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Neil Young: «Mi ritirerò quando sarò morto»

Il cantautore ha appena aperto i suoi archivi, un sito stracolmo di materiale disponibile a qualità altissima. Ma non è il suo testamento, perché Neil Young non ha nessuna intenzione di fermarsi.

Neil Young, foto The Canadian Press/Press Association Images / IPA

Quando devi scrivere di Neil Young, non ti aspetti che lui stia facendo lo stesso con te. «Sto scrivendo di questa giornata per il Times Contrarian», dice del giornale pubblicato su Neil Young Archives. Il cantautore è impegnato tutto il giorno con una serie di interviste, e sta appuntando tutti i suoi pensieri. «Racconterò dell’esperienza di questa giornata: di cosa ho parlato, tutto quello che riuscirò a ricordare», continua. «Ora si sta facendo tardi, quindi la mia memoria va peggiorando. È un esercizio giornalistico».

Se c’è una cosa che abbiamo imparato dalla carriera di Young, è proprio di aspettarci l’inaspettato. Ed è vero anche per Paradox, il film scritto e diretto da Daryl Hannah e che arriverà su Netflix a fine mese, dopo il debutto al South By Southwest. Young interpreta “l’uomo con il cappello nero”, leader di una banda di banditi di cui fa parte anche la sua band, i Promise of the Real. Vivono in un mondo in cui i semi sono diventati moneta corrente.

La storia è strana tanto quanto Trans, il suo album del 1982 ricco di sequenze musicali eccellenti. Daryl Hannah ha spiegato che il film è nato in poco tempo: Young e la band avevano bisogno di qualche giorno per abituarsi al clima della zona di Rockies, dove hanno suonato nel 2016. «Sapevo che si sarebbero seduti attorno al fuoco, a suonare e scherzare, ma non volevamo girare un documentario», dice la regista. «Sono un gruppo di persone incredibili, e hanno accettato di girare un piccolo film tutti insieme. Non c’erano attori professionisti, nessuna troupe, nessun budget. Abbiamo fatto tutto in tre giorni. Non era stato pianificato nulla, è successo tutto spontaneamente».

Young è felice dell’uscita del film, ma sa benissimo che è un prodotto di nicchia. «Non ci aspettiamo di convincere tutti», dice. «Siamo un po’ nervosi, usciremo su una piattaforma famosa in tutto il mondo. Sarà come Facebook: qualcuno ci urlerà addosso, tirerà pomodori e parlerà della nostra vita sessuale. Chissà che succederà. Non so se riusciremo a integrarci, ma va bene così».

Qual è stato il momento migliore della produzione di Paradox?
Merda, è stato tutto grandioso. Mi sono divertito molto a girare le scene nella neve. Non ero mai stato su una slitta trainata da cani, ma devo dire che mi è venuto tutto naturale. Mi è piaciuto tutto e le scene con la musica sono molto belle, soprattutto quelle attorno al fuoco con gli altri ragazzi.

I dialoghi sono molto divertenti. Come: “L’amore è come le scorregge: se lo cerchi troppo intensamente, finisci per trovare la merda”.
Ha scritto tutto Darryl, tutta la sceneggiatura. Ha comprato i costumi, ha preso in mano tutta la produzione. È una professionista incredibile, tutto per pochi soldi.

Potevate ambire a una produzione più imponente, ma forse è meglio che non sia andata così.
Sì, abbiamo fatto quello che volevamo. Non è certo CLint Eastwood, non ci interessa quella roba ed è meglio che sia lui a girare quel tipo di film. Sono grandiosi. Noi siamo un’altra cosa, e abbiamo fatto il film per la nostra gente, non per impressionare qualcuno.

Che cosa hai imparato lavorando con Daryl Hannah?
La rispetto moltissimo, è una lavoratrice infaticabile. Non ho mai visto nessuno come lei. Sa perfettamente che i suoi fan non capiranno questo progetto, ed è un po’ preoccupata, ma è una vera artista. Nessuno avrebbe potuto girare questo film, solo lei.

