Una giovane donna sta per dare alla luce un bambino mentre per il mondo si avvicina la fine annunciata. È Lavinia, la trentenne protagonista di Maimamma, primo romanzo di Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina alias La Rappresentante di Lista, in uscita il 28 ottobre per Il Saggiatore. Una sorta di manifesto narrativo della band, un racconto fantastico che in oltre 200 pagine approfondisce alcuni dei temi cari al gruppo e affrontati in parte nelle tracce di My Mamma, l’album trainato dal singolo sanremese Amare che nel 2021 ha permesso a LRDL di farsi conoscere da un pubblico più ampio.
Ecologia, inclusione, precarietà, femminismo, maternità: tante le questioni messe sul tavolo dalla pisana Lucchesi e dal palermitano Mangiaracina – rispettivamente classe 1987 e 1985 – con questa storia ambientata in un futuro distopico, che al netto della pandemia ha molto in comune con il presente che stiamo vivendo e che in fondo tratta della paura di diventare (realmente) adulti. “Ho appena compiuto trent’anni”, dice Lavinia, la protagonista che è anche l’io narrante, “all’improvviso mi sono ritrovata a comprare una casa, a lavorare tutto il giorno, a scopare solo quando capita e a passare il resto della giornata assorta nei pensieri, per trovare qualcosa a cui attaccarmi, per andare avanti. Ma non è così semplice. Niente è più semplice a trent’anni”.
Ne abbiamo parlato con gli autori Veronica e Dario, che nelle prossime settimane presenteranno il libro con una serie di incontri in giro per l’Italia, per poi dare il via al loro nuovo tour nei club, il prossimo 17 marzo all’Atlantico di Roma.
Con Maimamma vi siete uniti alla schiera dei musicisti e cantanti che pubblicano libri, anche se a differenza di altri avete puntato non su un’autobiografia, né su una raccolta di riflessioni sulla musica, ma su un racconto di fantasia. Innanzitutto, quanto ci tenete che lo si chiami romanzo?
Dario: Per noi è un romanzo e faremo di tutto per chiamarlo così. Capiamo benissimo l’ironia che si può fare al riguardo, ma…
Viviamo un’epoca in cui si pubblica la qualsiasi, un po’ di ironia e autoironia ci sta, no?
Veronica: Assolutamente, tant’è che anche per noi risultava un po’ difficile fare i conti con l’idea di mettere nero su bianco questa storia. Mi rendo conto che tra i musicisti autori di libri ognuno tirerà acqua al suo mulino, ma nel nostro caso c’è da dire che la storia al centro di Maimamma ce la portiamo dietro da tanto, da più di dieci anni. Lo stesso My Mamma, il disco, è frutto di una drammaturgia nascosta che deriva proprio da lì, anzi, noi avremmo voluto pubblicare il libro prima dell’album: ci piaceva l’idea che potesse essere utilizzato quasi come un libretto d’opera da leggere durante l’ascolto delle canzoni. Perché di fatto il romanzo apre una voragine sui temi che affrontiamo con la nostra musica, è un altro pezzetto del puzzle.
In che senso vi portate dietro questa storia da più di 10 anni?
Dario: Nel senso che il romanzo è la versione finale di un racconto che avevo iniziato a scrivere nel 2009, quando ancora io e Veronica non ci conoscevamo, e che parlava, appunto, di una donna, Lavinia, che rimaneva incinta alle soglie dell’apocalisse. In quel periodo ero in rotta di collisione con la mia vecchia compagnia teatrale, dopo il debutto di uno spettacolo eravamo lì lì per scioglierla, e io mi ero buttato nella scrittura per riempire il vuoto che il teatro mi stava lasciando. Quando, tempo dopo, incontrai Veronica, ero così dentro al racconto – all’epoca era lungo circa 80 pagine – che gliene parlai subito, fino a che nel 2012-13, nel periodo in cui eravamo occupanti del Teatro Garibaldi di Palermo, lo usammo come base per uno spettacolo che abbiamo realizzato insieme. Da allora è una storia che maneggiamo entrambi. Semplicemente, com’è accaduto a molti, durante la pandemia abbiamo avuto il tempo di svilupparla, di sistemarla.
