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Manuel Agnelli, un tour «contro la noia» e per sentirsi «musicalmente adulto»

Una «compagine di matti» sul palco, bidoni e catene usati come percussioni, i pezzi del nuovo album e quelli degli Afterhours: Manuel racconta per la prima volta la tournée solista che partirà il 7 luglio

Foto press

Il tema del cambiamento, del non rimanere ingabbiati nel personaggio che gli altri ci hanno costruito intorno e che, di conseguenza, finisce per farci perdere di vista chi siamo veramente è un po’ l’elemento portante della nuova fase musicale e umana di Manuel Agnelli. Non a caso, l’ultimo singolo Signorina Mani Avanti parla proprio di questo, della difficoltà nel lasciarsi andare al cambiamento, alla novità, allo sconosciuto. Non è dato sapersi quanto ci sia di autobiografico in tutto questo. Quel che è certo è che Manuel non ha mai avuto paura di gettarsi nel vuoto, ma forse oggi più che mai questa tendenza interiore trova il suo zenit.

Con un disco in uscita che si preannuncia come qualcosa di profondamente autocentrato e viscerale (Ama il prossimo tuo come te stesso, 30 settembre) e una nuova band pronta a partire in tour che comprende Frankie e DD dei Little Pieces of Marmelade, Beatrice Antolini e Giacomo Rossetti dei Negrita, Manuel sottolinea l’importanza di perdere il controllo e di farsi guidare da entusiasmo e imprevedibilità.

Mi pare di aver capito che in questo momento tu sia focalizzato sull’aspetto ritmico della forma canzone. Dal vivo sarà difficile vedere la doppia batteria che abbiamo sentito in Signorina Mani Avanti, ma la sezione ritmica sarà comunque in primo piano?
Ti dico la verità, avevo anche pensato alla doppia batteria dal vivo perché volevo farlo diventare l’elemento distintivo sia di questa band che del disco. Però sai, in studio è stato più facile, mi è bastato incidere due batterie. Dal vivo è un’altra cosa. Io sono un pianista che suona la chitarra e ho cercato con lo stesso approccio di suonare la batteria. In Signorina Mani Avanti, come per il resto, ho suonato entrambe le parti. A volte erano suonate e altre programmate. Mi piacevano molto le parti che avevo suonato, perché avevano un groove scassato per così dire, ma sai che il carattere spesso viene fuori proprio in quel modo. Comunque, per non entrare troppo nei dettagli, posso dirti che qualcosa faremo anche dal vivo. Porteremo sul palco bidoni, catene, legni che abbiamo usato in studio per le percussioni. Quindi avremo una batteria e poi tutta una serie di percussioni belle pesanti, che non possiamo chiamare solo percussioni, perché di fatto rappresenteranno una doppia ritmica.

Quindi saranno show che ci faranno muovere il culo…
Sì, saranno concerti molto energetici. Onestamente, dopo anni così e il tour nei teatri ho davvero bisogno di qualcosa del genere. Peraltro le cose che sto ascoltando in questo periodo vanno proprio in questa direzione, quindi volevo qualcosa di bello tosto sia dal punto di vista delle sonorità che della ritmica, con momenti molto particolari e intensi su quest’ultimo fronte, come ti dicevo.

Restando proprio sulla ritmica, dal vivo al basso ti accompagnerà Giacomo Rossetti. Hai pensato a lui quando hai suonato l’anno scorso all’unplugged dei Negrita?
Diciamo che il primo link è partito da quella sera, anche se ai tempi non avevo necessità di creare una band con cui girare dal vivo. Però mi avevano colpito molto il suo sound e, soprattutto, la sua duttilità, il suo saper passare da uno strumento all’altro con facilità. Quando mi sono messo a pensare ai musicisti che avrei voluto con me in tour, l’unica cosa che sapevo era che non volevo un bassista classico. Volevo un musicista dinamico, capace appunto di intercambiarsi con gli altri musicisti. Poi un giorno Max Martulli, il mio assistente che aveva lavorato anche con i Negrita, mi ha detto che Giacomo era libero e ho pensato: stai a vedere che proprio lui, una via di mezzo tra il bassista tout court e la duttilità che cerco io, potrebbe riuscire a mettere insieme questa compagine di matti? Insomma, ho capito che poteva essere la chiave di volta. È un uomo band, che aiuta molto a far quadrare le cose. Sia musicalmente che umanamente. E poi è duttile, suonerà un po’ tutto. L’ho fatto lavorare!

Diciamo che se guardiamo alla band, la duttilità si spreca. Tra Frankie e DD dei Little Pieces of Marmelade e Beatrice Antolini ne hai di possibili soluzioni.
È una band incredibilmente eclettica ed è quello che volevo fin dall’inizio. Duetteremo tantissimo tutti. Con Beatrice ci conosciamo da anni e già prima che scoppiasse tutto il delirio avevamo parlato di fare qualcosa insieme. Ha doti musicali pazzesche e nel nostro settore ne parlano come di un mostro di bravura da sempre. Dopo i contatti passati, l’ho risentita molto timidamente per coinvolgerla nel video di La profondità degli abissi e da lì ne ho approfittato per riallacciare il discorso. Chiaramente c’era di mezzo il tour con Vasco, ma lei è stata subito chiara: mi farò un culo così ma sono felice di farlo. Anche Frankie suonerà mille cose. L’unico che farà meno è DD, che però con la sua voce acutissima farà tutti i controcanti. Loro due sono pazzeschi, perché sanno fondere armonicamente mondi musicali lontanissimi uno dall’altro.

