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Negramaro: «Viviamo in un nuovo Medioevo»

La generazione pronta a prendersi i diritti negati. L’album ‘Free Love’ scritto cercando di «rubare lo spirito che si sente per le strade di Berlino». La capacità di tenere in piedi una band per un quarto di secolo. Il lato femminile di Giuliano. E non chiamateli boomer. L’intervista

Foto: Michele Piazza

Registrato nei leggendari Hansa Studios di Berlino, il nuovo album Free Love che uscirà dopodomani incarna la tensione dei Negramaro tra passato e futuro, conquiste personali e costante ricerca di indipendenza. Sullo sfondo, riflessioni su temi universali come libertà, amore, senso di appartenenza.

Lo spiegano in questa intervista, tra il racconto di un’epoca in cui «sembra si sia tornati al Medioevo» per quanto riguarda i diritti, il legame ossessivo di Giuliano Sangiorgi con la natura, l’equilibrio che tiene insieme una band dopo 25 anni tra «confronti, crisi e rispetto reciproco». La vera chiave sembra la coerenza: «Se sei coerente, sei libero. E quando sei libero non hai paura di entrare nelle vite degli altri». E non chiamateli boomer: «È un’ossessione quella per i boomer, mi sono rotto di questa parola».

Nell’album sono presenti più volte la luna, le stelle, i pianeti, la Congiunzione astrale nel pezzo con Niccolò Fabi e i Marziani nel singolo che avete lanciato un paio di settimane fa. Sembra che abbiate passato molto tempo a osservare il cielo.
Giuliano Sangiorgi: La luna, il cielo, il mare sono elementi che immagino anche quando non li ho di fronte, sono un’ossessione. Mi portano a riflettere sul fatto che natura fa il suo percorso in qualunque modo vada la nostra vita. Li ho idealizzati, non sono soltanto qualcosa di visivamente suggestivo, mi ci sento veramente ancorato.

Restiamo al cielo. Free Love è il vostro nono disco in studio e il numero 9 in astrologia rappresenta l’Eremita, una carta che parla di illuminazione, saggezza e consapevolezza. Vi riconoscete?
Giuliano: La saggezza la lasciamo ai posteri. Facciamo parte della generazione in bilico che non si sente mai risolta e quindi non può arrivare alla saggezza che appartiene alle persone risolte. Per il momento non fa parte dei nostri piani.
Danilo Tasco: Quella dell’Eremita è un’immagine che fatico ad associare a una band come la nostra. Per quanto riguarda la saggezza, potrebbe essere una nostra ambizione, solo che dobbiamo rinviarla ancora a qualche anno in più di vita e di esperienze.

Nel disco dite che che amare è un diritto, senza pregiudizi, violenza e discriminazioni. È una reazione ai politici che vorrebbero imporre il loro modo di amare?
Giuliano: Mi chiedo se un domani sarò capace di rispettare la libertà di mia figlia, ma credo di essere pronto a disfarmi di ogni pregiudizio. Sono convinto che tutte le conquiste sociali siano troppo grandi per essere disperse nel nuovo Medioevo che viviamo e che non ci aspettavamo sarebbe tornato. Chi immaginava di sprofondare all’indietro? Essendo fiducioso, Free Love è pieno di speranza e penso che questo periodo, che è uno dei più neri per le conquiste dei diritti, verrà superato perché le nuove generazioni sono pronte a essere libere.

Avete registrato a Berlino negli storici Hansa Studios, che hanno ospitato David Bowie, Depeche Mode, U2, Iggy Pop e R.E.M. La Berlino Est della vostra canzone è davvero così lontana dall’Italia?
Giuliano: Ho scritto quella canzone quando sono arrivato a Berlino ed è stato come toccare per la prima volta il suolo lunare. Ci sono andato con Ilaria e Stella (la compagna e la figlia, nda), per me era la prima volta. Ho scritto immediatamente questo pezzo in albergo. Ho sentito quella libertà che aveva rotto i muri, distrutto i confini, in cui tutta l’umanità si era ritrovata. Forse Free Love non poteva che nascere in un luogo dove la libertà ha rotto le barriere. Ero bambino quando è crollato il Muro di Berlino, ho ancora di fronte agli occhi quelle immagini e le espressioni di mia madre e di mio padre. Quindi sì, volevamo rubare lo spirito che si sente per le strade della città e questa cosa riguarda anche i diritti civili e sociali.

Che cosa serve per tenere in piedi una band come la vostra tanto a lungo?
Danilo: Una band come la nostra non è diversa da altre piccole collettività che stanno insieme da 25 anni e sono influenzate da una costante evoluzione, da crescite, da drammi, dai momenti diversi che accompagnano la vita. Siamo in sei e ci piace pensare che la band vada al di là delle capacità singole. Il lavoro che abbiamo prodotto è sempre stato frutto di un vissuto che abbiamo raccontato nelle canzoni. Non è facile, non significa andare d’accordo o non confrontarsi, ma farlo in maniera libera, rispettando l’opinione di tutti.

La cover del disco ospita il Narciso di Jago. Prendendo spunto dal mito, Giuliano ti è mai capitato di specchiarti nel laghetto e di non riconoscerti?
Giuliano: Quando mi specchio, vedo l’immagine di una donna. Me lo diceva spesso Caterina Caselli: «Quando scrivi hai l’anima di una donna». Anche nell’opera di Jago, Narciso riflette se stesso e vede una donna. In mia figlia Stella sento una simmetria, un riflesso diverso da me in cui mi ritrovo. Ho collaborato con Mina, Ornella Vanoni, Patty Pravo, Malika Ayane e mi sembrava strano che delle donne avessero così tanta dimestichezza con quello che scrivevo, ma in realtà ero io a riflettermi in loro e questa cosa mi permette di vivere in equilibrio.

I Negramaro a Skyway Monte Bianco per il video di ‘Free Love’. Foto: Giordano Mattar

Se i Negramaro fossero nati oggi, sarebbero gli stessi? O forse sarebbero durati poco?
Danilo: Ogni tanto ci chiediamo cosa sarebbe successo se avessimo avuto i social quando abbiamo iniziato. Ai tempi anche solo per far ascoltare un brano a un’etichetta discografica era necessario consegnarlo fisicamente. È preistoria, Internet c’era, ma non i social.
Giuliano: Prima dell’avvento dei social, abbiamo suonato a San Siro, all’Arena di Verona o all’Olimpico, traguardi che oggi hanno una cassa di risonanza enorme. Se li avessimo avuti, sarebbero stati un volano potentissimo. Anche fuori dall’Italia.

Dopo 25 anni di carriera non avete timore di essere definiti dei boomer dai più giovani?
Danilo: Non ci sentiamo boomer, anche perché non ci piace l’idea di essere etichettati. E poi noi siamo anagraficamente a cavallo tra varie generazioni. Ma al di là delle definizioni, abbiamo una predisposizione ad accogliere quel che deve arrivare, siamo averti al futuro.
Giuliano: È un’ossessione quella per i boomer, mi sono rotto di questa parola. Le generazioni cambiano, che cazzo ce ne frega se siamo o non siamo boomer? Sai cos’è importante? Essere liberi. C’è una cesura netta tra le generazioni, è giusto che quelle nuove si rivoltino, ma la parola boomer è inadeguata a raccontare il conflitto generazionale.

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