Il gospel e la musica secolare sono spesso viste come due mondi distanti, con quasi nulla in comune. Ma non ditelo a Warryn Campbell, autore-produttore che da decenni attraversa i confini tra rap, R&B e gospel – e ha vinto Grammy Awards per il suo lavoro in tutti i generi.
Il curriculum di Campbell lo rende una risorsa per Kanye West, che ha abbracciato con entusiasmo la fede dopo 15 anni passati nella trincea della musica secolare. Campbell l’ha incontrato molto tempo fa, agli inizi della carriera di rapper, e i due hanno già collaborato in passato ai brani We Major (da Late Registration) e Homecoming (da Graduation). I due si sono ritrovati creativamente quest’anno, quando West ha portato il suo Sunday Service a Los Angeles, nella chiesa di Campbell, che ha fornito il sample alla base di God Is.
La canzone è finita nella versione definitiva di Jesus Is King e, lo stesso venerdì, Campbell ha pubblicato il suo primo album, una compilation intitolata Warryn Campbell Presents My Block Inc. Il produttore/predicatore ha parlato con Rolling Stone della collaborazione con West, del suo lavoro in chiesa e ha spiegato perché il vecchio gospel è perfetto per costruire un grande sample.
Per tutta la carriera sei riuscito a lavorare con rap, R&B e gospel. Come hai iniziato?
Ho iniziato alla Death Row Records. Ero un protégé di DJ Quik, ho suonato le tastiere sul suo terzo album. All’epoca il suo manager era Suge Knight. Abbiamo spostato gli studi negli uffici dell’etichetta ed è allora che ho iniziato a suonare su tutti gli album che pubblicavano – Murder Was the Case, le cose di Tupac… suonavo le tastiere. Ho imparato molto da DJ Quik, uno dei migliori di sempre. Da lì sono passato all’R&B, ho collaborato con Dru Hill e Shanice Wilson, ho fatto la colonna sonora di Doctor Dolittle. Poi ho incontrato queste due ragazze, Mary Mary, che volevano fare gospel. Io sono cresciuto in chiesa, ma non sapevo come scrivere quel tipo di musica. Quindi ho scritto le mie solite cose e ci ho aggiunto sopra testi gospel. È così che sono finito in entrambi i mondi. Vengo dalla scuola di Quincy Jones: ci sono solo due generi di musica, la grande musica e quella terribile.
L’industria discografica, però, tratta il gospel e il rap in modo diverso.
In modo completamente diverso. Ma tutto quello che ho suonato per Tupac o per Kanye – ho prodotto We Major insieme a lui e Nas – l’avrei fatto anche sugli album di Mary Mary. Quando ho prodotto Homecoming, per l’album Graduation, ho suonato cose che sarebbero andate bene anche per Mary Mary, Brandy o Alicia Keys. La roba che suona Kanye adesso concentra l’attenzione su qualcosa che in realtà c’è sempre stato. Sono cambiati solo i testi.
Quando l’hai incontrato la prima volta?
Dopo il primo album, mi sono accorto che per il secondo stava usando moltissimi sample. Quindi ho deciso di farne alcuni anche io. Io e un altro tizio chiamato Dontae Winslow, un grande trombettista che ha prodotto I Made It di Jay-Z, abbiamo fatto un sample e un amico comune l’ha dato a Kanye. Alla fine quella base è diventata We Major. Mentre lavorava all’album successivo mi ha chiesto se avessi altro materiale, così gli ho dato la base per Homecoming, il brano con Chris Martin dei Coldplay. La cosa divertente è che mia sorella ha cantato nel coro di Kanye per anni. A un certo punto sono finiti in Inghilterra, lei mi ha chiamato e mi ha detto che Kanye voleva convincere Chris Martin a cantare in un pezzo, ma che Chris era scettico perché non voleva fare la parte del bianco sdolcinato in un pezzo rap. Mia sorella allora ha iniziato a canticchiare una melodia, e Chris l’ha guardata come per dire: “Ehi, mi piace!”, e si è convinto. Mia sorella si chiama Joistarr ed è nel mio nuovo album.
