Rolling Stone Italia

Il caso BTS

Sono il fenomeno pop più impressionante degli ultimi anni. Come dice James Corden, «non fanno parte del sistema, loro sono il sistema». Dietro ai singoli spacca-classifica si nascondono una certa complessità, sette personalità singolari e una missione: reimmaginare la mascolinità
BTS cover rolling stone

«Questa è una domanda seria e profonda», dice RM, il ventiseienne leader della band più famosa del mondo. Si ferma a riflettere. Stiamo parlando di futuri utopici e distopici, di come il dirompente successo globale della band, i sette talentuosi ragazzi sudcoreani che formano il colosso BTS, abbia valicato ogni confine e sovvertito la cultura imperante regalando uno scorcio di un mondo nuovo e migliore, di un 21esimo secolo di interconnessione finalmente all’altezza delle aspettative.

L’incredibile livello di carisma, una musica che sfida i confini tra i generi, raffinata ma personale, persino il modello di mascolinità che propongono, naturalmente non tossica e attenta alla cura della pelle, ogni piccolo dettaglio di questo fenomeno sembra arrivare da un futuro roseo e colmo di speranza. Quello a cui RM sta pensando, però, è come tutto ciò contrasti con il paesaggio oscuro che li circonda, e in particolare con la recente e orribile ondata di violenza e discriminazione che le persone di origine asiatica stanno subendo in tutto il mondo.

«Siamo un’eccezione», dice RM. «Siamo entrati nel mercato musicale americano e ci stiamo gustando il successo». Nel 2020, a sette anni dall’inizio della loro carriera, Dynamite, il primo irresistibile singolo in inglese dei BTS, ha raggiunto la vetta della classifica americana. Un risultato così singolare da aver spinto il presidente sudcoreano Moon Jae-in a rilasciare un comunicato per congratularsi. La nazione investe da tempo nell’esportare il suo successo culturale al di fuori del proprio territorio, fenomeno conosciuto come Korean Wave.

«Per definizione, l’utopia non esiste», continua RM. «Per ogni lato luminoso, ci sarà sempre un lato oscuro. Noi cerchiamo di agire in modo che tutto quello che facciamo, e la nostra stessa esistenza, accresca la speranza di poterci lasciare alle spalle la xenofobia e tutte le cose negative. Speriamo anche che le minoranze riescano a prendere energia e forza dalla nostra esistenza. Sì, la xenofobia è un fatto, ma c’è anche un sacco di gente che è molto aperta…. Il nostro successo in America è di per sé significativo in questo senso».

In questo momento, RM è in una stanza insonorizzata presso la sede della sua etichetta discografica a Seoul. Indossa una mascherina bianca per proteggere l’interprete che si trova con lui nella stanza, un cappello nero da pescatore e una felpa col cappuccio dello stesso colore firmata Fear of God, marchio di lusso di Los Angeles. Come ha dovuto spiegare troppe volte nei talk show americani, il suo ottimo inglese è frutto di ore e ore di puntate Friends. Nonostante questo, quando la conversazione diventa complicata, ricorre all’aiuto di un interprete.

Foto: Hong Jang Hyun per Rolling Stone US. Fashion Director: Alex Badia. Capelli: Han Som, Mujin Choi, Lim Lee Young, Lee Da Eun. Grooming: Kim Da Reum, Seo Yuri, Kim Seon. Styling: Kyungmin Kim, Lee Ha Jeong, Kim Hyesoo, Hong Sil, Seo Hee Ji, Kim Hyunjeong. La giacca di V, la maglia di Suga, il top e la collana di Jin, l cappotto di Jungkook, la giacca e la collana di RM, le maglie e giacche di Jimin e J-Hope sono di Louis Vuitton.

RM è un fan della complessità. Aveva intrapreso un percorso di istruzione universitaria d’élite prima che l’amore per l’hip hop, innescato per la prima volta da un gruppo coreano, gli Epik High, lo trasformasse in una superstar. Bang Si-hyuk, il cerebrale, intenso ma benevolo magnate-produttore proprietario della Big Hit Entertainment (ora HYBE) – l’etichetta dei BTS – ha ingaggiato per primo RM nel 2010, per poi plasmare gradualmente i BTS intorno al talento e al magnetismo del giovane rapper. «Quando ho incontrato RM per la prima volta, ho subito riconosciuto le sue doti musicali e il suo modo di pensare e ho sentito il dovere di aiutarlo a crescere e diventare un grande artista», racconta Si-hyuk.

