Mentre il Papa si preparava a portare centinaia di migliaia di fedeli a Filadelfia per la grande veglia di preghiera, una delle ex cattoliche più famose al mondo portava i suoi fedeli al Wells Fargo Center. Madonna sapeva bene cosa sarebbe successo in città tre giorni dopo, ed era già entrata nello spirito dell’evento: strusciandosi su una gigantesca croce come palo da lap dance nel mezzo di una riproduzione dell’Ultima Cena, ha cantato languida “Yeezus loves my pussy best”. «Il papa-papino sta per arrivare qui», ha detto dal palco. «Credo mi stia stalkando».
La blasfemia non è una novità per Madonna, e questo siparietto è parte delle 21 coreografie preparate per il Rebel Heart Tour, che ha riempito gli stadi sin dall’esordio il 9 settembre. È il suo show più stravagante di sempre – un set di due ore con samurai, matador, zingari, ragazzini rockabilly che ballano intorno a un carrozziere, un numero piuttosto pericoloso in cima a dei pali ondeggianti e un gran finale in uno scintillante café parigino anni ’20.
Ogni giorno di prove sembrava un’impresa impossibile
«L’impegno logistico per mettere insieme tutto questo è stato imparagonabile rispetto a tutti gli altri lavori che ho fatto nella vita», racconta Arianne Phillips, la capo costumista, che spiega di aver usato per il tour 500 paia di scarpe e 450 costumi. «Ogni giorno di prove sembrava un’impresa impossibile». Per prepararsi allo show, i 20 ballerini del corpo di ballo hanno passato tre mesi ad allenarsi per 14 ore al giorno, 6 giorni alla settimana.
Madonna, 57 anni compiuti ad agosto, era sempre lì con loro. «Qualsiasi cosa le chiedessimo di fare, anche usare una suora come una tavola da surf, lei la faceva senza fare una piega», dice Megan Lawson, la coreografa del tour. «Credo che stare semplicemente in piedi su un palco non basti», mi ha detto Madonna quando l’ho raggiunta durante il tour che la porterà in giro per il mondo fino a fine marzo 2016. «Ho ricevuto un’educazione da ballerina, quindi queste cose sono molto importanti per me».
In quale momento della produzione dell’album Rebel Heart hai iniziato a raccogliere le idee per il tour?
La parte finale della registrazione è stata segnata dal panico e dalla pressione psicologica a causa dei leak che continuavano a uscire, perciò non mi sono messa a pensare seriamente ai live finché non ho pubblicato il disco e cominciato a girare i videoclip. Non ho neppure provato a pensarci, prima di marzo scorso. È una cosa insolita per me, perché di solito inizio a rifletterci con moltissimo anticipo.
Una volta iniziato il processo creativo sul tour, quali obiettivi ti sei posta?
I miei obiettivi sono sempre gli stessi. Voglio portare le persone in un viaggio. Voglio esplorare con loro alcuni temi. Penso che, se hai a disposizione un luogo enorme come un’arena o uno stadio, è tuo dovere offrire un tipo d’intrattenimento che coinvolga tutti i sensi. Quando il pubblico partecipa a un concerto, entra in un mondo magico, e per due ore viene trasportato in un tempo e uno spazio diversi, e si connette alla matrice del mio cervello creativo, che esplora ed esprime tutte le cose che mi interessano e/o che mi ispirano. Quindi, il mio obiettivo è sempre quello. E naturalmente, i miei stati d’animo, i temi che voglio esprimere, tutte queste cose, cambiano e si modificano di album in album, di tour in tour.
Quali sono i temi principali di questo tour?
