Meg è stata una delle prime voci riconoscibili della nouvelle vague napoletana delle posse del rap, in prima linea con i 99 Posse negli anni ’90. Poi il collettivo si scioglie, si riforma, ma Meg intanto diventa un simbolo del cantautorato alternativo, intimo e acustico. Il suo ultimo album live si chiama Concerto imPerfetto, e presto Meg lo porterà in tour.
Sei a New York ora, l’hai presa come seconda casa?
È impegnativa. Faccio avanti e indietro da un po’ di tempo, vengo qui soprattutto quando devo scrivere. Mi trovo bene.
E Napoli? Che rapporto hai, ora?
Sono in tregua con Napoli! Stando lontana ho un rapporto migliore. Ultimamente ho girato tanto e mi rendo conto che viverci può essere impegnativo e pesante.
Parli del rapporto con le persone, credo.
Anche, ed è un altro aspetto di New York che mi piace. Qui c’è gente bellissima, che va in giro seminuda e nessuno dice niente. A Napoli ti devono dire per forza qualcosa. Vent’anni fa sono finita in una rissa per il bridge piercing che avevo: ho ignorato dei ragazzi che mi stavano urlando dietro qualcosa, mi sono venuti a prendere e mi hanno menato.
È per questo che non porti più quel piercing?
Non volevo più stare in prima linea. Ho imparato a conoscermi meglio, il mio carattere è più schivo e solitario.
Ma come ci eri finita in prima linea?
Un po’ mi ci sono ritrovata, sono stata presa e buttata in mezzo. Quando hai 20 anni non ci pensi a tutti questi risvolti psicologici esistenziali. Fai le cose piu di getto, senza pensarci.
Cosa ascolti ora?
MEG Tanto rap, amo alla follia Kendrick Lamar, mi piace Travis Scott… in Italia Ghali, Enzo Dong. Napoli è tornata importante, guarda il fenomeno di Liberato.
Che ne pensi?
Ha una ricerca melodica che mescola cose napoletane e cose contemporanee. Mi ricorda in parte gli Almamegretta. E poi punta tutto sulla voce. Il fatto che non abbia il volto è fighissimo. Almeno potessi farlo anche io!