Dieci tracce, per «uno dei dischi più brevi della mia vita». Luciano Ligabue è negli uffici della Warner a Milano e inizia così a raccontare Start, dodicesimo disco di inediti di una carriera lunga 30 e più anni. Un album che lancia uno sguardo all’indietro, verso gli esordi del rocker emiliano, per la gioia dei suoi fan. Anticipato dal singolo Luci d’America, esce venerdì 8 marzo – una data non casuale –, accompagnato dal video di un nuovo brano, Certe donne brillano.
Il disco, che Ligabue porterà in tour negli stadi per un mese a partire dal 14 giugno con la prima data al San Nicola di Bari, è un avvicendamento quasi scientifico di rock classico e ballate. Territori in cui l’autore di Balliamo sul mondo si trova particolarmente a suo agio, e che danno vita a un componimento decisamente più “à la Ligabue” rispetto ad altri lavori recenti.
Si va da Polvere di Stelle – molto “amori e giacche di pelle” – alla nostalgia e alla resilienza di pezzi come Ancora noi (“ci tocchiamo un’altra volta i bicchieri”) e Il tempo davanti (“tiro con i sandali un pallone che mio padre mi ricalcia male”). Ci sono i cori da stadio – e che magari un giorno allo stadio sentiremo – e quelli che rimandano ad atmosfere ancora più liturgiche, ci sono le chitarre che suonano bene come sempre e le strizzate d’occhio generazionali. E poi la dolcezza un po’ arrabbiata che lo ha accompagnato per quasi tutta la carriera, la voce roca che diventa ancora più tale durante i ritornelli e le quasi distorsioni di La cattiva compagnia.
Di tutto questo abbiamo parlato con il Liga.