Dieci anni fa, cinque membri delle Pussy Riot hanno indossato balaclava colorati e sono entrate in una chiesa di Mosca mettendo in scena una “preghiera punk” alla Vergine Maria con l’obiettivo di farle «scacciare» il presidente russo Vladimir Putin. Tre di loro sono state arrestate, accusate di vandalismo religioso e condannate a due anni di prigione, a cui sono sopravvissute nonostante le condizioni disumane.
Sabato sera una di loro, Nadya Tolokonnikova, ha portato la musica delle Pussy Riot al Terminal 5 di New York dove ha suonato elettropop con aria vagamente sadomasochista e si è scagliata di nuovo contro l’uomo che, contro ogni probabilità, dieci anni dopo è ancora il presidente della Russia. «Odio la guerra», ha detto al pubblico. «Amo la pace. Supporto l’Ucraina. Vaffanculo Putin. Spero muoia presto».
L’invasione dell’Ucraina ha profondamente turbato Tolokonnikova. Dopo il set delle Pussy Riot, nel backstage racconta che il giorno dell’invasione ha provato a fare un’intervista, ma non ci era riuscita perché continuava a piangere. Alcuni dei suoi amici in Russia sono in carcere per aver protestato contro la guerra, quelli in Ucraina le raccontano della resistenza del Paese e le danno speranza. All’inizio il concerto di New York prevedeva un duetto con la headliner, Marina, sul suo singolo Purge the Poison, ma Tolokonnikova ha rifiutato perché si sentiva sopraffatta degli eventi.
Negli ultimi giorni si è concentrata sul lancio di UkraineDAO, una raccolta in criptovalute da inviare direttamente ai cittadini ucraini attraverso l’associazione benefica Come Back Alive. In 24 ore sono stati raccolti circa tre milioni di dollari, soprattutto grazie a NFT della bandiera ucraina.
Nonostante fosse esausta, ha deciso comunque di esibirsi passando dal computer un mix di canzoni delle Pussy Riot come Police State, Panic Attack e l’inedita Hate-Fuck, per la gioia del pubblico. Ha cantato sui pezzi e giocato con una frusta rossa con due ballerine seminude che twerkavano indossando balaclava. Ha spiazzato il pubblico con due cover: Not Gonna Get Us delle t.A.T.u. e Shape of You di Ed Sheeran. È stata una festa politica.
«Ho deciso che va bene continuare a fare arte, soprattutto se è politica», dice sorridendo. «Oggi ho cantato di un sacco di cose, tra cui lo stato di polizia. Abbiamo tante canzoni contro l’oppressione della polizia e la dittatura. Non credo di essere una distrazione da quel messaggio. Do il mio contributo a chi combatte la guerra e l’autoritarismo».
Nel backstage, Tolokonnikova ha riflettuto con noi sull’orrore e la speranza che ha provato in questi giorni.
Quant’è difficile suonare proprio ora?
Molto difficile, oggi in particolare. All’inizio ho detto che spero che Putin muoia, non era una cosa preparata. È venuto fuori così… di recente ho parlato con una persona della mia sicurezza. Il punto è… non mi sto rendendo le cose facili (ride). Ma ci sono cose che ti fanno sentire così.
Come hai fatto a organizzare UkraineDAO così velocemente?
Nell’ultimo anno ho lavorato molto con criptovalute e NFT, stiamo organizzando il cosiddetto Pussyverse. È un’organizzazione e un movimento di persone che vogliono più uguaglianza nel mondo dell’arte digitale. Stiamo raccogliendo un sacco di denaro, vogliamo usarlo per comprare opere dalle donne e dagli artisti LGBTQ+ che si occupano di digitale, così da alzare il valore del loro lavoro. Quando è arrivata la notizia devastante dell’invasione dell’Ucraina, la prima reazione è stata cercare un modo per aiutarli come possibile, così ho organizzato DAO con alcuni amici.
Come mai hai scelto Come Back Alive per far arrivare il denaro agli ucraini?
Ho un sacco di amici in Ucraina. Credo siano un popolo incredibilmente coraggioso, splendido, fiero, mi ispirano. Conosco un sacco di persone, anarchici e ministri, gente della strada e parlamentari. Mi hanno aiutato a individuare la fondazione migliore per gestire il denaro. La maggior parte degli ucraini che conosco dicono che Come Back Alive è la migliore. Il vantaggio delle cripto è che non hanno confini e non servono permessi. Nessuno può fermarle, neanche nelle zone di guerra. Se hai una connessione internet, hai anche accesso ai fondi.
Cosa ti hanno raccontato i tuoi amici ucraini in questi giorni?
