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Kesha ha guardato in faccia il mostro

Stava per diventare la caricatura della positività tossica. Nel nuovo album ‘Gag Order’ s’è messa a cantare di rabbia, insicurezza, ansia, dolore. «È curativo», assicura. Specie se lo fai con l’aiuto di Rick Rubin

Foto: Vincent Haycock

Nella primavera del 2020 Kesha era sull’orlo di un attacco di panico quando il suo vecchio gatto Mr. Peeps le ha portato un paio di cuffie. In preda all’ansia per via dello stop dell’industria musicale causato dalla pandemia, Kesha ha interpretato quel gesto come un segno: era arrivato il momento di iniziare un percorso di meditazione. Lo ha fatto e qualcosa si è davvero mosso. «Ho sperimentato un vero risveglio spirituale, spaventoso e assieme intenso: mi sembrava di parlare con il mio io più elevato o se preferisci con Dio».

Tre anni dopo, Kesha è nella sua casa di Los Angeles, in abiti bianchi sportivi e coi capelli raccolti in un ciuffo disordinato, sdraiata su lenzuola di un bianco immacolato. Accanto a lei c’è Mr. Peeps. «Pensavo di avere un esaurimento nervoso. Ho chiamato il mio analista e il mio medico. Mi hanno detto: “Oh, hai avuto un risveglio spirituale. Evviva! Benissimo!”».

Il giorno dopo ha scritto una canzone intitolata Eat the Acid, in cui parlava dell’esperienza di quella notte e di alcuni consigli della madre: «Fai quel che ti pare nella vita, ma non prendere mai l’acido, perché potresti vedere cose che non potrai dimenticare».

Pensava che la canzone non sarebbe mai uscita e invece ha dato il via al lavoro sul quinto album in studio Gag Order, che uscirà il 19 maggio. L’ha prodotto Rick Rubin, un altro nato sotto il segno dei Pesci che ha legato con Kesha per la spiritualità a cui lei si era avvicinata… e senza calarsi acidi.

«Sento che sto dando alla luce il mio lavoro più intimo di sempre», dice la cantante, che sembra nervosa come una liceale al primo saggio scolastico. È l’opposto della Ke$ha del 2012 che, intervistata da Rolling Stone, esaltava sfacciatamente le virtù della sua clitoride. Svanita quella spavalderia e con essa l’atteggiamento da fanculo-a-tutti-quanti, Kesha si sta mettendo a nudo e sembra genuinamente preoccupata di mostrare al mondo questo suo lato. «Ho scavato a fondo in alcune delle mie emozioni più brutte e nella parte meno divertente di me. È spaventoso sentirsi vulnerabili. Il fatto di aver incentrato un disco intero su queste emozioni, su rabbia, insicurezza, ansia, dolore, rimpianto è stressante, ma anche curativo».

Foto: Vincent Haycock

Forse pensavate di conoscere la Ke$ha ventiduenne che nel 2009 si vantava di essersi lavata i denti con una bottiglia di Jack Daniel’s o la Kesha che a 30 anni pareva maturata e aver trovato sé stessa in Rainbow, uscito qualche anno dopo il suo ricovero in un centro di cura per risolvere i suoi problemi psichiatrici e un disturbo alimentare. Ma la Kesha trentaseienne è un’altra cosa ancora e ha senso perché, come dice lei stessa, i suoi 20 anni sono stati «strani e interessanti», mentre i suoi 30 sono stati all’insegna dell’indagine su di sé. «Ho scritto TiK ToK e cose tipo “la festa non inizia finché non arrivo io” e mi sentivo quasi una caricatura della positività tossica. Viviamo in una cultura in cui si deve mostrare sempre il lato migliore. Ma Rick Rubin ha creato per uno spazio sicuro per immergermi nelle mie vere emozioni».

Se Rainbow e il successivo High Road contengono sia canzoni introspettive che brani perfetti per darsi la carica prima di un’uscita, Gag Order rappresenta una vera e propria svolta. Non si balla granché qui, però c’è molto da elaborare. Living in My Head, che Kesha dice di aver scritto nel bel mezzo di un altro attacco di panico, è un brano doloroso da ascoltare, nella miglior tradizione di Cold Turkey di John Lennon. «Ogni volta che sento Living in My Head vorrei solo raggomitolarmi e nascondermi», dice Kesha.

Poi c’è Eat the Acid, che ha scritto con Rubin via Zoom, con la voce di Kesha in ritardo rispetto alla musica, come ha fatto il suo eroe Captain Beefheart che ha urlato i testi di Trout Mask Replica attraverso il vetro della cabina di registrazione. Rubin ha utilizzato una take vocale registrata col telefono accanto alla lettiera dei gatti. La maggior parte del disco è stata incisa in studi professionali, ma nel mix Rubin ha incluso diverse registrazioni vocali fatte da Kesha con l’iPhone. «Rick Rubin ha i microfoni più belli del mondo», racconta l’artista, «ma registrare in modo spontaneo con quello che hai in mano, al volo, in quel preciso istante, cattura una magia che non è possibile ricreare».