Quando i BTS hanno debuttato nel 2013, la Big Hit non era che una startup minore nel panorama musicale sudcoreano, allora dominato da tre enormi colossi (Si-hyuk era stato produttore per uno di esse, JYP). Si dice che la Big Hit sia rimasta al verde durante le riprese di un video. Oggi, grazie al successo dei BTS, la HYBE è un’azienda quotata in borsa ed è talmente grande da aver acquisito la società americana che gestisce il management di gente come Justin Bieber e Ariana Grande. «Fin dall’inizio ci siamo prefissati obiettivi che potrebbero sembrare irreali e abbiamo sempre fatto del nostro meglio per avvicinarci il più possibile al nostro target», dice Si-hyuk. «Ed è ancora così».

Dopo un lungo processo di reclutamento e molte audizioni, sono arrivati al fianco di RM anche gli altri sei membri della band: i colleghi rapper Suga e J-Hope e i vocalist Jungkook, V, Jimin e Jin. Jungkook, il più giovane della band, che oltre ad essere un tenore straordinariamente pieno di sentimento ha molte altre doti, aveva ricevuto offerte da varie agenzie di intrattenimento, ma ha scelto la Big Hit e i BTS per la presenza di RM. «Ho pensato che RM fosse davvero fantastico», racconta Jungkook. «Non sapevo bene cosa significasse essere un cantante, ma quando l’ho visto fare rap ho pensato che fosse davvero spettacolare. Forse è stato il destino a portarmi da lui».

Suga e J-Hope sono stati i primi due a entrare nella band dopo RM, in un momento in cui Si-hyuk aveva in mente un gruppo puramente hip hop. (A bordo con loro c’erano una serie di altri apprendisti rapper, tutti scartati in favore dei vocalist dal momento che i BTS iniziavano a prendere la forma di un ibrido pop). Anche Suga è un fan degli Epik High e di rapper americani come T.I., e quando è entrato nella band era già un rapper navigato, con grande disappunto dei suoi genitori. «Non capivano la musica rap», racconta. «È naturale che si opponessero a quello che stavo facendo. Credo che questo mi abbia stimolato a lavorare con più impegno, perché avevo qualcosa da dimostrare». In The Last, intenso pezzo solista del 2016 (registrato sotto il nome di Agust D), Suga ha rivelato di aver lottato contro il disturbo ossessivo compulsivo, l’ansia sociale e la depressione. «Sono tranquillo adesso, sto bene», continua, «ma certe sensazioni negative vanno e vengono. Per alcuni, quelle emozioni non sono cose da tenere nascoste. Devono essere espresse e discusse. Qualsiasi emozione stia provando, sono sempre pronto a esprimerla».

La personalità più solare del gruppo è quella di J-Hope, e i suoi compagni di band gli vogliono molto bene. («Credo che J-Hope possa concorrere per l’elezione a capo del mondo», dice V; «I nostri sei voti sono assicurati», aggiunge RM). J-Hope è un ballerino fantastico e un rapper sorprendentemente aggressivo, qualità che ha acquisito nel suo periodo di apprendistato. «Quando ho iniziato la formazione, nella band c’erano solo rapper, quindi come arrivavi in studio ti piovevano addosso beat. Ognuno faceva i propri freestyle. Non è stato facilissimo adattarsi».

Jin, che ha alle spalle un background da attore, è stato ingaggiato per strada da un talent scout della Big Hit sulla base della sua bellezza assoluta. Ha sviluppato abilità musicali straordinarie, ma gli piace scherzare sull’attenzione che viene data al suo aspetto. «Per la cronaca, voglio ricordare che erano tutti fuori di testa per la mia avvenenza», racconta parlando di una sua recente apparizione in un varietà sudcoreano. Allo stesso tempo, è di una insicurezza commovente. «Sono carente in tante cose», dice. «Gli altri ragazzi imparano un movimento di danza e sono capaci di ballare non appena inizia la musica, ma io no. Perciò provo a impegnarmi duramente, non voglio rallentarli o essere un peso».

