Il futuro tecnologico ci spaventa. Ci spaventa perché siamo sempre più lontani, fisicamente, ma anche con il pensiero e l’immaginazione, dalle black box in cui la tecnologia avviene. L’idea che un’intelligenza artificiale possa prendere il sopravvento ha creato due filoni di pensiero, da un lato quello dei doomer, coloro che credono che lo sviluppo tecnologico ci porterà alla rovina, dall’altro quello dei solarpunk che invece credono possa essere l’ultima ancora di salvezza del nostro mondo. Si sa, nella Silicon Valley si gioca spesso a credersi divinità, ma questo nuovo shift verso una divinità algoritmica sembra ora essere una rivoluzione meno lontana del previsto. O almeno è quello che credevo.
«Matteo Pasquinelli (docente di filosofia della scienza e autore di The Eye of the Master: A Social History of Artificial Intelligence, ndr), dice che non c’è niente di intelligente nell’intelligenza artificiale perché non è un’intelligenza ma uno strumento per estrarre pattern di conoscenza da grosse mole di dati», mi spiega Francesco D’Abbraccio in arte Lorem, artista multidisciplinare ex membro degli Aucan, «Lato IA c’è una grossa confusione perché abbiamo un immaginario legato ai film di fantascienza degli anni ’70, ma se vuoi anche da Pinocchio, ovvero un certo fascino per la creazione di un essere umano artificiale. L’industria e il marketing captano questa esigenza e la sfruttano per raccontare la IA come fosse una sorta di soggettività senziente. Ma non è realistico la rappresentazione di un IA come Terminator o Hal-9000. Bisognerebbe chiamarlo apprendimento automatico, così sarebbe contestualizzato».
Lorem – che a volte è solo Francesco, altre volte una pluralità (tra i collaboratori assidui il video-artist Karol Sudolski) – ha da poco pubblicato il suo secondo album, Time Coils, un lavoro d’elettronica avanzata in cui artigianato DIY e nerdismi IA convivono in uno spazio musicale senza tempo. Dopo lo splendido esordio del 2019 di Adversarial Feelings, che aveva mostrato il grande interesse per la multidisciplinarità dell’artista venendo pubblicato come album, libro, film A/V, Lorem ha continuato a esplorare in ambito audio la tecnica dell’hypercollage, nelle sue parole «collage sviluppati attraverso gli strumenti della statistica avanzata e del machine learning. Sono sostanzialmente dei collage tradizionali, frammenti che possono venire da registrazioni precedenti, da altri materiali e, nel mio caso, dall’auto-campionamento. Time Coils è fondato su un nucleo di registrazioni che ho continuato a manipolari e ri-campionare, pezzi di brano che finiscono da una traccia all’altra, pezzi di altri dischi, installazioni, che qui possono diventare irriconoscibili». E sul ruolo della IA in questa tecnica aggiunge: «Se nel collage utilizzi dei pezzi del lavoro originale, nell’hypercollage li rielaboli, li assembli con questo genere di tecnologie ed è come se la traccia diretta scomparisse. Ti danno la possibilità di ibridare, morfare», continua Lorem, «è come unire una barra rap ad un testo di Thomas Pynchon, e io sto provando ad avere questo approccio interlinguistico a partire da questi grossi archivi su cui lavoro da anni e che costruiscono la base di Time Coils». Ma capiamo meglio.
Per archivio si intendono una serie di materiali (registrazioni, campionamenti, ecc.) ordinati con un criterio scelto dall’archivista, ma non è «per me un semplice accumulo di materiali, bensì uno strumento per dar ordine a un corpus di cose. L’archivio è sempre dinamico perché ogni volta che lo fruisci puoi produrre un racconto nuovo. Possiamo pensarlo come un dispositivo per costruire narrazioni”. Questo archivio, etichettato e ordinato, è proprio il dataset per “allenare” l’algoritmo – e qui il termine machine learning – così che l’IA possa sviluppare nuove connessioni e nuovo materiale “inedito” da questo archivio. Facciamo un esempio concreto. Le voci che ascoltiamo in Time Coils sono generate a partire da questa tecnica: Lorem ha creato un archivio di sue voci registrate e campionate da canzoni, pubblicità, film. La IA ha quindi elaborato i dati, creato dei modelli e la voce di Lorem è diventata una interpolazione dei campionamenti e delle registrazioni del dataset. Le voci si situano tra le voci del dataset, ibridando le timbriche originarie. Il risultato è quello di una vocalità che raccoglie contemporaneamente voci diverse. L’ascoltatore non riesce ad orientarsi: sarà una voce reale o non reale? Ma la domanda probabilmente contiene entrambe le risposte: è una voce reale e non reale al contempo. Ma esiste, e questo è quanto.
