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‘Musica leggerissima’, il tormentone usato come antidepressivo di massa

Montaggi video e meme hanno sovvertito il senso del pezzo e a Colapesce e Dimartino va bene così. E se c’è una somiglianza, raccontano, non è con ‘We Are the People’, ma con una certa canzone del 1985

Foto press

La balla Nanni Moretti in Caro diario. La ballano Harry Styles e Phoebe Waller-Bridge vestiti di bianco, bellissimi. La ballano nei college americani, nelle palestre, su Marte. La balla Marcella Bella, sono pochi passi, ma esilaranti. La ballano Leonardo Di Caprio e Kate Winslet sul Titanic, Spadino avvolto dalla luce rossa della disco, i ragazzi di Friends quando la scimmia Marcel la mette sullo stereo. La balla il Joker mentre getta la cicca, la ballano i bambini di Jojo Rabbit, la ballano i militari, le suore, i marinai. La ballano tutti e anche quelli fuori tempo ti strappano un sorriso e ti fanno venire un filo di magone che non ti spieghi.

Una settimana fa, mentre le timeline dei social si riempivano di brevi montaggi video in cui Musica leggerissima veniva sovrapposta con entusiasmo infantile a qualunque scena di ballo, la canzone di Colapesce e Dimartino scalava le classifiche di vendita, di ascolto casalingo, di trasmissione radiofonica. È diventata una delle più amate uscite da Sanremo 2021 e chissà, forse persino il simbolo d’uno stato d’animo condiviso.

E però gliel’abbiamo rubata questa canzone. Ne abbiamo sovvertito il senso. Colapesce e Dimartino sono andati a Sanremo per cantare di depressione e noi ci abbiamo ballato su. Abbiamo preso la parte che ci interessava, quella che più ci parlava e abbiamo alterato in parte il significato del pezzo. Alla depressione nessuno pensa più, non chi pubblica le parodie, non chi fa i meme. O forse abbiamo usato la levità anni ’70 di Musica leggerissima per proteggerci dalla minaccia che evocava. «C’è effettivamente qualcosa di stridente nel vedere questa canzone che parla di momenti bui ballata con tanta spensieratezza», dice Dimartino, «ma forse alcuni tormentoni funzionano proprio perché rendono certi argomenti alla portata di tutti». Colapesce ha visto molti video di bambini che la ballano e la cantano, ovviamente incoscienti del significato del testo. «È una cosa che non puoi controllare, e meno male». Il pop è democratico, è di chi se lo prende.

Forse questo incidente, come lo definisce Colapesce, è successo perché Musica leggerissima è arrivata in un periodo in cui siamo tutti stanchi e provati, a un passo da un buco nero e con una gran voglia di niente. «Sono dieci anni che scriviamo così, ma effettivamente non vedevamo l’ora di condividere il peso di questa canzone. È giusto che adesso ognuno se ne appropri a modo suo». Qualcuno ha paragonato il pezzo a quelli di La voce del padrone, il capolavoro pop di Battiato che usciva giusto quarant’anni fa, e la cosa a Colapesce fa piacere. «Quell’album ha ribaltato il paradigma della canzone pop italiana. Parlava di argomenti non facili, eppure anche mia nonna cantava quel disco con la spensieratezza che oggi rivedo in chi canta di depressione con Musica leggerissima. Ma di tormentoni leggeri con un testo pesante ce ne sono sempre stati, prendi Vamos a la playa dei Righeira che parla di catastrofe nucleare e che tutti ballavano in spiaggia, oppure Maracaibo».

