I Rage Against the Machine erano al secondo concerto della reunion del 2022, durante il Public Service Announcement Tour, quando durante un’interpretazione esagitata di Bullet in the Head Zack de la Rocha s’è rotto il tendine d’Achille. Non ha mollato e ha portato a termine tutta la parte nordamericana del tour, cantando seduto su una cassa piazzata al centro del palco. Il resto del tour è stato però cancellato per permettergli di rimettersi in forma. «Detesto cancellare i concerti», ha scritto De la Rocha nel 2022. «Odio deludervi. Lo so che avete aspettato pazientemente di vederci… spero di rivedervi molto presto».
Sono passati cinque mesi da quella lettera e i fan non hanno sostanzialmente avuto più notizie. Nemmeno quando, a febbraio, la band è stata inserita nella rosa dei candidati in lizza per entrare nella Rock and Roll Hall of Fame. Ora finalmente il chitarrista Tom Morello parla con Rolling Stone del tour interrotto, della Hall of Fame, dei progetti da solista e del futuro incerto dei Rage Against the Machine.
Se cercate la dichiarazione definitiva sul tour, sappiate che non c’è, anche se abbiamo fatto tutto il possibile per tirargliela fuori.
Dove sei?
A casa, nel mio studio. Sto lavorando a musica nuova. È stato un periodo molto fruttuoso. Mi ha ispirato molto mio figlio di 11 anni. Ormai sono diventato il chitarrista ritmico di famiglia, il solista è lui. Ha scritto dei riff, io altri. È stato divertente.
Iniziamo con la Hall of Fame. Le votazioni si chiudono il mese prossimo. Cosa ne pensi?
Sono un sostenitore della Rock and Roll Hall of Fame, mi piace l’idea che al mondo ci sia un posto che celebra la musica. Questa è la quinta volta che i Rage Against the Machine vengono candidati. È vero che la Rock Hall accetta artisti di tanti generi diversi, ma è anche vero che sono molti quelli che meriterebbero di entrare. Comunque, chiunque abbia assistito a uno dei concerti dei Rage Against the Machine dell’estate scorsa difficilmente troverà degli argomenti a nostro sfavore.
Com’è andato il tour, dal tuo punto di vista?
È stato fantastico. Non suonavo con la band da 11 anni, quindi non sapevo bene cosa sarebbe accaduto. Ma già durante le prove ero sicuro che avremmo suonato alla grande. Però mi chiedevo: che tipo di pubblico ci sarà? Saranno dei papà in calzoni Dockers, con i cellulari in mano (Ride) E invece il pubblico era scatenato e noi non abbiamo mai suonato meglio di così. È stata un’ulteriore dimostrazione della potenza dei Rage Against the Machine dal vivo.
Ero in prima fila alla data di apertura di Alpine Valley, Wisconsin. È stato emozionante. Cosa hai provato, quando sei uscito e hai attaccato la prima canzone dopo tutto quel tempo?
Ad Alpine Valley ho visto tanti concerti, non essendo lontano da Chicago. Da piccolo ho visto gli Iron Maiden, i Judas Priest, gli Scorpions. Ho portato i miei figli con me in tournée: hanno 11 e 13 anni. «Ehi, papà era seduto proprio qui per quel tale concerto». È stato fantastico. Quando sono salito sul palco e ho suonato le prime note di Bombtrack ho capito che l’atmosfera era bollente. C’era molta attesa nell’aria. Ma ero convintissimo che avremmo suonato alla grande, è dalla prima prova dell’agosto 1991 che abbiamo un’intesa fortissima. Abbiamo spaccato.
Durante il concerto avete mostrato video con scene di brutalità della polizia e rifugiati, un bel modo per ancorare lo show al presente.
Vero. Non ci eravamo mai cimentati in alcun tipo di produzione, prima. Abbiamo passato molto tempo con delle persone di talento per preparare quei video e mettere in piedi uno spettacolo in modo che avesse la forza brutale, viscerale e punk per cui i Rage Against the Machine sono famosi, e che presentasse anche un elemento visivo dinamico.
Poi, durante il secondo show, Zack s’è fatto male al piede a metà concerto. Cosa ti è passato per la testa quando ti sei accorto che la cosa era piuttosto grave?
La cosa ironica è che mi ero appena ripreso dalla rottura di un tendine d’Achille. Andavo alle prove con le stampelle. Ho capito subito cosa era successo, vedendo la sua andatura. Ma Zack ha tenuto duro quella sera. E per i 17 concerti successivi è stato più convincente del 99% dei frontmen di tutti i tempi, anche stando seduto su un cassone al centro del palco. Mi ha colpito molto il fatto che abbia resistito e che non si sia limitato solo a sopportare: è riuscito a rimanere il comunicatore esaltante, coinvolgente e potente di sempre, pur dovendo rimanere pressoché immobile. Non ho sentito un solo fan dire che lo spettacolo era anche solo un filo meno potente.
