Night Skinny e i suoi fratellini | Rolling Stone Italia
I ragazzi del Players Club

Night Skinny e i suoi fratellini

È un punto di riferimento per i rapper più giovani (e non solo) di cui coltiva da sempre il talento. L’intervista: la forza delle nuove generazioni, il lavoro dietro un “producer album” come ‘Container’, il rap che è diventato come il Fantacalcio

Night Skinny e i suoi fratellini

Night Skinny

Foto: Alessio Mariano

Non c’è dubbio che il disco di Night Skinny sia stato uno dei più attesi della stagione. Attesa ripagata alla grande: Containers è l’album di street rap più evoluto in Italia, la conferma che il genere non è morto, anzi è in mano a giovanissimi rapper cresciuti alla libera università di Night Skinny, allievi già piccoli maestri.

Come ci racconta in questa intervista il producer di Milano Sud, per fare un disco come Containers non basta fare delle buone basi, bisogna essere un po’ PR e un po’ allenatore: fare gruppo con nottate in studio e cene al ristorante, frequentare nuovi amici, non scendere a compromessi, e soprattutto essere sempre “affamati”.

Quel gruppo di rapper – Kid Yugi, Papa V, Nerissima Serpe, Artie 5ive – che hai iniziato a formare con il progetto Players Club e che ora hai portato in Containers mi sembra ti rappresenti molto, più di altri tuoi progetti precedenti. Sei d’accordo? È come se finalmente avessi trovato quelli giusti con cui lavorare, nonostante abbiano la metà dei tuoi anni…
Come dice Nerissima quando lavoriamo insieme abbiamo la stessa età (il produttore ne ha 41, il rapper 24, ndr). Con i ragazzi negli ultimi due anni ci siamo studiati attentamente, abbiamo fatto tanti pezzi insieme: con Tony Boy avrei un EP pronto che forse non uscirà mai, con Nerissima e Papa abbiamo nuovi progetti in corso, con Artie ci becchiamo molto spesso…

Cosa ti ha colpito in questi artisti?
Il mercato del rap ora in Italia è al suo massimo, si è alzato il livello, ma è ancora pronto ad accogliere dischi e artisti nuovi. I ragazzi del Players però non vogliono scendere a compromessi, non hanno bisogno di affiancarsi a nomi grossi per emergere, preferiscono collaborare tra loro, agiscono d’istinto e sanno ciò che vogliono.

Sono quasi ragazzi di provincia, chi dalla Puglia, chi da Pavia. Ti ci riconosci?
Storicamente noi di provincia siamo sempre stati più affamati (Night Skinny è nato a Termoli, ndr).

Li hai frequentati molto?
Nell’ultimo hanno e mezzo ho vissuto tra studio e casa, insieme abbiamo fatto delle nottate in studio e siamo usciti a mangiare fuori. Ci piace mangiare bene.

Fai il fratello maggiore con loro?
Hanno tutti la testa sulle spalle, ed esperienza: Tony Boy pubblica dischi più o meno da quando li pubblico io. Hanno già visto il rap morire e rinascere, ora stanno “spingendo” e si stanno godendo il momento, col sorriso e con le barre taglienti…

Night Skinny, Tony Boy, Kid Yugi, Capo Plaza - Entro nel posto (Visual)

A proposito di barre, quanto metti di tuo nei testi del disco?
Abbastanza. Con Noyz ho un rapporto di scambio di opinioni consolidato negli anni; con Fibra per Valzer gli ho detto che si doveva fidare, che avrebbe avuto due fortissimi (Papa e Nerissima) insieme a lui e gli ho chiesto un attacco letale e dissacrante tipo il suo mitico “Sul mio disco dico il cazzo che mi pare…”. Si è fatto una risata ed è entrato a gamba tesa nel pezzo con inizio leggendario; con Yugi e gli altri parliamo, ci confrontiamo.