Nel film c’è una bellissima versione di Peace Trail. Fai talmente tante cose che è difficile starti dietro, molti non la ascolteranno…
Si, la versione nella tenda è molto bella. È la prima volta che l’ho suonata con i Promise of the Real. Quando voglio suonare, lo faccio a tutti i costi. È per questo che faccio tutte queste cose. Non aspetto, agisco e basta. Penso: “questo è un dono, non posso non accettarlo. Poi potrò andare avanti”. La band non ha registrato quell’album con me, e mi dispiace – sarebbe stato bellissimo -, ma è comunque un grande lavoro.

Neil Young nel 1976

Come vanno le cose con gli archivi?
È fantastico. È un atto d’amore, fatto perché la gente ascolti la musica, è incredibile. Sono felice che voi del magazine possiate ascoltare come suona, è il miglior sound digitale del mondo. Spotify e Tidal non sono ancora arrivati alla stessa qualità, noi sì.

Come?
Un mio amico a Singapore ha fatto tutto il lavoro per me (Ride). Ma è davvero semplice, è streaming con bitrate flessibile. Spotify ha due livelli, così come Apple. Tidal raggiunge una qualità più alta, quasi come un CD. Ma è tutto basato sulla compressione dei file per recuperare memoria. Ma non siamo più costretti a farlo, nel 21esimo secolo. Noi abbiamo 15,000 livelli di streaming.

Chi è che fa funzionare tutto?
Ci sono tre o quattro persone a Los Angeles, sono loro che mettono tutto in funzione. Certo, ci servirebbe più forza lavoro, ma non possiamo pagarli. Prenderemo degli stagisti (Ride). Abbiamo anche bisogno di un ufficio. Sono un sacco di soldi, ma è divertente.

Tu che ruolo hai?
Sono al telefono con loro 24 ore a settimana, parliamo di diverse cose, di come migliorare il servizio. Gli abbonamenti andranno benissimo, e ci sarà sempre la versione “free”: potrete ascoltare i miei 10 album più popolari senza pagare niente.

Quando inizierà la fase a pagamento?
Da giugno, quando scadranno i sei mesi gratuiti. Quando inizieranno gli abbonamenti… per molti servizi è il bacio della morte, ma noi chiediamo davvero poco e offriamo tantissimo materiale. E ti dirò, per ora c’è online solo il 25% del materiale.

C’è qualcosa che non ascoltavi da tempo e che ti ha stupito?
Broken Arrow (1996, con i Crazy Horse). Un disco incredibile. C’è un bellissimo video girato da Tim Pope, non credo che sia mai stato trasmesso. This Town, Scattered, mi piacciono molto quelle canzoni. Quello è il primo disco che ho registrato dopo la morte del mio produttore David Briggs, è molto importante per me. Anche Zuma mi sembra sempre bellissimo. Poi c’è Dume, da Point Dume. Lì ci sono sei brani delle session di Zuma, ma è materiale molto diverso.

Neil Young a Firenze, foto Andrea Barsanti/Wikimedia

Ho letto che registri tutti i soundcheck, tutti i concerti. Hai intenzione di pubblicare ogni cosa?
Per quanto riguarda i live no, mi piace selezionare solo il meglio. C’è una vibrazione speciale che arriva solo in alcuni momenti, ed è compito dell’artista ritrovarli. Oggi viviamo in un mondo in cui tutto è a portata di mano, e io invece voglio scegliere. Gli Archives non sono Facebook, è casa mia.

Dev’essere stato affascinante esplorare il lavoro di una vita, vederlo tutto in una volta.
Faccio fatica a crederci, davvero. Cerco di non pensarci troppo: suono dal 1963, è tantissimo tempo.

Non ti piace guardare al passato.
Per questo progetto sono costretto a farlo. Ed è bellissimo. Abbiamo le nostre classifiche, e sono sempre al primo posto (Ride). Certo, ci sono anche gli album degli Aurora e dei Sultan, le band in cui suonavo al liceo. Vedere quei dischi insieme ad Harvest… è stato fico. Mi diverto molto con il sito.

Non farai più cofanetti?
No… l’etichetta discografica vuole farne un altro, e così succederà. Sfortunatamente il mio art director è venuto a mancare la settimana scorsa. Abbiamo lavorato insieme per 50 anni, è una cosa molto triste. Avrebbe dovuto disegnare libretto e copertina, ci stasva lavorando. Ora sarà sua moglie Jenice a finire tutto. La cosa assurda è che non suonerà così bene come il materiale online, perché i CD sono compressi. Per fortuna ti bastano uno smartphone e un paio di belle cuffie, magari con un convertitore analogico-digitale.