Avete pensato di rimandare le altre date, in attesa che si riprendesse?
Non ricordo. Volevamo solo assicurarci che stesse bene. Non sapevamo quale fosse il problema. Io non volevo azzardare diagnosi, anche se ci ero appena passato. Conoscevo bene la gravità di un infortunio del genere. Ma sono molto orgoglioso di lui, perché ha resistito e ha portato a termine quella parte di tour.
Vi ho visti anche a Cleveland e, anche se sembrerà assurdo, ho pensato che lo show fosse migliore con lui seduto. Si è potuto concentrare sulla voce ed è stato semplicemente esplosivo.
Davvero esplosivo, sì. È stato diverso, qualcosa di imprevedibile per la band e per lui come frontman. In un certo senso, è diventato più forte, una data dopo l’altra. Al primo paio di concerti, però, ci siamo domandati: ok, ma come andrà? Il terzo o quarto show è stato un festival (l’RBC Ottawa Bluesfest, nda) in Canada, davanti a circa 90 mila persone che sono andate fuori di testa. La potenza della band non era diminuita.
Si pensava che il tour sarebbe continuato in Europa come previsto e che Zack avrebbe continuato a cantare da seduto fino a quando non si fosse ripreso. Perché non è andata così?
Ordini del medico. Non sono a conoscenza di tutti i dettagli, ma volare comporta dei rischi. C’è pericolo che si formino dei coaguli di sangue e cose del genere. Non ero presente quando gli è stato detto, ma non è una buona idea volare con un tendine d’Achille appena rotto. Posso fare qualche precisazione sul tour negli Stati Uniti e su alcune questioni che sono state fraintese? Giusto un paio di cose.
Ma certo.
Primo: c’è un sacco di gente ridicola che non condivide le idee politiche dei Rage e che non era presente agli show. Tanto per chiarire: nessun fan, in nessun concerto della storia dei Rage Against the Machine, ha mai avuto l’obbligo di vaccinazione per essere presente in sala. Mai. C’è chi lo dice ed è una sciocchezza.
Secondo: a proposito dei prezzi dei biglietti e di quella cosa tremenda che è il dynamic pricing. C’è stato un gran polverone per Springsteen e altri. Vorrei ribadire che tutti i nostri biglietti costavano 125 dollari, a eccezione di circa il 5-10% dei biglietti, ai quali abbiamo applicato il meccanismo dei prezzi dinamici, ma abbiamo donato ogni centesimo incassato. Ogni centesimo che eccedeva i 125 dollari è stato devoluto a enti benefici presenti nelle varie città. A New York abbiamo raccolto oltre un milione di dollari per le associazioni caritatevoli di attivisti. In totale abbiamo raccolto circa sei o sette milioni di dollari in quel tour: in pratica è stata una tattica alla Robin Hood. Volevo dirlo chiaramente, dato che c’era molta disinformazione, in giro, a questo proposito.
Giusto. Ovviamente avreste potuto far pagare il biglietto più di 125 dollari e fare comunque il tutto esaurito ovunque.
È vero. I bagarini sono la rovina delle band, sono terze parti che si approfittano dei tuoi fan. Ci siamo messi in concorrenza con loro e abbiamo aiutato i più sfortunati in ogni città in cui abbiamo suonato.
Una volta che Zack sarà guarito, tornerete in tour?
Vedremo. Se faremo altri concerti, li annunceremo. Ora non ne ho idea. Francamente ne so quanto te. Ora come ora siamo in una fase di guarigione. In quanto a me, faccio musica e un sacco d’altre cose. Ma, per tornare al discorso della Hall of Fame, nel caso non facessimo mai più altri concerti, credo che questo tour abbia perorato la nostra causa. Perché non conta quanto vai in tour. È importante ciò che accade quando lo fai. I Rage Against the Machine hanno fatto 19 concerti negli ultimi 12 anni. Se parli coi fan, questi 19 concerti hanno una grandissima risonanza, quasi fossero eventi storici, la qual cosa rafforza l’idea di ciò che la band è dal vivo, sul palco.
La band ora è in pausa a tempo indeterminato? Come definiresti lo stato attuale dei Rage?