Cosa cerchi nei rapper che chiami nel tuo disco?
Soprattutto un rapporto di amicizia, gente con cui poter condividere una visione del disco che sarà: io propongo, invito, sottopongo delle collaborazioni, soprattutto dico: vieni in studio che ascoltiamo delle cose insieme.

Vengono da te anche perché sanno che faranno un pezzo street con un marchio unico?
Se per street intendiamo sentire il re di Roma, Noyz Narcos, aprirsi e parlare del papà, allora ti rispondo sì. Considero un banger un pezzo street ma divertente, che faccia muovere la testa, non solo brutale e cattivo.

Musicalmente ci sono state delle influenze particolari? Il precedente disco, Botox, era più sperimentale, però penso a nuovi pezzi come Numero 5 con Artie 5ive, con quel coro campionato…
È un coro sloveno di magia bianca… Botox è la fotografia del periodo in cui è nato: un disco post Covid, pieno di influenze indie, un mercato che è esistito anche se ora va la musica rap e urban. Adesso è un altro momento, frequento altre persone.

Immagino sia difficile incastrare in un album tante giovani star stressate dagli impegni in un mercato discografico che va a mille. Il tuo è anche un lavoro da PR?
Assolutamente, c’è molto pierraggio, è una delle mie caratteristiche e mi serve per dare solidità al disco. Non ho mai ricevuto una strofa via mail e quando ne ho ricevuta una, come in questo disco, non è uscita perché non la ritenevo all’altezza.

Sono venuti tutti a registrare da te? È molto raro, di solito mandano in pezzo via mail…
Certo, tutti tranne Shiva per ovvie ragioni legali, ma sono andato io da lui. Solo così si capisce se siamo contenti tutti, io e chi rappa, è più umano come rapporto.

Ci sono gelosie quando nasce un tuo disco? Tipo «Ah cazzo Skinny ha chiamato quello e non me»…
È successo anche che io chiamassi qualcuno che poi non è venuto a fare la strofa. Ci sta, fa parte del gioco.

Ci sono degli artisti a cui hai dovuto rinunciare per questo disco?
Almeno tre, per ragioni di politica discografica, dinamiche da industria musicale che io stavolta ho rispettato e mi sono dato fare. Ad esempio Tessera sanitaria non sarebbe mai esistita se un pezzo molto grosso non fosse stato “congelato”. E allora praticamente in chiusura ho fatto la traccia con Papa e Nerissima.

Hai detto che il livello del rap in Italia ora è alto, ma mi sembra difficile fare previsioni sul futuro. Secondo te reggerà questo rap game così affollato o la gente si stancherà di 30 uscite ogni venerdì?
Per ora sì, i ragazzini vogliono sempre artisti nuovi, nuove collaborazioni, è diventato come il Fantacalcio. Credo che andrà avanti così per un po’.

Tra 30 pezzi rap nuovi che escono ogni venerdì, di media quanti ce ne sono di buoni?
Se li ascoltassi te lo potrei dire, o sono pezzi di amici o non ascolto. Sento Pusha T, un po’ di Travis Scott, adoro la libertà che ha The Alchemist di fare e pubblicare quello che vuole, oggi è un riferimento per me.

I producer si dissano? Ti è mai capitato?
A questa domanda non vorrei risponderti perché adesso sono nel mio prime, non me ne frega un cazzo. Dopo l’uscita del disco sto iniziando a godermela.

E si copiano? Ti hanno mai copiato altri producer?
Quando parte una mia base si riconosce subito che è mia. Sono contento se qualcuno si ispira e me, anche io mi ispiro ad altro, non ho inventato niente. Ma ho il mio stile.

Quale è la tua barra preferita di Containers?
Sono tante, ma direi la strofa di Shiva, la più bella tra le due che ho mai sentito. Poi Nerissima e Papa in Tessera sanitaria, e Kid Yugi ovviamente.

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