V è un fan del jazz, della musica classica e di Elvis Presley; è un baritono, ed è approdato alla Big Hit per caso, dopo aver accompagnato un amico all’audizione. Era il “componente nascosto” della band, quello che non appariva mai nei lunghissimi vlogs e nelle altre furbe operazioni pubblicitarie che hanno preceduto il debutto dei BTS nel giugno del 2013. «In realtà non l’ho mai capito», dice ora con una risata. «Perché l’hanno fatto? Perché hanno scelto quel concept? Non ne ho davvero la più pallida idea!» (A posteriori, Si-hyuk ha chiarito i dubbi: «Avevamo bisogno di uno stratagemma per annunciare che il team chiamato BTS era finalmente al completo. V aveva un grande fascino sia in termini di aspetto che di personalità, quindi ho pensato che rivelarlo per ultimo sarebbe stato d’impatto. È stata una strategia efficace per plasmare l’immagine complessiva del team, ma anche per mettere in evidenza ogni singolo componente»).

Jimin è un ballerino virtuoso e tecnicamente preparato, ed è lui che raggiunge alcune delle note più alte e impossibili nel repertorio dei BTS. Ha una vena perfezionista decisamente spiccata. «La danza era il mio mondo e il mio spazio», racconta e aggiunge di sentirsi in dovere di regalare ai fan performance impeccabili. «Non posso fare errori, per i fan e la loro devozione».

È anche profondamente legato al proprio team. «Siamo persone diverse che si sono trovate insieme», continua Jimin. «All’inizio discutevamo spesso, ovvio, ma grazie al tempo speso insieme penso di aver iniziato ad apprezzare anche gli aspetti che più detestavo degli altri ragazzi. Stare insieme ci ha davvero uniti, come una famiglia. Dovunque vada, ho un luogo a cui ritornare: è così che mi sento nei confronti della nostra band».

Il portamento solenne di RM era forse incongruente con il suo primo nome, Rap Monster, ufficialmente abbreviato nel 2017. Durante le interviste snocciola citazioni di Nietzsche e dell’artista astrattista Kim Whan-ki, e per il suo 26esimo compleanno ha donato quasi 85.000 dollari a una fondazione museale che finanzia la ristampa di rari libri di belle arti. Le rime di RM e di Suga, piene di giochi di parole, colpirebbero anche quegli hip hopper americani che si sono invece rivelati scettici nei confronti dei BTS. Certo, sarebbe molto più semplice se parlassero coreano, o se dedicassero parte del loro tempo a studiare le traduzioni online dei testi. «È un aspetto inevitabile della barriera linguistica», dice Suga, che si sta impegnando molto per migliorare il suo inglese.

I componenti della band hanno tutti un debole per i temi seri: hanno dedicato un intero album alla psicologia junghiana, hanno brillantemente utilizzato come metafora romantica il declassamento di Plutone a pianeta nano nel loro pezzo 134340, legano i video fino a formare una trama labirintica. Anche le loro battute tra una canzone e l’altra sono piene di una profondità fuori dal comune. «Abbiamo tutti delle galassie nei nostri cuori», ha detto RM rivolgendosi a un’arena colma di fan. «Persino mio padre, che lavora tutto il giorno, e mia madre, che è un’agente immobiliare. E pure la mia sorellina. Anche i cani e i gatti randagi che vivono per strada, i sassi per terra… Ma ci sono persone che non lo scopriranno finché non moriranno». (Più tardi, nel 2019, ha partecipato alla stesura del pezzo Mikrokosmos, che si ispira a un tema simile).

Non di rado i membri dei BTS versano lacrime sul palco rivolgendosi ai loro fan. Dal trucco e alle colorazioni iridescenti dei capelli portati con disinvoltura, ogni dettaglio del loro aspetto esprime l’istintivo rifiuto di una concezione rigida di mascolinità. «La definizione di maschile è un concetto ormai datato», afferma RM. «Non è nostra intenzione distruggerlo, ma saremmo felice di avere un impatto positivo. Viviamo in un momento storico in cui queste etichette o restrizioni non dovrebbero esistere».