Non c’è un termine adatto. I Rage Against the Machine sono come l’anello nel Signore degli anelli. Fa impazzire gli uomini, i giornalisti, i discografici. Tutti ci vogliono, ci desiderano e impazziscono. Se ci saranno altri concerti dei Rage o meno, lo saprete dalla band. Io non lo so. Quando ci saranno novità, le saprete tramite un comunicato collettivo del gruppo. Al momento non ci sono notizie.
Dici di non sapere nulla, ma non sei in contatto con Zack? Gli avrai chiesto come sta e se vuole continuare o meno…
Le conversazioni che ho avuto con i membri della band, dopo il tour, sono state su altro, sulla vita. È difficile da spiegare. Questo è un gruppo che ha fatto tre album di inediti, che va in tour a intermittenza. È una specie di unicorno. Per la maggior parte del tempo, la band non si trova in alcuno stato. Capisci cosa intendo?
Credo di sì. Ma avevate in programma 38 spettacoli e li avete cancellati. Non sono un dottore, ma immagino che un tendine d’Achille rotto, dopo un anno, sia sostanzialmente guarito, almeno abbastanza da andare in tour. Molti fan in Europa, soprattutto quelli che già avevano i biglietti, non vedono l’ora di vedervi.
Ci sono fan ovunque che non vedono l’ora di vederci… ovunque. I fan dei Rage Against the Machine di tutto il mondo meritano di vedere la band? Sì, certo. I tempi in cui viviamo trarrebbero beneficio, a livello culturale, spirituale e musicale, da una band potente come i Rage sul palco? Certo. Ma non ho notizie da darvi a questo proposito. Chiedo scusa. Nelle nostre conversazioni non c’è nulla che faccia pensare a un sì o a un no.
Provo a riformulare la domanda: tu speri che ci saranno dei concerti nel prossimo anno o due?
(Ride forte e a lungo) La mia unica risposta alla tua domanda è: che tu sia benedetto. Posso dire che se ci saranno dei concerti dei Rage Against the Machine, io sarò lì alla chitarra. E ovviamente mi piacerebbe molto. È fantastico. Non c’è niente di meglio di quella sensazione. Nel tuo articolo metti il link a Killing In The Name a Finsbury Park. Metti Testify dalla Battle of Santiago (entrambi sono show del 2010). Lì lo senti. Da un video sgranato fatto da un fan puoi capire che non c’è mai stato niente di simile nella storia della musica. Niente del genere, amico.
Sono fra i migliori concerti rock che abbia visto. Ma devo essere onesto: alcuni fan leggeranno questa intervista e penseranno che sei evasivo deducendo che Zack ha perso di nuovo interesse nel gruppo o che tu ci stai nascondendo qualcosa. Faranno supposizioni d’ogni tipo…
Non posso farci niente. (Ride) Non c’è… è difficile anche solo spiegarlo. Ma quando i Rage Against the Machine andranno in tour o si scioglieranno o faranno una seduta spiritica al Joe Rogan Show, lo saprete dai Rage Against the Machine. Fino ad allora, non ci saranno notizie.
Quindi non siete in pausa…
(Grossa risata) Voglio farti riformulare la domanda in tutti i modi possibili. (Ride) Credo di averlo detto molto chiaramente. Se i Rage Against the Machine dovessero prendersi una pausa, i Rage Against the Machine diranno: «Siamo in pausa». Non è successo. Ti dico che capisco e rispetto la frustrazione. È frustrante anche non saperlo quando sei nella band! Ma tutto ciò ci ha portato a fare un sacco di grande musica.
Apprezzo molto il fatto che ci scherzi con me, perché so che è fastidioso… ma perché non chiami Zack e gli chiedi come procede la sua guarigione e se il prossimo anno vuole fare altri concerti?
So quanto ci vuole per guarire e tutto il resto. Ma è davvero difficile da descrivere. Diciannove concerti in 11 anni. Tre album in 30 anni. Sei di fronte a qualcosa di diverso da qualsiasi altra situazione che tu abbia mai affrontato in un’intervista. C’è una dinamica molto, molto diversa. Posso solo dire che il mio amore per quei ragazzi e per quella musica è totale. L’onore che provo o l’esperienza di stare insieme sul palco non somigliano a nient’altro al mondo. Per me, da sempre, anche prima dei Rage Against the Machine, tutto gira intorno alla musica e al messaggio. Sono cose che nessun’altra band sa fare come i Rage Against The Machine. Un argomento a favore dell’ingresso dei Rage Against the Machine nella Rock and Roll Hall of Fame è che non c’è mai stata una band con idee politiche così radicali in cima alle classifiche. È una cosa speciale. Ma quando i Rage non sono sul palco il mio motore resta sempre acceso. Ora sto lavorando a quello che sarà il mio ventitreesimo album. Sono esaltatissimo. Quest’estate suonerò in Cile, in Brasile, in Italia e in Belgio e nella musica e nel messaggio metterò lo stesso impegno delle cinque serate sold out al Madison Square Garden.
