I Mouse on Mars sono stati pionieri nello schiudere le sperimentazioni elettroniche per un pubblico generalista, plasmandole in forma pop. Una raffinatissima mistura che custodiva la passione di Jan St. Werner e Andi Toma per le tecniche di composizione delle avanguardie postbelliche, quanto per il dub giamaicano e la musica neo-ambient che, in quegli anni, iniziava a guadagnare posizioni di rilievo nei club più giusti.
In occasione di Artissima – era d’arte contemporanea di Torino – St. Werner ha spalleggiato la curatrice Zasha Colah nella realizzazione di DAF Struttura. Un workshop in cui 25 studenti hanno dato vita, con insegnanti e ospiti, a un laboratorio di ricerca. “Un auditorium, uno studio di produzione, una stazione radio, un palco” dove approfondire i temi individuati per le diverse giornate. «Ho cominciato a insegnare di recente», spiega St. Werner, «prima come lettore in visita al MIT e oggi come professore all’Accademia delle Belle Arti di Norimberga: ho capito che la sperimentazione, più che negli stili o nelle tecniche, nasce dallo scambio di punti di vista. Ci sono estetiche che leggo con minore chiarezza di un ventenne. Per me è un modo per insegnare e per apprendere».
Buffo il ricorso storico per cui gli artisti che 20 anni fa hanno messo in discussione la sacralità della musica accademica, oggi insegnino a loro volta: «Vero! Tutto cambia: amavamo i compositori degli anni ’60 e ’70, ma mettevamo in discussione la seriosità delle accademie (che comunque restano un luogo di resistenza contro certe pericolose derive contemporanee). Non vedo l’ora che arrivi qualcuno che metta in discussione i nostri metodi. È un processo infinito, ed è il bello dell’arte».