«Guarda, proprio adesso sono in piazza con i miei amici, mi sono messo le cuffie e sto parlando con te». Quella di Neima Ezza è una storia di quartiere genuina, lontana dai cliché del rap e della trap degli ultimi anni, ma era difficile immaginare un inizio così spontaneo. Eppure sono proprio queste le parole con cui inizia l’intervista, a testimoniare quanto nulla della sua musica (e di riflesso della sua vita) sia artefatto o inventato. «Me la sto vivendo con serena tranquillità, anche perché la maggior parte dei miei amici fa la mia stessa roba», racconta quando si parla di come stia vivendo l’inizio della sua storia musicale, a 19 anni appena, con una manciata di tracce pubblicate tra YouTube e Spotify e più di 150 mila ascoltatori mensili sulla piattaforma di streaming. Numeri promettenti per un artista giovanissimo che in poco tempo, partendo dai quartieri milanesi di San Siro e Baggio, sta arrivando in tutta Italia.
Ci tiene a specificare che «io faccio musica perché mi piace», dopo averla scoperta un po’ per caso alle elementari. «Magari passava Ligabue in tv, e io attaccavo il telefono alla tv e registravo la canzone»: non esattamente il tipico nome citato dai giovani rapper di oggi, a ribadire quanto Neima Ezza e la sua musica siano lontani dagli stereotipi. «Ho iniziato a scrivere subito dopo, ma non rap, semplicemente parole in rima, un po’ a caso», aggiunge, «il mio obiettivo non era comporre musica, non lo facevo perché lo facevano tutti, avevo bisogno di raccontare qualcosa, che fosse in rima o meno». La musica vissuta come sfogo, come diario personale, come mezzo per mettere nero su bianco esperienze vissute da vicino, se non addirittura in prima persona. Storie di quartiere per l’appunto, di piazza, situazioni complicate, dalle molteplici sfumature, che spesso (e ingannevolmente) portano al giudizio facile, senza pensare ai contesti difficili. «Quando faccio ascoltare i miei pezzi a qualcuno che è al di fuori della mia cerchia, spesso devo spiegargli le strofe, spiegargli quello che mi circonda»: un ecosistema con le regole proprie, indecifrabili per chi non le vive. La musica, però, riesce a superare qualunque barriera.
Barriera dopo barriera, il rap di Neima Ezza è arrivato fino alle orecchie di Jake La Furia e Big Fish, due figure fondamentali per la scena rap italiana, che hanno subito individuato un talento fuori dal comune. È la loro etichetta, Yalla Movement, a pubblicare Perif, l’EP d’esordio ufficiale del giovane artista. Il rapper e il produttore hanno individuato subito l’onestà nella scrittura di Neima, l’emotività dei suoi testi, l’ambizione, ma anche la profonda umiltà e l’amore per la musica. «Di Jake sono sempre stato fan, il mio primo live fu quello dei Dogo a Radio Italia in Duomo, perché era gratis», racconta, un po’ emozionato. Un aneddoto che racchiude tanto di quello che è l’immaginario di Neima Ezza, che non teme eventuali critiche da chi, magari vivendo quelle situazioni, preferirebbe non vederle raccontate. «Se a qualcuno non andava bene la mia musica, se lo è sempre tenuto per sé. In quartiere mi hanno sempre coperto le spalle e sostenuto», spiega, mentre in sottofondo si sentono chiaramente le voci dei suoi amici in piazza.
La sua musica è ancora in evoluzione, anche perché il nuovo progetto rappresenta solo il primo tassello di un percorso che è solo agli inizi. Nelle quattro nuove tracce, tutte prodotte da Big Fish, confluiscono sonorità e atmosfere diverse, tenute insieme dalla sua scrittura e dalla sua personalità, sempre coerente. In qualche punto sembra volersi aprire a suoni diversi, e lo conferma: «Mi piace sperimentare con la musica e lo stile, ma a patto di raccontare sempre qualcosa, qualcosa che ti rimane». Di tentare il salto in un altro genere, però, non se ne parla: «Sono appassionatissimo del rap, lo amo troppo, non penso che lo abbandonerò mai».
Perif esce in un periodo complicato per tutti, ma lui dice piuttosto serenamente che «non ho aspettative per l’EP», anche se aggiunge che «un po’ mi dispiace, perché non ho avuto occasione di instaurare un rapporto con i fan e i live, gli incontri e i video mi avrebbero permesso di farlo». Se lui dovrà aspettare ancora per poter conoscere i suoi fan, loro potranno invece conoscere meglio la vita di Neima Ezza fin da subito, grazie al documentario che accompagna l’uscita dell’EP. Un progetto personale, che parla di sé, del suo viaggio nel mondo della musica, ma anche del suo passato, dei primi anni a San Siro, di una vita mai facile. Neima si racconta, ma senza sbilanciarsi troppo, soprattutto se si tratta della sua famiglia: «Non mi sono concentrato troppo su di loro e sulla vita personale, ho evitato perché preferisco non parlarne molto, è meglio così».
La musica resta il modo migliore per capire chi è e dove vuole arrivare Neima Ezza, ma soprattutto come. Vuole farlo senza compromessi, senza smettere di essere sé stesso, e soprattutto senza smettere di lasciare qualcosa all’ascoltatore. E non solo a chi, come lui, ha vissuto (e vive) la piazza e il quartiere. «Certe canzoni stanno arrivando sia in quartiere che in centro, stanno girando ovunque. Mi scrive sia chi è in tuta con i suoi amici in piazza, sia chi non viene da quel mondo». Perché con la musica è davvero così, le barriere non esistono.