Oltre ad avere un’etichetta, gestisci una chiesa, giusto?
Sì, faccio il parroco in una chiesa di North Hollywood, il California Worship Center.
È lì che Kanye ha portato il Sunday Service?
Prima mi ha chiesto di parlare durante un altro concerto del coro. Sono salito sul palco attorno alle 9, prima della messa, e ho fatto un piccolo sermone di cinque minuti. Poi, un paio di settimane dopo, ero a Cincinnati e Kanye mi ha detto che avrebbe voluto portare il Sunday Service nella mia chiesa. Gli ho detto che era un’idea magnifica, ma non l’ho confidato a nessuno del mio staff. Nessuno sapeva nulla, c’erano solo 150 persone in più in chiesa. Poi hanno iniziato a cantare, e l’hanno fatto da seduti, senza alzarsi in piedi. La chiesa è praticamente esplosa. Kanye ha portato l’evento in tour, ma la nostra chiesa è stata la prima. La gente ne parla ancora.
Mi hanno detto che Kanye ti ha chiesto di insegnargli a predicare.
Non so se è il termine giusto, io gli ho solo detto che ero a disposizione per aiutarlo in qualsiasi modo. Prima di esibirsi al Coachella, per esempio, voleva sapere quali scritture si sarebbero collegate bene con le canzoni in scaletta, così gli ho mandato una lista di proposte. Non lo chiamerei insegnamento – sto camminando insieme a lui, sono la sua guida. Se non sa qualcosa o ha una domanda, cerco di offrirgli la mia saggezza, la mia prospettiva. Io vengo da un posto che chiamo “the cheets” (crasi tra church, chiesa, e streets, strade, ndt), vedo le scritture diversamente dagli altri.
Quando sei diventato un parroco?
Sono quattro anni, cinque il prossimo aprile, a Pasqua.
Com’è stato passare dal lavoro di produttore a quello di parroco?
È diverso. Quando facevo il produttore non mi spostavo mai. Mi alzavo dal letto, organizzavo la giornata e restavo in studio fino alle 5 del mattino. Ora devo fare una vita regolare. Ho messa la domenica e so che dovrò celebrarla a prescindere da tutto. Cerco di leggere un libro alla settimana. Devo essere informato, sapere cosa accade nel mondo, essere in grado di parlare a un gruppo multietnico in cui c’è di tutto, dai millennials agli anziani. È un lavoro enorme.
Quali sono le scritture che hai scelto per le canzoni di Kanye?
La scorsa Pasqua mi ha inviato venti canzoni. La Pasqua è centrata sulla resurrezione di Cristo, così gli ho consigliato Giovanni 3:16, che dice: “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. Per me significa che se sai amare, devi dare. Non denaro, ma tempo, pazienza. Diciamo che cerco di offrirgli una prospettiva diversa sul significato delle cose.
Quando hai lavorato a God Is?
Il giorno successivo al Sunday Service mi ha invitato ad ascoltare quello a cui stava lavorando. Sono rimasto una settimana lì, a Calabasas. Ho mangiato pesce spada in uno dei silos, è stato divertente. In quel periodo gli ho fatto sentire il sample di God Is, l’avevo fatto per lui. L’ha adorato da subito e mi ha chiesto il permesso di usarlo. Gli ho detto di sì. Prima di venerdì non avevo mai sentito la versione finale.
Qual è il sample?
God Is di James Cleveland, un brano degli anni ’70. Quando ero ragazzo non c’era un coro a Los Angeles che non cantasse quella canzone. Non avevo mai sentito il disco, la conoscevo solo grazie alla chiesa. Quando l’ho trovato è stato straordinario: quei dischi sono registrati dal vivo in chiesa, e ascoltandoli non senti solo il coro o il cantante, ma anche i fedeli. Usata come sample, quella musica ha molte più sfumature del classico R&B, dove non ci sono le persone che urlano in sottofondo “Hallelujah! Praise God!”, un grande suono d’ambiente.