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La scampagnata italiana degli Altered Hours

Tre ragazzi e due ragazze irlandesi stanno per mostrarci in quattro date la loro visione di psych rock e di kraut. Leggi l'intervista

Gli Altered Hours sono tre ragazzi e due ragazze. Proprio oggi che si regalano mimose, vi proponiamo una band irlandese che sfoggia un’invidiabile quota rosa.

Tre EP psichedelici all’attivo, i ragazzi di Cork City stanno promuovendo l’uscita del loro primo album, In Heat Not Sorry, sugli scaffali ormai da fine gennaio. Come mi spiega Cathal (uno dei due cantanti), però, le quattro date che stanno per fare in Italia non sono da considerare un tour. Piuttosto, un mini-tour italiano, che può lasciare spazio anche a qualche gitarella turistica.

Se vi dovesse incuriosire il loro psych roch inzaccherato dal kraut, sappiate che gli Altered Hours stanno per suonare a Venezia, Osimo, Savona e Viareggio. Tutte le info sul loro sito.

Che fate, siete in tour?
No, diciamo che queste quattro date in Italia sono un mini-tour molto particolare. La prima di queste è a Venezia ma arriviamo in aereo qualche giorno prima per goderci la città.

Ah, io vi immaginavo già on the road su un pulmino sgangherato.
Nei tour più grandi lo facciamo, con un van che possa accogliere la band e i suoi strumenti comodamente. Ma in questo caso particolare l’agenzia di booking è stata tanto gentile da metterci a disposizione un pulmino con autista che ci scarrozza in giro e ci viene pure a prendere all’aeroporto.

La copertina di “In Heat Not Sorry”

È la vostra cantante che impazzisce nella foto di copertina dell’album?
No, la foto è stata fatta dalla fotografa Magdalena Switek, che sta conducendo un bellissimo lavoro sulle varie fasi della crescita di sua figlia. Abbiamo visto la foto sul suo sito e l’abbiamo subito contattata per chiederle di usarla per l’album. Ha ascoltato il disco e fortunatamente le è piaciuto abbastanza per dirci di sì.

Oltretutto la tizia in foto sembra un pochino altered.
Il nostro nome collega tutti i membri della band. Il senso di quell’altered è strettamente psichedelico, si lega all’esperienza di suonare tutti insieme.

Il nome del disco invece sembra un anagramma: In Heat Not Sorry.
La prima volta che qualcuno della band ha proposto questo nome—è stata Elaine, la cantante—siamo scoppiati a ridere. All’inizio avevamo mille idee ma quando abbiamo scremato a 20/30 proposte per il nome ci siamo resi conto che solo In Heat Not Sorry era perfetto per il disco e nessuno riusciva a spiegarsi il motivo. Per quanto mi riguarda ha a che fare con la sensazione che provi quando suoni il rock n roll sul palco, quando te la godi proprio. Noi irlandesi siamo molto convinti di ciò che facciamo, qualsiasi cosa facciamo. Quindi è un modo per metterci dell’orgoglio. Nessuna vergogna o dispiacere per chi suda su un palco.

Siete irlandesi ma registrate a Berlino, come mai?
Abbiamo avuto la fortuna di registrare in Germania due volte. La prima volta è stata nel 2012, ci ha invitato Anton Newcombe dei Brian Jonestown Massacre che ci ha prodotto il primo EP, Sweet Jelly Roll. È stato super gentile a prestarci lo studio, tutti i suoi macchinari e pure il suo fonico. Ci siamo trovati così bene anche con quest’ultimo che, al momento di registrare l’album in un altro studio a Berlino, è stato entusiasta fin da subito all’idea di darci una mano.

È davvero un album tedesco nel senso più kraut e motorik del termine. Si sente subito.
Ci piace sguazzare in quella roba lì, è proprio un terreno che abbiamo in comune nella band. Non so se l’essere stati a Berlino abbia influito, forse sì.

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