Foto: Hong Jang Hyun per Rolling Stone US. V: giacca e top Fendi; pantaloni Lemaire. Suga: maglia e pantaloni Dior Men. Jin: giacca, top e pantaloni Dior Men. Jungkook: giacca, top e pantaloni Fendi. RM: maglia, pantaloni e bracciale Fendi. Jimin: maglia e collana Louis Vuitton. J-Hope: giacca e pantaloni Fendi; anello FOTL; collana Wilhelmina Garcia.

A inizio carriera, con i singoli No More Dream e N.O., i BTS hanno parlato in modo esplicito delle frustrazioni dei giovani sudcoreani, sottoposti a pressioni assurde e a una concorrenza spietata sia a scuola che nel mercato del lavoro. (I BTS stavano portando avanti una tradizione: come loro, anche i progenitori del K-pop Seo Taiji and Boys hanno trattato tematiche simili nei primi anni ’90, facendo allo stesso tempo riferimento all’hip hop e all’R&B americano in voga in quel periodo: nel loro primo singolo, i Seo Taiji avevano campionato Bring the Noise dei Public Enemy). Da allora, i BTS hanno capito che il loro messaggio iniziale, e quello delle canzoni successive che parlano di identità, amore verso se stessi, salute mentale e molto altro, aveva un valore così grande da renderli letteralmente i portavoce di una generazione a livello globale: per ben due volte hanno infatti parlato di fronte all’Assemblea delle Nazioni Unite.

«Quelle canzoni e quei messaggi, ovviamente, non sono nate da un’analisi del sistema educativo americano o di altri Paesi», dice RM. «Eravamo adolescenti a quel tempo. Siamo riusciti a parlare di alcune cose a partire da quello che provavamo e dalle nostre esperienze sull’assurdità della scuola, le incertezze, le paure e le ansie tipiche degli adolescenti. E tra i ragazzi e le ragazze ha iniziato a risuonare un pensiero e un sentimento comune, non solo in Corea, ma anche negli Stati Uniti e nei Paesi occidentali». Il nome per esteso dei BTS, Bangtan Sonyeondan, significa “Boy Scout a prova di proiettile”, e l’idea era più o meno che i sette sarebbero stati amici e protettori dei giovani, a un livello quasi spirituale. (Hanno in seguito dichiarato che BTS è l’acronimo di «Beyond the Scene»). «Non volevo fossero dei falsi idoli», ha detto Si-hyuk. «Volevo che i BTS potessero essere come un amico stretto».

A dicembre, la band ha raggiunto di nuovo il primo posto nelle classifiche statunitensi con Life Goes On, una ballata malinconica che è un po’ la risposta pop definitiva a questo anno di pandemia. Ma poiché il testo è quasi interamente in coreano, la canzone non è praticamente mai stata trasmessa dalle radio americane; la sua posizione in classifica deriva dallo streaming e dalle vendite. Nonostante l’enorme richiesta, le radio non hanno cambiato idea. RM spera che quel muro verrà abbattuto. «Se capiscono che le barriere stanno cadendo, allora cambieranno idea. È un processo in divenire».

Intanto, a Dynamite i BTS hanno fatto seguire un altro singolo in lingua inglese, Butter, uscito il 21 maggio. Come la spensierata Dynamite, anche Butter non contiene messaggi pesanti. È una celebrazione dance pop pura e spavalda, con un po’ di rétro alla Bruno Mars, stratificazioni di synth in stile Jam and Lewis e un testo in cui ci si vanta di essere “lisci come il burro” e “raggianti come una superstar”. «È molto energica», dice RM, «e molto estiva. Ha un’impronta decisamente dinamica». C’è chiaramente molto altro in arrivo: alcuni autori occidentali che già hanno collaborato con i BTS hanno dichiarato di essersi messi di nuovo in contatto con la band per lavorare insieme.

Il forte coinvolgimento nella scrittura dei loro pezzi fa sì che i BTS si siano sempre distinti dai metodi del K-pop tradizionale, e del resto anche da gran parte del pop statunitense dominato dai songwriting camp. (La ARMY, come si fanno chiamare i fan della band, sta in effetti discutendo se i loro idoli rientrino o meno nella definizione di K-pop. Molti sono convinti che vadano oltre quell’etichetta). «Danno un’impressione di naturalezza e unicità», afferma il conduttore del Late Late Show James Corden, che essendo loro fan li ha invitati come ospiti varie volte dal 2017. «Non sembra mai che facciano parte del sistema. Loro sono il sistema».