Il primo è l’autoaffermazione. In apertura usiamo la canzone Iconic. Parla dell’essere un guerriero e del lottare per ciò in cui credi. Tutti abbiamo la possibilità di diventare icone a modo nostro, tutti siamo guerrieri e possiamo brillare. A proposito di guerrieri, sono onorata di aver avuto Mike Tyson nella canzone e nel video, perché lo apprezzo e lo ammiro per quello che è: una persona che è passata per gli alti e bassi della vita, che ha attraversato il fuoco e l’oscurità. Per me è diventato una fonte d’ispirazione. E questo era il primo tema. Poi Devil Pray è una canzone che tratta di quando si viene risucchiati nell’illusione che l’alcol e l’erba possano fornirti uno scorcio su un mondo superiore, per così dire, o che possano avvicinarti a Dio. E in effetti è vero, ma penso che alla fine sia un’illusione. Come ho detto, non salto da un argomento all’altro, quindi dobbiamo fare un viaggio. Dobbiamo iniziare come guerrieri, e poi esploriamo i temi del sesso e della religione: sono cose che nella nostra società sono sempre tenute separate. Invece per me il sesso è un dono sacro che ci è stato concesso. È fatto per giocarci. Mi piace, com’è evidente, provocare le persone con concetti legati al sesso e a punti di vista diversi sulla religione. Questo perché credo che le persone debbano essere sfidate anche quando non sono d’accordo con me, cosa che comunque rispetto. Ma non voglio guidarti canzone per canzone. Parleremmo per due ore.
Come scegli invece i brani dai tuoi precedenti album per includerli in setlist? Non deve essere facile.
Infatti. È molto, molto difficile. Per farla breve, sfoglio il mio catalogo, che è una lista di canzoni bella lunga. Una volta che mi sono fatta un’idea dei temi che voglio esplorare, divido lo show in quattro parti, e poi cerco un modo di intrecciare le canzoni vecchie con quelle nuove. Proviamo tante cose che sulla carta sembrano perfette, ma non sempre funzionano. Poi sperimentiamo cose a cui non avrei mai pensato e stanno in piedi. È un processo molto, molto lungo. Per me, sposare il vecchio con il nuovo è la sfida più grande, perché ovviamente ho scritto quelle canzoni tantissimo tempo fa, e devo reinventarle quanto basta perché parlino alla me di adesso, piuttosto che alla donna che ero 30 anni fa.
È una cosa che ho sempre ammirato dei tuoi concerti. Sarebbe facile prendere i tuoi 15 successi maggiori e mantenere gli arrangiamenti originali, eppure tu non hai mai scelto la strada più facile.
No. E comunque non avrei mai potuto farlo.
Puoi spiegarmi perché?
Perché sono cambiata io, e sono cambiati i suoni digitali. Il suono di un sintetizzatore o di una 808 (una drum machine)… è cambiato tutto tantissimo. Se metti la canzone incisa anni fa senza apporre modifiche accanto a una nuova, suona piccola e in mono. Capisci che intendo? Non possono convivere.
Quello di True Blue è stato davvero un gran momento, con la canzone privata di tutti i fronzoli.
Già. Amo suonare quella canzone e La vie en rose. Mi diverto molto perché eseguire una canzone con l’ukulele ha un che di dolce e innocente.
Sei una neofita di questo strumento?
Oddio, sì (ride). Sono una frana. Le progressioni armoniche sono completamente diverse rispetto a quelle della chitarra, quindi non sono in grado di suonarlo istintivamente. Ma devo mettermi alla prova costantemente. È una sfida ogni sera, perché un Sol sull’ukulele non è come un Sol sulla chitarra. È un po’ difficile. Devo fare attenzione.
Come ti metti in forma per un tour? Replicherai questo show più di 80 volte nei prossimi mesi. La sola sfera fisica richiede molta preparazione.
È vero, anche se devo ammettere che con questo spettacolo ho avuto meno tempo per prepararmi e allenarmi rispetto alle altre volte. Ho quattro figli, e loro mi prendono un sacco di tempo. Perciò devo scegliere se allenarmi o trascorrere del tempo con loro, e poi preoccuparmi di pianificare lo show. Devo trovare un equilibrio che mi permetta di allenarmi quanto basta per non ritrovarmi sul palco senza fiato, ma anche di non stancarmi troppo, e che mi lasci tempo di vedere i miei figli.
C’è qualcosa a livello creativo che i live ti danno in più rispetto a girare un film o registrare un album in studio?
