La risposta del Ninja: intervista ai Die Antwoord | Rolling Stone Italia
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La risposta del Ninja: intervista ai Die Antwoord

Tutti li copiano ma Ninja e Yolandi vanno sempre avanti per la loro strada (e a volte si incazzano). Intanto il loro nuovo disco è un’altra bomba pronta a esplodere

Foto: Amanda Demme

Foto: Amanda Demme

Meglio non fare incazzare i Die Antwoord. Ne sa qualcosa il regista David Ayer, accusato (via Instagram) da Yolandi, 1/3 femminile della band – gli altri sono il rapper Ninja e il dj Hi-Tek (che di recente ha cambiato in nome in God – perché no?) – di avere copiato in Suicide Squad un sacco di loro idee: “Sei una merda. Dovresti fondare una crew e chiamarla ‘Sono uno stronzo’. Chiedi a Kanye se vuole unirsi”. Ed è solo l’episodio più recente.

Non è quindi con il più tranquillo degli animi che arrivo a Genova per incontrare la band rap-rave sudafricana, qui per la seconda data italiana del loro tour europeo. Ma questa città si abbina perfettamente: come i Die Antwoord, è un po’ truce, dice le cose in faccia, se ne sbatte di piacere a tutti.

Un hotel da congressi è il luogo un po’ squallido designato per l’intervista – non potrebbe c’entrare di meno con personaggi del genere. Ed ecco finalmente apparire Ninja, in tutta la sua allampanata coolness: pantaloni a tema Grattachecca & Fichetto (il mitico meta-show dei Simpson), t-shirt smanicata con il ritratto di Yolandi (chi altri, sennò?), sneakers alte e colorate. Seconda sorpresa: è un simpaticone, e mi invita subito nella sua camera (dotata di comode poltrone) per non restare nella lobby dell’hotel come «due businessman del cazzo» (parole sue).
Se sono qui, è per parlare con lui del loro quarto disco, Mount Ninji and Da Nice Time Kid. È stato preceduto quest’anno dal mixtape Suck on This, pieno di cose interessanti come la sexy-dirty latineggiante Bum Bum, l’ode ai rilassanti vapori vacanzieri Dazed & Confused, e l’intensificarsi della collaborazione con Black Goat, l’illustre DJ Muggs dei Cypress Hill.

Un lunghissimo trip

Nel suo inglese tinto di afrikaans, che sembra fatto apposta per rappare e fare brutto, Ninja la prende alla lontana: «I nostri album sono come un’unica opera. Il nostro nome significa “la risposta”. Qualcuno ci ha chiesto: ok, ma la risposta a cosa? Ogni nostro album è una risposta. Una volta non ci conosceva nessuno e volevamo andarcene dal Sudafrica, ma non sapevamo come. Quando abbiamo creato questa musica, ci siamo guardati e abbiamo detto: ecco la cazzo di risposta». Ok, ma il nuovo album? «Il primo disco si chiamava S.O.S., “Save Our Souls”. All’epoca avevamo un figlio, ma non avevamo un lavoro vero, e sentivamo che per noi era l’ultima possibilità di fare quello che ci piaceva, essere rapper, artisti. La vita normale era troppo noiosa. Se non ce l’avessimo fatta con quel disco, saremmo stati fottuti».

DIE ANTWOORD - BANANA BRAIN (Official Audio)

Qui devo mostrare qualche preoccupazione sulla direzione dell’intervista, ma Ninja cerca di rassicurarmi: «Sto andando verso la tua domanda, giuro! Abbi fiducia!». Ok, allora. Ninja non ha alcuna fretta. Più tardi mi confesserà che erano anni che non concedeva un’intervista così lunga e rilassata. Quindi: guida tu, bro. «Quando abbiamo avuto successo, è stato come prendere un lunghissimo trip, non riuscivamo a credere che fosse vero. Una mattina mi sono svegliato e avevo ricevuto 5.000 email. Tutti volevano lavorare con noi, produrci. I fan ci scrivevano. A quel punto mi cagavo sotto. Ero terrorizzato che potesse sparire tutto. Poi sono arrivati i commenti cattivi su Internet, i voli in business, il contratto con una casa discografica che ci voleva mettere insieme a Lady Gaga e Black Eyed Peas, merda commerciale del genere. Così, abbiamo restituito il milione di dollari di anticipo e abbiamo fondato Zef Records, la nostra etichetta. Tension, il nostro secondo album, si chiama così proprio per descrivere il clima in cui è nato». A proposito di Lady Gaga e del non fare incazzare i Die Antwoord, è famoso il loro litigio di qualche anno fa, culminato con una sosia di Gaga che si fa estrarre un gamberone dalla vagina nel video di Fatty Boom Boom (e poco dopo viene divorata da un leone): «È una parassita. Adesso con questa storia del jazz si è messa persino a copiare Amy Winehouse».

Il terzo disco, Donker Mag (“Forza oscura”) è frutto di un momento ancora più buio: «Il rapporto tra me e Yolandi è sempre stato una bomba creativa, ma a livello personale tutta quella tensione rischiava di far saltare tutto, di distruggere la band. Per cui abbiamo deciso di mettere una distanza tra noi. Siamo rimasti amici, e non è stato facile, è stato un miracolo. Ugly Boy, uno dei pezzi di quel disco, è una canzone d’amore, in cui ci diciamo addio, e allo stesso tempo promettiamo di restare uniti per sempre. È stato bello e tragico allo stesso tempo».

Con il Gesù dell’hip hop

E arriviamo, finalmente, alla genesi del quarto disco: «Quando abbiamo incontrato Dj Muggs è stato qualcosa di trascendentale». So che uno dei loro eroi è Aphex Twin (hanno utilizzato un sample del suo pezzo Ageispolis per Ugly Boy, e compare anche in un cammeo nel video): «Aphex è un artista solitario, non è in grado di fare il producer. È il mio mito, un genio, ma… è troppo strano! È come un ragazzino di 12 anni. (Ride). Muggs è sempre stato la nostra prima scelta. Lui è il Gesù dell’hip hop. Ucciderei per lui. È una specie di sensei». Come tutti gli eventi migliori, l’incontro è avvenuto per caso: «Eravamo a L.A. a una quinceañera, una festa messicana, insieme a un nostro amico che fa il fotografo gangsta. Era pieno di tipacci, low rides, e qualcuno a un certo punto mi fa: “E questo è Muggs”. Io e Yolandi siamo morti. Soprattutto quando lui ci fa: “La vostra roba mi piace”. E così abbiamo iniziato a fare musica insieme, musica assurda, divertendoci di brutto». E Mount Ninji and Da Nice Time Kid sembra davvero una svolta per i Die Antwoord. «Siamo cambiati. Io non ho più paura. “Mount Ninji” vuole rappresentare il mio stato d’animo più saggio. Sono ancora bello matto, ma ora sono solido, niente può danneggiarmi. E Yolandi è diventata la vera leader della band. È sempre più brava, feroce e punk, ma è riuscita a mostrare il suo lato vulnerabile. “Da Nice Time Kid” è lei: il nome deriva da una gang sudafricana, gente fuori di testa».
Mount Ninji va in tante direzioni diverse, dal rave al trap all’old school – e Rats Rule, un fantastico pezzo da osteria pirata con Jack Black à la Tom Waits – per chiudere inaspettatamente con un paio di tracce delicate. Ma tutto sembra tenuto insieme da una nuova attitudine. È un disco scatenato, ma sereno. «È stata un’avventura. Il segreto è nell’unione che abbiamo trovato tra hardcore e pop. BOOM! Hardcore pop. Ecco la nostra cazzo di risposta».

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