Non è che la prima volta che incontrasti Veronica, pensasti che ti ricordava Lavinia, la protagonista del romanzo?
Dario: No, adesso Veronica si è fatta bionda per provare ad assomigliarle, ma Lavinia è sempre stata un personaggio di fantasia.
Veronica: Mi sto lentamente trasformando…
Dario: Ma la verità è che Lavinia ha avuto tante facce, è in parte anche la protagonista di diverse nostre canzoni.
Veronica: Esatto, è un personaggio che ci ossessiona da tempo, figurati che a un certo punto è diventato pure un gioco di scacchi: c’è stato un periodo in cui ci eravamo fissati con gli scacchi, giocavamo spesso fino a tarda notte e avendo perso delle pedine ne avevamo costruite di nuove con il Das che, appunto, raffiguravano Lavinia e altri personaggi ora finiti nel libro.
Dario: Tra cui le attiviste del gruppo Le Nane da Giardino, altro elemento del romanzo che si lega alla nostra esperienza al Garibaldi, ai ricordi delle assemblee chilometriche che facevamo.
Si può dire che Maimamma rispecchia soprattutto il lato attivista del vostro progetto musicale?
Veronica: Beh, sì, ci sono dentro i nostri temi, le lotte che appoggiamo, anche quelle che vorremmo intraprendere, ma che non abbiamo ancora capito come. Penso in primis a tutti i discorsi sull’ecologia e sull’importanza di poter vivere in un pianeta sano sia per noi, sia per chi verrà dopo di noi. Perché crediamo che nel nostro piccolo potremmo fare di più, potremmo sperimentare e abbracciare delle abitudini ancora più incisive, nell’ambito della lotta quotidiana ai cambiamenti climatici: non possiamo pensare che basti la raccolta differenziata e chiudere così la questione, sarebbe troppo poco.
Dario: E sotto questo profilo abbiamo Lavinia, Claudia e altri personaggi del libro, a ispirarci.
Personaggi che si muovono in uno scenario distopico, ma non così lontano dalla realtà attuale…
Dario: A questo proposito non ti nascondo che il processo di scrittura è stato strano. Perché da un lato ci tenevamo ad allontanarci dall’attualità stretta per evitare di parlare di pandemia, lockdown e simili: quel tipo di lessico lo abbiamo bandito. Dall’altro, mentre scrivevamo ci rendevamo conto che tante cose che ci venivano in mente per arricchire il romanzo non erano così lontane dalla realtà che stiamo vivendo, anzi.
Veronica: Pensa che Dario i viaggi dei ricchi nello spazio li aveva già inseriti nella prima stesura del racconto.
Dario: Già, pazzesco… Sarà che era tutto un po’ nell’aria.
In Maimamma s’intrecciano argomenti da sempre centrali nella vostra poetica come l’ambientalismo e l’identità sessuale e di genere. Ma non solo: la storia del biscottificio in cui lavora Lavinia mette in luce una questione cruciale per la nostra società, quella dello sfruttamento del lavoro, lasciata perlopiù ai margini del dibattito pubblico.
Dario: Ti dirò che io odio quando di certi temi sociali si parla troppo, specie quando a farlo sono marchi: le pubblicità dei brand automobilistici che parlano di ambientalismo mi fanno venire voglia di staccare tutto! Ma questo è ciò che fa il capitalismo: fa sue le ragioni di certe lotte ammorbidendole e annacquandole, trasformandole in claim. Basti pensare a cos’è successo con la cosiddetta diversity: ecco, quando iniziano a usare l’inglese, c’è già da preoccuparsi… Quanto al tema del lavoro, non mi sembra ci sia nessuna voce in grado di affrontarlo in maniera seria e credibile, al momento. È più complicato parlarne, per gli stessi motivi per cui è difficile discutere di patrimoniale: noi nel libro lo facciamo e anche di questo dobbiamo ringraziare Lavinia.
