Sono arrivati in 60mila il 4 giugno all’Old Trafford Cricket Ground di Manchester per One Love, appuntamento voluto da Ariana Grande e i Coldplay, con Robbie Williams e tanti altri, per le vittime della strage del 22 maggio. La prova che la musica può cambiare le cose, e rendere il mondo un posto migliore. Solo accennare ai tristi fatti dei mesi scorsi spegne il sorriso di Loyle Carner, ex-promessa dell’hip hop che oggi è divenuto una bella realtà: il suo seguito su Spotify cresce di 20mila persone al giorno, e ha già incassato il sostegno di artisti come Kate Tempest e Madlib. Allo stesso modo il suo primo album Yesterday’s Gone (2017) ha raccolto consenso unanime.
Portatore sano di buon umore e armonie positive, Loyle ha rivoluzionato un genere arrabbiato in un sound quasi melodioso, senza mai perdere di incisività e forza. Piace il suo rap languido, piace come artista, fra i più sinceri e poeticamente dotati del momento. Da oggi si parlerà di lui anche nel mondo fashion. Suo e dei suoi compagni d’avventura (l’artista newyorkese David Alexander Flinn e lo startupper Alexandre Robicquet) sarà il volto di Y,il nuovo profumo di Yves Saint Laurent: la fragranza racconta la storia di una generazione creativa che, per seguire le proprie passioni e realizzare i propri sogni, osa e modella il futuro. Rolling Stone lo incontra in uno dei più panoramici rooftop di Brooklyn, con una vista su Manhattan da brividi, come il timbro della sua voce.
Parliamo di musica: può salvare il mondo?
Sì, soprattutto nel momento terribile in cui viviamo. Riunisce la gente, me ne sono reso conto al concerto di Manchester, quando sono arrivati sul palco gli Oasis e i Coldplay. Con la sua voce Liam Gallagher ha creato un clima di aggregazione speciale. Lui, che solitamente è uno schivo, con un brutto carattere, ha fatto il miracolo: questa è la potenza occulta della musica.
Ho ascoltato le tue tracce: rappi in modo melodioso, fantastico!
Quando sono troppo incazzato dico cose sbagliate. Se invece sono tranquillo, mi siedo, compongo ed esprimo al meglio quello che sento. Anch’io ero sempre incazzato, come tutti i rapper, ma poi ho capito che mi veniva meglio scrivere musica in relax.
Infatti c’è serenità nella tua musica…
E anche nella tua voce, che è molto dolce e rasserenante (Adulatore!, nda).
Citando il profumo Y e arrivando a questa tua nuova esperienza, tutto inizia da una domanda: why?
La musica viene prima di tutto, fin da giovane sentivo che avrei seguito questa strada. Ma non mi sono mai accontentato di restare dentro i confini. Quindi ben venga dell’altro.
Ma un profumo cosa significa per te?
Una rottura nel tempo, una memoria, un ricordo che scivola lontano, nel passato.
Sentori che ti riportano indietro nel tempo?
Certo, la camomilla e la lavanda, mi ricordano la casa della nonna.
Come ti senti nei panni dell’ambasciatore di un brand così importante?
So che è una grande responsabilità: stiamo parlando di un brand fichissimo. Mi sento molto bene. Yves Saint Laurent era un creatore geniale e audace, rompeva gli schemi: senza paragoni, ovvio, ma mi ci ritrovo. Mi fa sentire a mio agio, nel senso che non devo fingere di essere altro, posso essere me stesso.
Un profumo è davvero determinante per conoscere qualcuno?
Può darti un’apertura sul tipo di persona che sei. Può raccontare molto.
Il primo concerto che hai visto?
Slum Village. Ma soprattutto ricordo il primo al quale non sono andato perché mia madre me l’ha proibito: Kanye West.
Quando hai capito di avere talento?
Quando ero piccolo, l’ho scoperto in modo accidentale. Presto mi è stato chiaro che mi piacevano le rime: più le cercavo, più mi venivano spontaneamente.
Eri il fenomeno della scuola?
Quando avevo 6 o 7 anni, non ricordo esattamente, un mio compagno di classe è morto, così ho scritto la mia prima vera poesia. L’ho letta durante la commemorazione davanti ai bambini della scuola, e lì ho capito che quello era il mio modo di esprimermi, di comunicare. Volevo pormi di fronte al mondo così.
Il tuo talento è stato incoraggiato?
Molto, e da tutta la mia famiglia: soprattutto mia mamma e mio nonno, che sono state figure importanti per la mia formazione. Ho sempre apprezzato lo stare in famiglia tipico della cultura anglosassone: pranzare, condividere occasioni più o meno felici. So che anche per voi italiani è così. Mi piace la dimensione familiare, anche se non ho avuto la fortuna di godermela.
Sulla copertina del tuo primo disco c’è un bel gruppo di persone: è la tua famiglia?
Sì, ma la famiglia estesa, non imposta. È quella che mi sono scelto: amici del cuore, cugini, insegnanti, zii, tutte le persone più importanti della mia vita. C’è anche lui sulla cover (dice indicando un ragazzo seduto al suo fianco, ndr): il mio manager. Quando è stata scattata la foto, molti parenti di primo grado erano già scomparsi, non c’erano più. Mi sono detto: chi sono le persone che sento più vicino al cuore?
Hai un idolo, un’icona, un mentore?
So di essere banale, ma dico mia mamma. Anche quando io non ci credevo, lei sì. Mi ha insegnato a non mollare mai.
Con chi ti piacerebbe duettare?
Con papà. Canta bene, è un grande musicista e un giorno vorrei invitarlo a salire sul palco. Peccato non abbia trasformato la sua passione in professione.
Tornando ai profumi,cosa usavi prima di Y di Yves Saint Laurent?
Una colonia sconosciuta di mio padre. Me ne spruzzavo un po’ e mi faceva stare bene, mi faceva sentire più adulto.
Musica e fashion: sai che anche una fragranza si costruisce con le note?
Lo so, perché anche lei, come la musica, ha bisogno di un lavoro duro e complesso. Me ne sono accorto parlando con il creatore di Y, Dominique Ropion.