«La mattina scrivo canzoni in camera con la chitarra acustica, quella elettrica la scrocco alla mia band perché io ne ho una oscena che risale ai tempi dei Nirvana», ecco in una frase il sound e la spontaneità di Mèsa, incontrata un lunedì qualsiasi mentre torna da lavoro (dà ripetizioni ai bambini delle medie, «sai, la laurea in lettere… Ma gli faccio fare anche matematica, eh»).
Dopo un fortunato Ep autoprodotto, la giovane romana esce con Touché, un album fresco e sorgivo seppur rispondente ai canoni classici di cantautorato rock-pop: Carmen Consoli incontra Sharon Van Etten a una cena da Scout Niblett, «mettici anche Nick Drake, Elliot Smith e Laura Marling». Forse mi ha influenzato il verso “ma quanti denti che hai, non me lo ricordavo” (Non me lo ricordavo), ma nel disco aleggia un sorriso pieno di denti nel cantato (maturo e diretto), nei testi, nelle fasi di registrazione.
Una sana presa bene adolescenziale con le chitarre pulite, che ogni tanto ci vuole. Secondo te perché le donne hanno meno successo nell’indie? «Siamo tante, ma il salto di qualità è più raro. Forse esprimere certi concetti “da successone pop”, con un linguaggio “meno figurativo”, è ancora più facile, per gli uomini».