Rolling Stone Italia

L’evoluzione del rap secondo Anastasio

Il rapper campano si racconta e restituisce la propria visione dell’hip hop in un nuovo episodio di Rolling Stone Italia x Ploom
Anastasio

Credits: Mattia Bernabè

È giovedì 7 dicembre e sul lungomare napoletano l’aria di festa che si respira è a dir poco tanta. Non solo per il clima natalizio o il weekend alle porte, ma per un incantevole fascio di luci che al tramonto inebria il cielo partenopeo incuriosendo i tanti passanti che imboccano via Partenope dallo storico curvone, lasciandosi così il Vesuvio alle spalle. È il preludio dell’evento Ploom, marchio del gruppo JTI, allestito per promuovere il lancio nel capoluogo campano di Ploom X, l’innovativo riscaldatore di tabacco che garantisce 5 minuti di sensazioni illimitate. Una serata esclusiva con protagonista il rapper Anastasio, le dj Jessica Ferrara e Sara Bluma, e un palco inedito: il balcone dell’Hotel Santa Lucia con vista mozzafiato su Castel dell’Ovo. Il musicista di Meta ci ha raggiunto in camera d’albergo poco prima del concerto, per raccontarci aneddoti sulla sua parabola artistica, offrirci la sua personale percezione dell’hip hop e molto altro ancora.

Credits: Mattia Bernabè

«Ho scoperto il rap con Eminem. Ero piccolo e non capivo le parole, ma la carica emotiva che mi arrivava era fortissima», ricorda Anastasio mentre ripensa alla sua infanzia e ai primi contatti con l’hip hop. Il rapper di Meta lega l’universo di parole che circonda ogni giorno la sua mente e la voglia innata di comporre sempre nuova musica: «Vivo la mia vita cercando di combattere un continuo flusso di coscienza che vaga nella mia testa: è un monologo interiore che va avanti all’infinito e da cui cerco di costruire i miei pezzi». I pensieri di Anastasio sono un caleidoscopio di umori legati a momenti indimenticabili della sua parabola musicale: «Sul palco del Primo Maggio ho vissuto i cinque minuti più importanti della mia carriera. C’erano centomila persone e in quel momento pensai che soltanto due anni prima avevo fatto il mio primo concerto davanti a dieci sedie di plastica». E poi, ripensando ai cinque minuti che precedono un suo concerto, Anastasio svela una sorprendente fase zen: «Li vivo in modalità risparmio energetico. All’inizio non sono mai carico, mi accendo solo dopo. Quei cinque minuti per me sono come una meditazione». Una calma che traspare anche dalla compostezza con cui Anastasio risponde alle nostre domande poco prima del suo live partenopeo per Ploom sul suggestivo balcone dell’Hotel Santa Lucia, uno dei più iconici del capoluogo campano.

Se però l’inizio di un concerto è vissuto da Anastasio in contemplazione, i cinque minuti che precedono l’uscita di un suo nuovo album sono al contrario affrontati con energia: «Mi sento fibrillante perché mi piace condividere la musica, che è per me anche l’aspetto più importante». Ma chi è realmente Anastasio? Un rapper come tanti altri o un guerriero solitario? Il diretto interessato ha le idee molto chiare sul significato di hip hop, inteso come conoscenza e movimento, ovvero hip is the knowledge and hop is the movement: «La conoscenza non è sempre propedeutica al rap. Il movimento è inoltre distante da me, perché non faccio parte di nessun gruppo di persone. Brancolo nel buio, viaggio da solo». Parole che definiscono l’anima di un artista solitario, distante da crew o combriccole. Anastasio ha una visione espansa del rap. E lo esprime a chiare lettere. Soprattutto quando immagina il futuro: «Sto pensando di scrivere un concept album complesso, come Storia di un impiegato o The Wall. Non voglio certo paragonarmi a De André o ai Pink Floyd. Ma lo spirito è quello di creare un’opera sfaccettata, stratificata, che è anche il motivo che mi spinge a fare rap». Ambizioni, sogni nel cassetto e visioni inedite di un musicista sui generis, che cita implicitamente il maestro Miyagi di Karate Kid mentre espone la propria idea di libertà: «Il freestyle è il non pensato. Lo spirito del freestyler è non avere filtro tra cervello e parola. Insomma parlare nello stesso instante in cui si pensa. Un po’ come in Karate Kid: non bisogna pensare di colpire, ma farlo e basta».

Credits: Mattia Bernabè

Non solo cinema. Anastasio trae linfa anche dalla poesia, come nei versi di Magari, in cui rilegge il poeta marchigiano Massimo Ferretti: «La carezza sognata è un miracolo azzurro». Quello bramato da Anastasio è un azzurro «celestiale». Intuizioni che animano la scrittura di un rapper per cui il motto di Gil Scott-Heron, The revolution will not be televised, the revolution will be live!, oggi purtroppo non ha più molta connessione con la realtà: «È una frase che aveva senso quando l’hip hop era un movimento di rivolta. Oggi l’underground scompare perché il rap è mainstream». Riflessioni insolite per un musicista classe 1997, che anticipano il live sul balcone con vista su Castel dell’Ovo.

Un’esibizione esplosiva che segue la serie di video-interviste Rolling Stone Italia x Ploom, marchio del gruppo JTI, per promuovere il lancio nella città partenopea di Ploom X, l’innovativo riscaldatore di tabacco che garantisce 5 minuti di sensazioni illimitate. Anastasio sale sull’inedito palco preceduto dalle sonorità house della dj partenopea Jessica Ferrara e da cinque minuti di musica elettronica, che accompagnano il filmato realizzato da Ploom, tra luci a intermittenza che accarezzano la facciata dell’albergo napoletano, e istantanee da trailer cinematografico hollywoodiano. Attimi mozzafiato prima che la hit sanremese di Anastasio, Rosso di rabbia, accenda il pubblico con il suo flow adrenalinico, sospeso su riff rock e beat possenti. «Panico, panico, sto dando di matto», cantano le persone in coro. Neanche il tempo di scaldarsi, e il piano e gli archi di Vorrei la verità avvolgono il cielo e le stelle di Napoli: «Puoi essere quello che vuoi, scordarti quello che sei», ripete Anastasio. Segue un sentito ringraziamento: «Grazie popolo, vi farei un inchino». È il preludio al cuore del concerto: Narciso attacca ed è subito uno tsunami di emozioni mentre Anastasio canta: «Vorrei guardare te come fisso il vuoto e fuori il terremoto». Il rapper si sposta sul balconcino come se fosse un ring: incassa gli applausi e replica alla sua maniera, con una versione intensa de La fine del mondo, uno dei suoi banger, fino a sterzare come un motociclista su una chicane di parole e l’altra: «Sogno una folla che salta all’unisono», e Napoli lo accontenta. «Non ve ne andate che si balla ancora», incalza Anastasio. Cinque minuti di relax e arriva l’elettronica danzante dell’algerina Sara Bluma: l’ultima ondata di musica dal vivo in una serata dal gusto unico.

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