cosa vi ha fatto cedere, allora?
Angela: Il piacere di riallacciare un rapporto che si era perso, un’amicizia meravigliosa che si è ritrovata.

Franco: Ho sempre pensato che siamo partiti in quattro e dovevamo arrivare in quattro a fine carriera.

Angela: O in un’altra fase della carriera… e poi ho ritrovato Marina, che conoscevo da quando avevamo 16 anni. E sono contentissima a prescindere dal lavoro. Ho ritrovato un’amica.

Franco: Adesso vogliamo diventare in sei.

Marina: A parte gli scherzi, negli anni in cui mi sono allontanata da loro ho fatto le mie ospitate televisive. È chiaro che l’argomento è stato sempre quello: mi chiedevano perché non tornavamo insieme. Rispondevo che mi sarebbe piaciuto, ma doveva essere una cosa nata spontaneamente, come è stato adesso. Fortunatamente è successo così, era il momento di ritrovarci, superando le cose passate.

Angela: Non c’è un passato, per me. C’è solo un presente.

Angelo: Anche perché la difficoltà della reunion, non era solo per Marina, ma anche per Franco che aveva lasciato qualche anno prima.

Marina: La gente non si è mai dimenticata dei Ricchi e Poveri.

Adesso che è uscito il disco che dobbiamo aspettarci?
Angelo: Qualcosa faremo.

Angela: Tutto segreto.

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