Tra un mese pubblicherai Roxy: Tonight’s the Night Live, la registrazione dei concerti leggendari del 1973. Cosa provi ad ascoltare quelle registrazioni?
Mi sembra di essere lì, ricordo tutto. Ci sentivamo davvero sicuri, conoscevamo molto bene la scaletta. In quel periodo facevamo il disco dall’inizio alla fine, bevendo fino all’alba. Suonavamo l’album, ci facevamo un drink e ricominciavamo da capo. È così che abbiamo raggiunto quel livello.

Quello è stato un periodo molto difficile per te. Hai registrato il disco dopo la morte del tuo chitarrista Danny Whitten e del roadie Bruce Berry.
Era una veglia. Una veglia per quei ragazzi morti per la droga. Ma le veglie non sono tutte tristi. È il blues, non credi? Ti fa sorridere.

E adesso? Continuerai a suonare con i Promise of the Real?
Sì, faremo Farm Aid e il Quebec. Per ora posso dirti questo. Non credo di riuscire a fare un altro tour negli stadi, forse il prossimo anno. Sono davvero impegnato con gli archivi, e sono al lavoro su un libro, un romanzo.

Neil Young – Foto di Julie Gardner

Moltissimi artisti stanno annunciando tour di addio. Che cosa ne pensi?
Il mio sarà con Cher, partiremo in tour insieme (Ride). “Neil and Cher”, bellissimo. Non ho bisogno di annunciare il mio ritiro, perché coinciderà con la mia morte. Che significa annunciare “Ragazzi, non tornerò più a suonare?” Mi sembra una stronzata. Io vado in tour se ne ho voglia: ho una grande band, anzi ne ho due, e possiamo suonare tanto materiale differente. I Promise of the Real possono suonare tutto il mio catalogo, e sono grandiosi. Tutti sul palco si sentono alla grande, non c’è neanche un grammo di paura.

Hai detto che la porta è sempre aperta per i Crazy Horse.
Abbiamo registrato un album di recente, Alchemy. Poi c’è Toast, i dischi degli anni ’70… se volessi tornare in tour con loro non ci sarebbero problemi. Ma adesso non sono pronto. Ho questa strana sensazione, e sento che è il momento di dire di no. Farò il contrario quando sarà il momento. Cerco solo di dare ascolto all’ispirazione, alla mia musa: e la musa mi dice di prendermi una pausa.

Tornando alla registrazione del ’73. In cosa sei diverso dal Neil Young di quel periodo?
Siamo completamente diversi, non lo riconosco nemmeno. Se potessi parlargli forse scoprirei perché. Ma non posso. L’unico modo per capire la differenza è ascoltare la registrazione.

Cosa gli diresti?
“Stai andando alla grande, mi piace come ti vesti”.

All’epoca bevevate davvero molta tequila.
Eravamo dei pazzi, per fortuna ho smesso.

Hai ancora dei vizi?
No, solo l’erba. La cara vecchia erba coltivata da Zio Neil. Roba buona.

Fumare ti rende più creativo?
Non so se divento più creativo o un creativo migliore, ma quando inizi a fumare non smetti di scrivere, è una cosa buona. Tutto quello che aiuta a creare di più è un buon vizio. Certo, puoi fare degli errori, ma non importa, puoi sistemarli in un secondo momento. Io non mi fermo mai a correggere gli errori, è meglio farlo in un secondo momento.

Gli altri artisti lavorano ai loro album per anni.
Vaffanculo. Non io.

I piccoli concerti al Roxy sono arrivati dopo il gigantesco tour di Time Fades Away, concerti leggendari e famosi per la loro oscurità, una sfida per il pubblico.
Sì, ma è il passato. Il Roxy è stato bello. All’epoca avevo solo Harvest e un altro album, Time Fades Away, che non ebbe neanche lontanamente lo stesso successo. Tutti speravano che diventassi il nuovo John Denver, e non è successo. Lui è grandioso, ok, ma ci sono tanti modi diversi di fare la stessa cosa. E io ho trovato il mio.

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