Fine Line è un pezzo che accenna alla sua attuale situazione legale, a cui ovviamente allude anche il titolo dell’album. «Mi sento come se da molto tempo fossi come imbavagliata. Per via della causa in corso che pende sulla mia testa, non ho potuto parlare liberamente perché sono ben conscia del fatto che tutto ciò che dico viene vagliato ed esaminato». Nel 2014 Kesha ha intentato causa contro il suo produttore e discografico Dr. Luke, denunciando un lungo periodo in cui avrebbe subito abusi sessuali, fisici e psicologici, chiedendo anche di svincolarsi dal contratto che li legava. Luke (vero nome Lukasz Gottwald) ha presentato una controdenuncia, negando con veemenza tutte le accuse e affermando che la cantante l’aveva diffamato. Nel 2016 un giudice ha respinto le accuse di Kesha, principalmente perché riferite a fatti troppo vecchi, ma la causa per diffamazione intentata da Luke è tuttora in piedi. Il processo si terrà quest’estate.

La rabbia di Kesha è palese in Fine Line, in cui si scaglia contro “dottori e avvocati” che le hanno tagliato la lingua, fino ad arrivare alla frase: “Ma ehi, guardate quanti soldi abbiamo fatto grazie a me”. È un’affermazione pesante, dato che questo potrebbe essere l’ultimo disco previsto dal suo contratto con la Kemosabe Records di Dr. Luke. È anche un modo per dire la sua prima che inizi il processo. Prima dell’intervista, Rolling Stone ha ricevuto istruzioni di non fare domande sul processo a Kesha, visto che è ancora in corso, e il suo team non ha potuto dare informazioni sullo stato attuale del suo contratto.

Foto: Vincent Haycock

Nel disco c’è molta conflittualità, con Kesha che si paragona a un demone in più di un brano, in particolare in Only Love Can Save Us Now, che inizia con la frase più ke$hosa dell’intero album: “Di’ alla stronza che non faccio robe alla Evel Knievel”. Si parla anche di dolore e perdita: svela di avere scritto Too Far Gone dopo la fine del suo fidanzamento segreto con un ragazzo di cui non vuole fare il nome e di cui è ancora amica.

Spiega poi che la canzone d’amore agrodolce All I Need Is You non è sul suo ex, come ci si potrebbe aspettare, ma parla di Mr. Peeps, che nel 2022 ha rischiato di morire. «Ho dovuto entrare in modalità ninja, trovare le medicine e imparare a fargli le iniezioni. Ho scritto questa canzone mentre lui stava molto male. Parla di amare me stessa ed è anche una canzone d’amore dedicata alla mia più alta forma di coscienza e a una specie di Dio. Ma il nocciolo della canzone riguarda Mr. Peeps, il vero amore della mia vita».

La spiritualità è sempre stata una costante nella musica di Kesha, già ai tempi di Warrior, ma in Gag Order torna in ogni canzone. Ram Dass, guru spirituale e autore del volume Essere qui, adesso scomparso nel 2004, è protagonista di un intero interludio (un ex le ha regalato una copia del libro mentre lei era in riabilitazione), il filosofo indiano Osho è citato in All I Need Is You e Oberon Zell, un mago ottantenne che ha incontrato durante la realizzazione del podcast Kesha and the Creepies, compare nell’ultima canzone, Happy, proclamando che “a volte pensi di essere tu a fare la magia, altre ti rendi conto che è la magia a fare te”.

Tra i collaboratori presenti in Gag Order ci sono la madre di Kesha e sua frequente co-autrice Pebe Sebert (che dice a Rolling Stone di essere orgogliosa di come la figlia stia diventando «sempre più matura e saggia») e la nipote di 8 anni, Luna, che compare in Only Love Reprise declamando una citazione presa da un esperimento con l’LSD degli anni ’50: “Vorrei poter parlare in Technicolor”.

«Quando Luna vede il nome della zia sul display del telefono spesso corre a chiudersi in camera sua a parlare con lei per ore», racconta Lagan, il fratello di Kesha. «È proprio quello che è successo il giorno in cui Kesha ha cercato Luna per registrare alcune voci per il nuovo album… fare arte insieme è la nostra attività di famiglia e sono felicissimo di vedere un’altra generazione entrare nel giro».

«Lei è un pulcino dolcissimo, abbiamo un legame forte», dice Kesha. «Ci sediamo e cerchiamo di parlare con gli animali. Meditiamo insieme. I suoi campionamenti o la sua presenza nell’album sono stati qualcosa di speciale e percepisco una connessione con lei quando sono felice come una bimba».

Ma più di tutto è l’amore a essere una presenza costante nel disco: amore per la famiglia, amore per sé stessa, amore per i suoi gatti e amore puro per la musica. Dopo aver trascorso un po’ di tempo in uno studio alle Hawaii, Kesha e Rubin hanno registrato la maggior parte del disco da lui, allo Shangri-La di Malibu, dove spesso sentiva Neil Young, amico di Rubin, suonare la chitarra attraverso il canyon mentre le onde si infrangevano in spiaggia. «È stata l’esperienza più bella della mia vita. Mi mettevo lì, ascoltavo e piangevo per la felicità».

Da Rolling Stone US.

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