«Credo oggi sia importante rimettere al centro della comprensione di questi strumenti e del discorso sull’IA proprio l’archivio dei dati perché questi giganteschi modelli che utilizziamo – e di cui non sappiamo nulla su come vengono trainati/addestrati – utilizzano l’archivio come vero motore», prosegue Lorem, «le cose all’interno di un archivio dialogano fra loro tramite risonanze che tu ricostruisci o suggerisci piuttosto che da una scansione del tempo diacronica, di successione, per cui cose anche molto lontane sono in assoluto dialogo. Puoi far coesistere cose di tempi e epoche differenti. A me ad esempio piace mettere in contrasto i vari noise, dal nastro di una musicassetta ai glitch della produzione digitale». Ma l’agency dell’artista non è solo nella costruzione dell’archivio e nella scelta delle soluzioni proposte dalla IA: «Tutto quello che produco è materiale sonoro che poi assemblo a mano, c’è una parte generata con l’IA, ovvero che da un corpus di campioni arriva a formare nuovi campioni, ma poi c’è una parte di cesellamento, di ricomposizione, che è molto artigianale». E chiosa: «Ho smesso di considerare l’IA come un oggetto di ricerca di Lorem, ma piuttosto come ambito di indagine riguardo le implicazioni politiche ed estetiche, temi cari alla mia casa editrice la Krisis Publishing».
Un tema caldo che si lega però a quest’uso dell’archivio, ovvero dell’uso di campionamenti e sampling per creare qualcosa di altro, è quello della proprietà intellettuale dell’opera, un tema che sta diventando sempre più critico nella musica come nel cinema o nell’immagine digitale. Lorem ha un’idea ben precisa: «Ho un punto di vista radicale che si riallaccia a una tradizione che rifiuta l’idea di autorialità come espressione che dall’interno va verso l’esterno. Penso ad esempio a Stewart Home che in un’intervista diceva che Shakespeare è sopravvalutato perché la sua voce deve molto di più a generazioni e generazione di parlanti che gli hanno dato a disposizione una lingua viva e evoluta che non alla sua capacità geniale di inventarsi le battute delle opere. Questo perché secondo lui questa visione individualista della creatività è anche figlia dello sviluppo che ha avuto la società negli ultimi secoli. E questa è una visione che condivido anche con gran parte degli autori che mi interessano come Umberto Eco e Luther Blissett (poi Wu Ming). In tanti hanno problematizzato il rapporto con la proprietà intellettuale».
Oltre a Time Coils, di cui una reference è Jerusalem di Alan Moore, Lorem è impegnato con un’installazione al Mattatoio di Roma per la mostra collettiva Archivio Contemporaneo, aperta fino al 12 maggio, una raccolta di «opere transmediali che tramite l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, di mixed e virtual reality sfideranno la nostra percezione di realtà e multidimensionalità». Lorem ci ha spiegato la sua opera: «La mia installazione – realizzata con lo studio creativo Visioni Parallele – è collegata al corpus di materiale di un mio precedente lavoro, Distrust Everything, e alle performance collegate, un dataset di archivio di sogni, ma poi si è espanso a dataset di stati di coscienza. L’opera è un grosso ledwall che funziona a mosaico e che fa emergere raffigurazioni audio-visive brevissime di stati di coscienza più o meno incompatibile (come ad esempio “estasi riflessiva” o “noia eccitata”). Un bombardamento audio-visivo che mostra stati di coscienza ambigui». Se il futuro è qui, è più che mai affascinante.