Beh, non c’è niente di paragonabile a un live. Vivere sul filo del rasoio, esposta, senza mai sapere cosa succederà dopo, è una posizione pericolosa. Se fai degli errori, devi andare avanti con quegli errori. Sai, ogni pubblico è diverso. Adoro quando il pubblico è vivace e gioca con me, come è successo a Brooklyn. Le persone capiscono il mio senso dell’umorismo e io mi posso ispirare a loro, sia musicalmente che conversando. Quando ti esibisci nello stesso spettacolo sera dopo sera, devi accumulare energia e prepararti a diventare quella forza vitale che sa travolgere lo stadio o l’arena sportiva. Ci vuole un bel po’ di fatica. E ci vuole un bel po’ di fatica, dopo, per smaltire quell’adrenalina, niente si può paragonare. Per me, quando sono sul palco, non ci possono essere trucchi. Quando sei nello studio puoi provare di nuovo, puoi fare degli aggiustamenti, puoi risintonizzare la voce. Quando giri un film puoi andare in sala montaggio, sistemare le cose in post produzione. Voglio dire, non è dal vivo. Un concerto è semplicemente un’altra cosa. È un mondo a parte.
Ti vedi ancora in tour tra 10 o 15 anni?
Non faccio programmi con tutto quest’anticipo, ma se dovessi ancora viaggiare per esibirmi e relazionarmi al pubblico sono sicura che l’aspetto e l’atmosfera sarebbero molto diversi rispetto ai musical stravaganti che metto in scena oggi.
Credi che potrebbe piacerti fare uno spettacolo più sobrio, solo tu e una piccola band, senza tutta la teatralità?
L’idea di sedermi su uno sgabello con una bottiglia di vino, una chitarra e integrare nello spettacolo i miei testi comici mi piace un bel po’. Mi piace parlare al pubblico, raccontare storie. Penso che potrei farne un bello spettacolo, a essere sincera. Mi piace molto l’idea di fare qualcosa di semplice.
Questo è il tuo sesto tour negli anni 2000.Una parte della sfida deve essere quella di trovare modi per superare te stessa, nonostante l’ampio range di cose che hai fatto.
Non la vedo come se dovessi superarmi. È come realizzare un film, e poi un altro ancora. Non devi superare te stesso. È solo una storia diversa, che sento l’esigenza di raccontare. Lavoro con tanti registi e costumisti e coreografi e ballerini diversi, quindi ogni volta lo spettacolo cambia.
Questo corpo di ballo è davvero fantastico. Sembrava capace di fare qualsiasi cosa.
Già, sono ballerini meravigliosi, pieni di talento e unici. Dico sempre ai miei ballerini che sono attori e che ci si aspetta davvero tanto da loro. Uso sempre la parola “intenzione”. Non mi piace agitare un braccio con il solo scopo di agitare quel braccio. Perché lo stai facendo? Cosa stai cercando di dire? Credo sia questo a rendere le mie esibizioni diverse dalle altre.
È buffo che il tuo tour sia iniziato insieme al tour americano del Papa.
(Ride) È esilarante, già. Spero di incontrarlo, prima o poi.
Hai parlato molto di lui durante i tuoi show. Sei una sua fan?
Ho una storia lunga con il Papa, il Vaticano, la Chiesa Cattolica, la mia scomunica. Nonostante tutto, sai, sono stata educata al Cattolicesimo, e qualsiasi percorso spirituale io scelga, avverto sempre una sorta di legame inesplicabile con esso. È presente in quasi tutto il mio lavoro, come forse avrai notato.
Sei soddisfatta della direzione che sta prendendo la Chiesa sotto questo Papa?
Dirò una cosa scontata, e cioè che sembra un individuo molto più aperto dei suoi predecessori, che sembra muoversi al di fuori dei dogmi rigidi della Chiesa Cattolica, rimasti invariati dai tempi di Costantino. Questa è una cosa positiva. È bene guardare al mondo in tutta la sua immensità e capire che siamo cambiati, e che alla fine il messaggio di Gesù è di amare il tuo prossimo come te stesso, e questo significa che non si deve giudicare. E per riuscire a farlo, devi aprire la mente ed essere più tollerante verso chi ha modi di vivere che non percepisci come convenzionali. Quindi penso che sia una cosa buona, sì. Inoltre, mi sembra un Papa con cui potrei sedermi a prendere una tazza di tè, scherzare su qualcosa, e lui ne riderebbe.
Fa un effetto strano ripensare al Blond Ambition Tour, quando Papa Giovanni Paolo II cercò di fermare il tuo concerto a Roma.
Sì, ci aveva provato. Ma i tempi sono cambiati così tanto, in così tanti modi, e non solo per il Papa.
Pensi che gradirebbe la tua esibizione?
A dire il vero, penso di sì, perché alla fine il messaggio del mio show è l’amore, ed è anche il suo messaggio.