Cosa hai reagito quando sono saltati i concerti in Europa?
Ho avuto una gran botta di energia. Sono tornato a casa e i minatori dell’Alabama, che scioperavano da più di 500 giorni, mi hanno mandato un tweet. Mi hanno detto: «Ehi, Mister Working Class, perché non vieni ad aiutarci?». Sono salito su un aereo, ho attraversato il loro picchetto e ho dato una mano a raccogliere fondi. Sono rientrato a casa proprio durante lo sciopero del North Hollywood Stripper Club, l’unico strip club sindacalizzato d’America, che si trova a North Hollywood: le spogliarelliste stavano picchettando davanti al locale. Mi sono unito a loro e ho aiutato a diffondere il messaggio. Poi gli United Farm Workers, che supporto e sostengo da decenni, stavano cercando di far approvare una legge che permettesse una maggiore equità e giustizia nel mondo. Ho dato il mio contributo. L’onda di energia di quel tour ha contribuito in modo molto significativo a rinvigorire l’entusiasmo per la missione e il messaggio su cui lavoro da una vita: una cosa che, per certi versi, è precedente ai Rage Against the Machine, ma che è stata davvero amplificata dall’esperienza di quel tour e dal desiderio di trarre il massimo dal suo termine.
Parlami di questi tuoi prossimi concerti da solista.
È un tour da solista ma sarò accompagnato dalla mia band, la Freedom Fighters Orchestra. Andrò in posti in cui morivo dalla voglia di tornare, dopo la pandemia, dove ci sono alcuni dei fan più appassionati e scatenati del mondo: in Sud America, in Italia e in posti del genere. Non vedo l’ora di suonare. Di recente ho visto Jack White in un piccolo concerto a Los Angeles. Noi due abbiamo qualcosa in comune: entrambi abbiamo fatto parte di molte band. Il modo in cui ha intrecciato e sintetizzato il lavoro di una vita mi ha ispirato molto. Mi sono detto: «Puoi prendere tutto quanto e farne un tutt’uno». Tendenzialmente ho sempre tenuto tutto separato, dalle cose acustiche dei Nightwatchman a quelle EDM degli Atlas Underground. Ma quella cosa mi ha ispirato moltissimo. In Sud America e in Europa mi scatenerò.
Nel tour di Springsteen che è in corso ora, Steve Van Zandt si è preso il Covid e ha saltato uno show. Poi lo ha contratto anche Nils Lofgren e ha perso un concerto. Se si fossero ammalati tutti e due contemporaneamente, pensi che avresti potuto intervenire all’ultimo minuto per dare una mano, senza avere provato?
Oh diavolo, no! Per quel tour avevo dovuto imparare 250 canzoni (ride). Magari ce la potrei fare con un gobbo per gli spartiti. Forse. Ma no, non credo. Avevo lavorato davvero molto duramente per prepararmi e ormai sono passati degli anni. Se però decidessero di suonare The Ghost of Tom Joad sette volte di fila sarei pronto (ride).
La cerimonia per la Hall of Fame di solito si tiene a novembre. Se i Rage saranno accolti, pensate di andare a suonare?
Io ci sarò sicuramente. Ma non ne abbiamo parlato. Non mettiamo il carro davanti ai buoi. Lo spero, però.
La pagina di Wikipedia dedicata ai Rage dovrebbe dire che i Rage «sono una band» o «erano una band»?
(Gran risata) Farei riferimento alla dichiarazione ufficiale dei Rage su questo argomento… ma non ne esiste una (ride).
La pianto, comunque spero davvero che quei 38 concerti cancellati prima o poi vengano recuperati. C’è una tale attesa…
Sì, anch’io! E anche se capisco che l’attenzione si è concentrata sulla tua indagine forense sull’insondabile, credo che in questo momento storico sia importante per chiunque, in qualsiasi ambito lavorativo, prendere posizione. Questo è un momento molto pericoloso. Si deve fare tutto il possibile.
In tempi così pericolosi, il mondo ha bisogno dei Rage…
Questa sarebbe una potenziale soluzione al problema. Non discuto.
Chiudiamo qui. Scusami se ti ho tormentato, so che è stato fastidioso.
Non c’è problema. Mi avevano avvertito che mi avresti torchiato. Sono proprietario di un quarto di quell’anello da 30 anni. Capisco la frustrazione. È solo che non noi funzioniamo come tutti gli altri gruppi.
Da Rolling Stone US.