Veronica: Sì, perché Lavinia si muove tra amori, amicizie, desideri mancati, fallimenti, si ritrova a dover compiere delle scelte non semplici, ma in tutto ciò è una lavoratrice, in quanto tale costretta ad affrontare un cambiamento radicale dell’industria del lavoro da cui dipende il suo sostentamento.
Mentre leggevo mi chiedevo se avete pensato che il libro potrebbe essere una buona lettura per i ragazzi più giovani: vi piacerebbe raggiungere quel tipo di pubblico?
Veronica: Sarebbe molto interessante e sì, ci abbiamo pensato a quello che dici. Anzi, di più, ci siamo immaginati di distribuire il libro sottobanco nei licei, nelle scuole, negli spazi frequentati da adolescenti, ed è un’idea che ci ronza tuttora in testa. Con Maimamma crediamo di poter raggiungere una platea anagraficamente variegata, composta da ragazzini e ragazzine come da uomini e donne adulti, ma al tempo stesso ci piacerebbe conoscere il punto di vista dei più giovani sul romanzo, non a caso abbiamo richiesto, per le presentazioni che faremo, di coinvolgere realtà e associazioni come quelle coinvolte da eventi come il Giffoni Film Festival e il festival di Internazionale Kids. Una ragione è che i teenager, avendo ancora poche corazze rispetto a noi che siamo un po’ più grandi e ci portiamo dietro qualche schema di troppo, possono trattare certe tematiche con naturalezza, senza briglie, senza pregiudizi.
Dario: Del resto, è anche per questa ragione che abbiamo scelto un tipo di scrittura pop adatto a un pubblico giovane. E in effetti la nostra partecipazione al Giffoni la scorsa estate ha influito: siamo stati intervistati da un gruppo di ragazzi tra i 15 e i 18 anni e quella freschezza, quella libertà di pensiero, la loro necessità nel porre questo o quell’altro interrogativo, ci hanno fatto volare. Lo scambio con le nuove generazioni è stimolante, se pensi che ora i detentori della battaglia contro i cambiamenti climatici hanno meno di 20 anni…
Mentre a un Maimamma in versione musical, ci avete pensato? Dato che, come si sa, arrivate dal teatro…
Dario: Ma certo, noi abbiamo iniziato proprio con i musical!
Veronica: Dario con un super sofisticato I miserabili, io con un ultrapop Jesus Christ Superstar.
Dario: Il bello è che siamo rimasti esattamente quelli di allora, per cui, boh, uno spettacolo musicale che abbia dentro i temi e i testi di Maimamma potrebbe starci, chi lo sa. È che il musical è una cosa che o la sai fare o è meglio che lasci perdere, perché rischi di mettere su una cagata. Ma se qualcuno a Broadway dovesse interessarsi…
Veronica: Andrew Lloyd Webber? (ride).
C’è un altro tema importante in Maimamma, come si evince dal titolo, ed è quello della maternità: cosa potete dirmi di questo?
Veronica: Che non è un tema facile, perché nella testa della donna si accompagna spesso a una grande paura. La paura di ritrovarsi con la propria quotidianità stravolta, con il corpo trasformato, non a caso nel libro abbiamo inserito dei sogni che Lavinia ha dopo che è rimasta incinta e nei quali vede questo esserino dentro di sé che a poco a poco, nutrendosi dall’interno delle sue passioni e dei suoi organi e quindi crescendo e acquisendo forza e vitalità, finisce per tramutarla in brandelli di tessuto da cui, in compenso, il figlio o la figlia uscirà forte. Perché è così: c’è questo terrore, nelle donne che desiderano diventare madri o che pensano a questa possibilità, di essere messe da parte.
Ho amici con figli che sono felici, naturalmente, ma nulla mi dissuade dal pensare che la maternità sia un momento estremamente delicato, perché i figli si prendono energia e tempo, perché tu stessa come madre vuoi dare loro tutto il possibile, e tutto ciò ti toglie inevitabilmente da quella condizione di protagonista della tua vita che avevi prima di metterli al mondo. E Lavinia da questi timori si lascia un po’ mangiare, al punto che a poco a poco si trasforma in un io monologante che a tratti risulta folle, presa com’è dalle sue ossessioni e paure: non trova pace nella maternità, lei, e non so se mai la troverà, forse per permetterglielo dovremmo immaginarci un sequel. Il punto è capire che non solo non finisce il mondo, se si fanno figli, ma non finisce nemmeno l’epoca della propria identità lavorativa e sociale. E che anche dopo una gravidanza si rimane donne piacenti, con dei desideri, con una sessualità più o meno spinta.