Sia RM che Suga lavorano come produttori da qualche anno, e il nome di Suga appare nei credits di numerosi altri artisti. Al di là del contributo dei membri, la produzione e la composizione avviene in gran parte in-house alla Big Hit con la collaborazione di Si-hyuk e di un team di produttori e autori. Dal 2017 circa, prendono parte al processo anche compositori e produttori occidentali, ma il loro apporto è sempre parte di un lavoro di gruppo.

Il responsabile della produzione Pdogg tende a selezionare le migliori melodie e sezioni create da ideatori sparsi in ogni angolo del mondo. «Il tuo pezzo torna indietro con un commento tipo: “Ci piacciono molto queste due parti del tuo lavoro, ma ci sono questa strofa e questa sezione di cui non siamo del tutto convinti”», racconta August Rigo, autore filippino-canadese che ha collaborato ai singoli Black Swan e On usciti nel 2020. «Insomma, collaborare con i BTS è come mettere insieme i pezzi di un puzzle… Non è un lavoro da poche ore, anzi. Ci sono voluti due, forse tre mesi e sei o sette revisioni». Dynamite, prodotta dal britannico David Stewart (non quello degli Eurythmics) e scritta in coppia con la collega e connazionale Jessica Agombar, è stata un’eccezione. HYBE aveva comunicato che i BTS erano pronti per un singolo in inglese, e la band e la loro etichetta hanno scelto tra molte opzioni. «Dynamite non sarebbe stata pubblicata se i BTS fossero stati in tour come programmato», spiega Si-hyuk. «Il progetto è stato scelto per dare una svolta positiva alla difficile situazione creata della pandemia. Ho pensato che fosse adatto ai BTS e che le vibrazioni trendy della canzone sarebbero state espresse meglio se cantate in inglese».

Formando una bolla Covid, durante lo scorso anno i BTS si sono tenuti impegnati in studio, prima con Dynamite e poi con l’album Be, pubblicato a novembre, il disco più pacato e maturo della loro carriera e che include Life Goes On. Da quando i sette hanno iniziato la formazione con la Big Hit, il 2020 è stato l’anno in cui hanno avuto più tempo libero. Per anni i ragazzi hanno parlato con allegria della mancanza di riposo. Finalmente nel 2020 si sono potuti fermare un po’. Riferendosi a quel periodo, i ragazzi lo descrivono come un momento di riflessione e scoperta di sé. Per Suga, che per anni ha lottato in silenzio con un infortunio alla spalla subito mentre lavorava come fattorino di notte durante il suo periodo di apprendistato, è stata l’occasione ideale per operarsi. «Ci sono stati momenti in cui non riuscivo a sollevare completamente le braccia durante i concerti», racconta il rapper, che ora sta molto meglio.

Il legame tra i BTS e la loro ARMY è reale, e i ragazzi hanno davvero sentito la mancanza dei loro fan, della strada. «Non potendo andare in tour, abbiamo tutti sentito un grande vuoto, un senso di impotenza», racconta Jin. «Eravamo molto tristi, e ci è voluto del tempo per superare questa tristezza».

«Amiamo il ruggito della folla e la ARMY», dice Jungkook. «Ci manca tantissimo, e lo desideriamo ancora di più». Il sostegno dei BTS verso la loro ARMY è forte proprio come quello dei fan nei confronti della band. «La ARMY è molto più equilibrata di quanto lo siamo noi», dice RM. I fan sono stati via via all’altezza della fiducia in loro riposta dai BTS, montando documentari di livello professionale, imbarcandosi in ambiziosi progetti di ricerca e traduzione e raccogliendo in sole 25 ore un milione di dollari, uguagliando la cifra donata dai BTS al movimento Black Lives Matter.