(Sospira) Non bisogna mai generalizzare, ma direi che gli ucraini sono positivi di fronte a questo disastro. È quello che ho notato nel 2014, quando Putin ha annesso la Crimea e iniziato una guerra nella parte orientale del Paese. Conosco un sacco di gente che ha vissuto quella guerra, sono traumatizzati ma continuano con la loro vita. Sono estremamente resilienti. Credo che in generale ci sia molta rabbia verso Putin. Sanno che non tutti i russi lo supportano. È una distinzione molto importante per me: un sacco di russi stanno protestando, sono in piazza per la loro vita e le loro libertà.
L’aspetto più affascinante degli ucraini, sono loro stessi a raccontarlo, è che non si arrendono mai. Molti di loro dicono che Putin si aspettava che gli avrebbero lasciato il Paese. Non è andata così. Il loro spirito gli dice che quello è il loro Paese e non devono arrendersi. Credo anche che il presidente Zelensky stia facendo molto bene. Non ha voluto lasciare Kiev, ha detto che l’avrebbero difesa. E stanno ottenendo risultati straordinari.
In tutto il mondo si fanno manifestazioni e cortei contro l’invasione di Putin. Colpiscono in particolare le proteste in Russia. Quant’è pericoloso attaccare il regime di Putin?
È estremamente pericoloso. Negli ultimi quattro giorni sono state arrestate migliaia di persone, sempre in modo brutale. Li picchiano.
Mia figlia, per esempio, ha un’amica di 14 anni, ma ne dimostra 10. È andata a protestare con suo padre e un poliziotto ha cercato di picchiarla e arrestarla. Il padre ha detto: «Ma che stai facendo? È mia figlia, è una bambina». La polizia le ha fatto male, ora è fasciata (Tolokonnikova si indica il braccio). Ma invece di arrestare lei, hanno preso il padre e l’hanno buttato a terra. L’hanno picchiato e arrestato, ormai sono passati dei giorni. È davvero dura.
Negli Stati Uniti si paga un prezzo completamente diverso. Qui puoi protestare e sai che verrai liberato nel giro di un paio di giorni, nel mio Paese non è così. Una manifestazione o un tweet possono farti restare in carcere per cinque anni. Io ho due processi per dei post sui social. Non c’è bisogno di fare una manifestazione [per essere puniti dal governo russo], basta che qualcuno parli su YouTube, Twitter o Instagram. Guardano le stories.
Una delle ragioni dell’invasione è fomentare il nazionalismo russo. Le proteste suggeriscono che non stia andando proprio così. Quant’è diffuso il nazionalismo nel Paese?
Direi più imperialismo che nazionalismo, lui vuole rifare l’Unione Sovietica. Si tratta di un impero, di ricostruire una singola nazione. È questo quello che vuole, ma non ci riuscirà perché la gente non vuole la guerra.
La volevano molto di più nel 2014. Putin era stato molto veloce, ma il suo successo è svanito in fretta quando i russi hanno capito che le sue ambizioni militari portano un sacco di problemi, a causa delle sanzioni. Soffrono. Putin non soffrirà. È estremamente ricco. Le sanzioni non cambieranno la qualità della sua vita, ma quella delle persone normali sì, e mi spiace molto.
In più, non siamo visti bene nel resto del mondo. Quando mostri il passaporto russo ti guardano male. Io lo faccio, è una merda. Siamo rappresentati da un aggressore.
Cosa vorresti che facessero il governo americano e l’Unione Europea?
Vorrei che tirassero fuori le palle e facessero qualcosa. Putin è un dittatore pericoloso e va fermato, è ovvio. Non è pericoloso solo per le persone del suo Paese, è un pericolo per la pace globale. Un sacco di gente scherza sulla Terza guerra mondiale. Non è uno scherzo, questa è una guerra vera.
Credo che i governi e l’UE non stiano prendendo la cosa abbastanza sul serio. Credo che questa guerra sia in parte il risultato delle reazioni internazionali all’annessione della Crimea. È così che Putin ha capito che poteva iniziare una guerra in un Paese di fatto europeo e non pagare più di tanto.
Quindi è arrivato il momento di fare qualcosa. Direi che le sanzioni dovrebbero colpire il Cremlino, non i cittadini russi, che soffrono già abbastanza. Ma non mi sorprende che molti Paesi occidentali, e il mondo in generale, continuino a fare affari con il Cremlino e le aziende affiliate a Putin. Lui rappresenta gli oligarchi. Sono bei soldi, chiaro, ma a un certo punto bisogna pur pensare all’etica.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.