La sessualità è un elemento non secondario nel libro e ho notato che per le scene di sesso avete puntato su una scrittura molto esplicita, carnale: quanto era importante, questo, per voi?
Veronica: Tantissimo, perché siamo del partito del corpo e non possiamo farne a meno. È come se il nostro plesso solare, anziché all’altezza del petto, si trovasse più giù, nelle viscere, e ci guidasse da là. Lavinia siamo noi, quindi parla la nostra lingua. E avere pagine su pagine da disseminare di corporeità, invece che tre minuti di canzone, ci ha dato l’opportunità di spingere ancora di più in quel senso.
Dario: Il linguaggio erotico è complicato da inserire nella forma canzone, con il libro non avevamo quel limite.
A un certo punto nel libro si accenna all’importanza della ritualità nell’esistenza umana: che cos’è per voi la ritualità?
Dario: È lo schema che noi donne e uomini ci siamo creati per sopravvivere alla consapevolezza della morte, e di vita e morte si parla tanto, in Maimamma. Mi viene in mente una mostra di Bill Viola che abbiamo visto di recente, su un pannello era riportato un pensiero dell’artista che più o meno diceva «abbiamo bisogno di nuovi simboli sacri». Ed è vero, io non sono credente, ma a Palermo, dove sono cresciuto, ho sempre vissuto in maniera molto passionale le processioni dei santi e credo fermamente che ci sia bisogno di esorcizzare certe paure e certi dilemmi attraverso dei riti anche laici. Faccio un esempio banale: come seppellirò i miei cari quando moriranno? Li porterò in chiesa o organizzerò una festa? E se opterò per la festa, come la farò?
Anche il valore dei concerti risiede nel loro essere espressione di una ritualità collettiva, o no?
Veronica: Sì, e a proposito di questo mi viene da pensare a Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa, uno spettacolo di Eugenio Barba e Lorenzo Gleijeses che abbiamo visto ieri in cui proprio la pulizia e la precisione dei movimenti sulla scena e il loro inserirsi in uno schema con un inizio, uno svolgimento e una fine sono esattamente ciò che fa sentire gli spettatori profondamente coinvolti nell’azione, come travolti dai gesti dell’attore. Ecco, per me la ritualità è questo, è la base del teatro, della magia, è lo scheletro di ogni spettacolo dal vivo che proprio perché improntato su uno schema con dei limiti e delle convenzioni ti dà la libertà, all’interno di quello stesso schema formale, di proporre dei contenuti potentissimi.
Dario: È così, la ritualità è linguaggio, è un codice collettivo che ti fa sentire parte di una comunità.
Veronica: E anche se si è abituati ad associarla alle domeniche in chiesa, oltre che nei contesti religiosi può prendere forma nei contesti più disparati.
Chi scrive solitamente ama leggere: quali sono i vostri riferimenti letterari?
Dario: Io citerei Schulz con Le botteghe color cannella, libro che ho amato molto, e Julio Cortázar con Storie di cronopios e di famas.
Veronica: Io amo Ágota Kristóf: Trilogia della città di K., La chiave dell’ascensore, Dove sei Mathias?, L’ora grigia sono testi che mi sono rimasti impressi per la scrittura semplice, diretta, scarna e però realistica dell’autrice. Kristóf raccontava esattamente ciò che osservava: un cane che ha un rapporto sessuale con una ragazza col labbro leporino; una donna che poco a poco viene mutilata da un dottore… Dopodiché sono rimasta anche molto affascinata da Quando Teresa si arrabbiò con Dio di Jodorowsky, per quell’idea interessantissima di cercare di trasformare la storia della propria famiglia in un mito, in un’epica piena di fantasia e per questo utile non per allontanare il dolore, ma per esorcizzarlo.