Da quando è nata la band, nessuno dei componenti ha dichiarato di avere relazioni sentimentali, anche se molti hanno accennato a frequentazioni avute prima di entrare nei BTS. La dichiarazione ufficiale è che siano troppo impegnati. Trattandosi di una band pop, si potrebbe pensare che i BTS siano preoccupati della reazione dei loro fan al riguardo, ma Suga si rifiuta di pensarla così. «Faccio fatica a capire questo problema», dice. «La ARMY è un gruppo molto vario. Se per ipotesi uno di noi avesse una relazione, alcuni potrebbero accettarlo e altri no. Che si parli di frequentazioni o di qualsiasi altra cosa, i fan sono individui singoli e di conseguenza avranno reazioni diverse».

Nel 2018, i BTS hanno negoziato il rinnovo del contratto con l’azienda di Si-hyuk, impegnandosi a rimanere insieme per altri sette anni. In questo processo, sono anche diventati azionisti di HYBE. A questo proposito, RM ha dichiarato: «Per noi e per l’azienda è molto importante permetterci di essere partner l’uno dell’altro e riconoscerci come tali. Oggi, il successo di Big Hit è anche nostro e viceversa». Quando HYBE è entrata in borsa lo scorso anno, una manna multimilionaria è scesa sulla band. «Questo è molto importante», ha aggiunto RM con un sorrisetto.

Ad attendere i BTS c’è però una trappola, un’insidia che ogni artista sudcoreano deve affrontare: a causa delle continue tensioni con la Corea del Nord, a ogni individuo di sesso maschile viene richiesto di prestare il servizio militare per 21 mesi entro il 28esimo anno d’età.

Jin ha compiuto 28 anni lo scorso 4 dicembre, ma nello stesso mese il governo ha approvato una legge che gli ha offerto una sospensione: «Qualsiasi artista pop cui venga riconosciuto dal Ministero della Cultura, dello Sport e del Turismo il merito di aver innalzato l’immagine della Corea all’interno della nazione e in tutto il mondo» potrà aspettare il compimento del 30esimo anno per adempiere al servizio militare.

«Credo che la nazione abbia voluto dirmi: “Stai andando bene, e vogliamo darti più tempo”», racconta Jin. «Il servizio militare è un dovere importante per il nostro Paese, quindi voglio impegnarmi al massimo e fare tutto il possibile prima di essere chiamato».

Ipotizzando che la legge non cambi e che non venga offerta un’ulteriore proroga, Jin sa che i BTS potrebbero continuare senza di lui per un po’. «Sono certo che i ragazzi prenderanno la decisione giusta, in questo caso non posso essere io a dire loro cosa fare», afferma. Se dovessero avere una parentesi come band di sei membri, «ne sarei triste, ma li seguirei da internet e farei il tifo per loro».

Suga ha 28 anni, J-Hope 27 e RM ne compie 27 quest’anno, quindi il servizio militare incombe anche su di loro. I membri di Shinhwa, altro gruppo K-pop, hanno assolto il servizio militare e formato di nuovo la band una volta terminato: dopo 23 anni sono ancora insieme. I BTS possono tranquillamente aspirare ad altrettanta longevità. «Quindi sì, vogliamo continuare ad avere la ARMY al nostro fianco come adesso», dice V. «Sono certo che tutto andrà in modo che potremo continuare a contare sulla ARMY. Del servizio militare non abbiamo ancora parlato approfonditamente, ma sono certo che riusciremo a trovare una soluzione».

Almeno per Jimin, i BTS sono eterni: «Non credo di essermi mai pensato al di fuori della band», dice. «Non riesco a immaginare cosa farei da solo. Voglio pensare che quando sarò più grande, e avrò la barba», dice indicando la mia con un sorriso, «quando sarò troppo vecchio per ballare, me ne starò seduto sul palco insieme agli altri, a cantare e interagire con il pubblico. Sarà bellissimo anche così. Quindi voglio che questo vada avanti il più a lungo possibile».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

Styling foto di apertura: Suga: Giacca, pantaloni e scarpe Givenchy. RM: Giacca, scarpe, collana e anello Givenchy; scarpe InstantFUnk. Jin: maglia Givenchy; scarpe Prada. V: giacca, top e pantaloni Givenchy; scarpe Prada. J-Hope: abito, maglia, scarpe e anello Givenchy. Jungkook: giacca, pantaloni e anello Givenchy; scarpe Prada. Jimin: maglia e pantaloni Givenchy; scarpe System Homme.

Iscriviti