Musica leggerissima funziona a tanti di quei livelli che sembra di stare dentro a una versione anni ’70 di Inception con i pattini come oggetto totem e i protagonisti vestiti come in Miami Vice. È una metacanzone che invoca sé stessa: Musica leggerissima canta di sé stessa. Si apre con una metafora dell’orchestra che torna in vari passaggi, ad esempio quando si invoca una musica “allegra ma non troppo”. La frase evoca l’indicazione del tempo stampata sugli spartiti, ma pure un approccio alla vita: «non ci si entusiasma troppo per non essere delusi, ricordiamoci che fra un minuto potremo ridiventare tristi, nessuno è sempre allegro e basta». Quella frase, “allegra ma non troppo”, indica il carattere stesso di questa canzone che è diventata larga e condivisa proprio perché non eccede in allegria, non è sfacciata, non è un tormentone scacciapensieri e basta, è «una terza via fra pop e cantautorato». Torna la metafora dell’orchestra anche nell’immagine del maestro che “è andato via”. Un direttore d’orchestra che se ne va e lascia tutti nello scompiglio, in preda alla depressione appunto, ma anche un’annotazione su questo tempo senza maestri. «In tutti i campi: politica, cinema, musica. Finita l’epoca dei maestri, esaurita la voglia d’imparare da qualcuno, ci sono rimasti i tutorial su YouTube».

Musica leggerissima, che da domani starà in una nuova edizione dell’album della coppia I mortali 2, è anche una profezia che si autorealizza. Nello special, Antonio Dimartino canta che questa musica “rimane in sottofondo dentro ai supermercati, la cantano i soldati, i figli alcolizzati, i preti progressisti, la senti nei quartieri assolati che rimbomba leggera” ed è successo davvero, magari non esattamente così, ma si sono messi a cantarla tutti, online e offline. È come se Dimartino nello special cantasse i meme che arriveranno e il modo in cui questo pezzo, anche grazie a Sanremo «che è un amplificatore assurdo di tutto», è entrato nelle vite delle persone. «Nello special volevamo dare una dimensione quasi sociale ai luoghi dove la musica leggerissima risuona», spiega Dimartino. «Gente di estrazione diversa, che ha fatto scelte di vita radicalmente diverse. C’entra anche questo col tema dell’essere umano come orchestra: se la suoni in un certo modo, questa orchestra e cioè quest’uomo finirà per fare una certa vita e non un’altra, diventerà cantautore e non prete o soldato. E difatti nel video c’è uno solo attore che interpreta tutti i ruoli».

L’idea che la canzone sia allegra ma non troppo ha a che fare anche con la tonalità in minore. L’idea era usare una progressione di accordi semplice, anzi semplicissima. «Il Re minore è l’accordo del sentimento popolare. La progressione di accordi che abbiamo usato è tipica della musica popolare, prendi i pezzi di Rosa Balistreri o molta musica napoletana». L’attacco ha portato qualche paragone con We Are The People degli Empire of the Sun, ma i due ci sorridono su. «Guarda, nella nostra discografia ce ne sarebbero di plagi, ma questa proprio no, non la conoscevo», dice Dimartino. «Ti potrei citare altre 47 canzoni in Re minore e con questo andamento, dai Doobie Brothers in poi», aggiunge l’amico. «Qualcuno ha tirato in ballo anche a un pezzo di Cesare Cremonini», dice Colapesce, riferendosi probabilmente a Figlio di un re, «ma io non ho mai ascoltato Cremonini in vita mia. C’è invece una vera citazione nel nostro pezzo, ma l’ha notato nessuno».

Colapesce esita, non sa se dirlo, alla fine cede. È In a Manner of Speaking, un pezzo del 1985 degli americani Tuxedomoon. «Non l’abbiamo mica copiata, eh? Dopo avere riascoltato la nostra ci siamo detti: ma sai che ricorda quella dei Tuxedomoon?». Ci sta e non c’è niente di male. Certe canzoni sono così grandi che ne contengono altre: La leva calcistica della classe ’68 di De Gregori conteneva The Greatest Discovery di Elton John, La canzone dell’amore perduto di De André conteneva l’adagio del Concerto in Re maggiore per tromba, archi e continuo di Georg Philipp Telemann, Sapore di sale di Gino Paoli conteneva Le rock de Nerval di Serge Gainsbourg. Musica leggerissima contiene anche sé stessa: un miracolo pop.

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