Veniamo alle prove. Gruppo nuovo, tutto basato sull’eclettismo e i cambi di ruolo, che in pratica però non ha avuto quasi modo di trovarsi nello stesso luogo per più di qualche giorno. Come hai gestito tutto?
Sì, è stato un problema. Beatrice l’abbiamo vista solo in video e abbiamo provato a distanza. Inoltre, nemmeno il tempo di trovarci per le prime sessioni che abbiamo preso tutti il Covid, uno dietro l’altro. Cosa devo dire, se fossimo un ensemble di musica classica, sarei nella disperazione più assoluta. Fortunatamente, però, parliamo di rock’n’roll, quindi la porteremo a casa come sempre. Alla peggio suoneremo in playback (ride).

La voglia di cambiare, anche mille volte, di cui hai parlato in relazione a Signorina Mani Avanti rappresenta qualcosa di autobiografico o di prettamente filosofico?
In realtà nessuna delle due. Fare le cose tanto per cambiare è una cosa che non mi è mai interessata. Intendo come scelta a tavolino. Non avrebbe senso cambiare come esercizio di stile. Le cose sono più complesse. Intanto c’è l’aspetto della noia, per me fondamentale. Non voglio annoiarmi e fare sempre la stessa cosa mi annoia profondamente. Poi è inevitabile che le medesime cose ripetute all’infinito perdano forza. Soprattutto, però, è una questione interiore. Volevo prendermi delle responsabilità senza il guscio della band, volevo diventare adulto musicalmente. Non è che avessi poco spazio negli Afterhours, è chiaro, ma mi sono trovato durante la pandemia a scrivere e suonare cose che erano davvero solo mie e che non immaginavo suonate da qualcun altro. Ho seguito l’entusiasmo che mi aveva dato creare quei brani e ho seguito quella strada.

Sentiremo cover nel corso del tour?
No, questa volta non farò cover. Nel nostro Paese è diventato difficilissimo fare cover, forse anche a causa del fenomeno delle cover band, che in qualche modo hanno sputtanato un po’ il concetto di reinterpretazione di un brano altrui. La gente vuole sentire il pezzo esattamente come l’ha conosciuto su disco e capisci che questo va a discapito dell’interpretazione. Io non voglio e nemmeno potrei riprodurre un brano così com’è stato concepito e in questo momento non vedo interesse in questo senso. E onestamente nemmeno io sono interessato. Peraltro, se dovessi fare cover oggi, le farei di cose molto fuori dallo schema e da quello che ho fatto in passato. Un ostacolo in più. Ho così tanti pezzi che posso fare a meno di tutto questo.

Parlando della setlist, hai pensato di riarrangiare qualche vecchio brano o li lascerai così com’erano?
No, su questo non ho avuto dubbi. I pezzi degli After resteranno esattamente gli stessi. Quello di riarrangiare qualcosa sarà magari un lavoro che avverrà in presa diretta nel corso del tour. Non stiamo parlando della Quinta di Beethoven, siamo onesti. I pezzi sono quelli. E poi ho già fatto un tour teatrale dove ho suonato quei brani in un’altra veste. A essere diversi saranno i musicisti e già quello è sufficiente a dare un nuovo sound a tutto. Un sound più fresco, se posso permettermi di dirlo.

Quindi possiamo parlare di un cambiamento con coerenza?
La coerenza non può mancare e il cambiamento non è vincolato da essa. A volte pensiamo di fare cambiamenti radicali, ma poi ci accorgiamo che la gente vede solo delle sfumature e non tutto ciò che pensavamo noi. Da una parte è svilente, ma se ci pensi è il segno della forza della nostra personalità. Per essere rivoluzionario non devo mettermi a fare un disco di elettronica. Noi magari diamo il via a una rivoluzione, ma poi quella stessa rivoluzione diventa altro, prende una vita propria in qualche modo. La rivoluzione è un patto, cambia a modo suo le cose, diversamente da come le avevamo pensate noi e indipendentemente da noi. La spinta al cambiamento è sana, ma poi bisogna riuscire a non spaventarsi di fronte alla perdita di controllo. Fai partire una rivoluzione e poi sii cosciente del fatto di non avere più controllo su di essa. È proprio perdere il controllo che ci aiuta a eliminare tutte le gabbie che gli altri ci costruiscono intorno e che poi, inevitabilmente, finiamo anche noi per cementificare.

Le date del tour:
7 luglio Collegno (TO) – Flowers Festival
12 luglio Pistoia – Pistoia Blues
14 luglio Bologna – Botanique
15 luglio Fermo – Villa Vitali
17 luglio Gardone Riviera (BS) – Tener-a-mente
19 luglio Roma – Villa Ada
21 luglio Genova – Balena Festival
22 luglio Padova – Parco della Musica
23 luglio Santa Maria degli Angeli (PG) – River Rock Festival
25 luglio Milano – Carroponte
26 luglio Carpi (MO) – Piazza dei Martiri della libertà
27 luglio Gradisca d’Isonzo (GO) – Castello di Gradisca d’Isonzo
29 luglio Matera – Matera Sonic Park
4 agosto Castelbuono (PG) – Ypsigrock
5 agosto Donnafugata (RG) – Castello di Donnafugata
9 agosto Castrignano De’ Greci (LE) – Kascignana Music Fest
12 agosto Bergamo – NXT Station

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