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Loraine James è la coscienza musicale dei club britannici

Nell'album 

‘Reflection’ la producer esamina cosa significa vivere la scena dei club con beat frammentati e testi minimali. Qui racconta la sua idea di musica e se la prende con l’ipocrisia di certi dj

Foto: Serena Brown per Rolling Stone US

Gli artisti che hanno registrato musica durante il lockdown si dividono in due categorie: quelli che si sono gettati nell’introspezione e quelli che hanno anticipato l’edonismo post pandemico dell’estate 2021. Loraine James ha trovato il modo per sintetizzare le due cose. Reflection, l’ultimo album della producer della scena londinese, mantiene a pieno la promessa del suo titolo, non solo perché offre una versione distorta e raffinata del suono dei club UK, ma anche perché esamina da vicino – attraverso beat ansiosi, testi frammentati e sprazzi occasionali di serenità – cosa significa far parte di quel mondo.

Reflection è la terza uscita in tre anni per la musicista 25enne, e segue il debutto del 2019 You and I e l’EP Nothing, pubblicato all’inizio della pandemia. «È la prima volta che mi diverto con un mio progetto», dice in collegamento su Zoom dalla sua casa a Londra.

Incastonati tra melodie sfuggenti, i testi di Reflection sono più personali rispetto a quelli dei lavori precedenti di James. Qui la producer riflette su concetti come identità, comunità e sicurezza di sé. Insieme a lei c’è una squadra di cantanti, dal rapper Le3 bLACK di Black Ting (“Non cercherò più roba vera / Basta piangere, è lampante”) a Eden Samara, che canta nella sublime Running Like That (“Scappo da loro di continuo / Sanno che mi sto nascondendo”). Nella maggior parte dei casi, però, è James stessa a dare voce alle sue preoccupazioni. “È come con le cose semplici / Ti piacciono le cose semplici / Ma a cosa portano?”, chiede nel singolo di lancio del disco.

James spiega subito che i suoi testi sono diretti e frammentati tanto quanto i beat. «Non sono tanto brava a scrivere», dice timidamente. «Mi piace dire tre cose e stop… amo i testi brevi». Tuttavia, riesce a centrare il punto. In Self Doubt (Leaving the Club Early) mette in discussione una scena insulare e il posto che occupa al suo interno. “Odio la musica che sto suonando / È per questo che andate via”, canta. “Per questo non balla nessuno / Nessuno si ama / Nessuno beve”.

Cresciuta nelle torri di Alma Estate, a Londra, pur conoscendo la scena dei club all’inizio James preferiva altri generi. Sua madre le ha fatto scoprire calypso e funk, e da teenager era attirata dal punk-pop e dalle band emo come Paramore e Death Cab for Cutie. All’università ha studiato Commercial Music, una sorta di corso accelerato per diventare produttrice di canzoni pop adatte alla radio.

Nel tempo libero, James ha iniziato a produrre musica elettronica e ambient tutto meno che ordinaria. Descrivendo il suo suono pieno di glitch, parla di come le canzoni abbiano bisogno di «una botta», di qualcosa che cambi il beat di continuo. «Riesco a tenere vivo l’interesse della gente, e anche il mio, solo per breve tempo», dice. «Per questo mi piace cambiare sempre, tenere tutti sull’attenti, spiazzarli. A volte lo faccio per ridere, ma suona figo». L’esempio migliore è On the Lake Outside, la traccia col featuring di Baths, che inizia in maniera armonica e poi esplode nel bridge più caotico del disco.

Nonostante i suoi studi, James non pensava di vivere di musica – si aspettava di diventare un’insegnante, come la madre – e non ha paura di criticare il modo in cui si sono comportati alcuni produttori EDM durante la pandemia. In quanto donna nera e queer, vedere quanti dj famosi hanno ignorato le proteste di George Floyd l’ha scoraggiata, soprattutto perché preferivano suonare a rave party dove il pubblico non indossava la mascherina né rispettava il distanziamento sociale.

«È difficile perché ho già visto le line-up dei prossimi festival, ci sono gli stessi nomi che hanno suonato durante la pandemia», dice. «È come se nessuno si aspettasse un cambiamento, no?».

Al di là delle critiche alla scena, James è pronta a portare i suoi esperimenti oltre i limiti della club music. È tornata a registrare con una chitarra Midi, uno dei primi strumenti da producer che ha imparato a padroneggiare, e spera di incorporare elementi rock nel suo suono. «Sto chiudendo il cerchio», dice, poi ride all’idea di un suono ibrido tra Midi ed elettronica. In realtà, è un mix così strano che potrebbe funzionare.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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