«Perché no?». Quando in redazione è iniziata a girare questa proposta bizzarra di mettere insieme rapper e fighter in una chiacchierata collettiva, l’iniziale reazione semi-perplessa è stata soppiantata in pochissimo tempo da un assenso alla fine piuttosto convinto. Perché se i rapper sono l’ultima grande novità emersa nel grande circo della musica (e dell’intrattenimento: perché le due cose si sovrappongono), i fighter MMA sono un po’ lo stesso per quanto riguarda lo sport (che a sua volta ormai da tempo si sovrappone sempre più con l’intrattenimento e lo spettacolo pure lui, almeno in alcune dinamiche).
Sì, ci sono rockstar consolidate, stelle, stelline e stellone del pop e calciatori e piloti di Formula 1 e ciclisti eccetera, ma un occhio anche solo un minimo attento non può non notare quanto l’hip hop – in senso lato – abbia cambiato le geografie e i costumi del consumo musicale e quanto tutto ciò che ruota attorno alle Mixed Martial Arts sia entrato progressivamente nel giro che conta degli eventi sportivi che muovono interessi e attenzioni. Vale per il mondo, vale per l’Italia (che ci arriva sempre un po’ dopo, ma ci arriva).
Occhio: perché quella che è la Formula 1 delle MMA (gli esperti ci perdoneranno per questa semplificazione brutale), ovvero la UFC, il 3 settembre celebra a Parigi una card dove ci sono ben due italiani pronti a combattere: Marvin Vettori ed Alessio Di Chirico. Iniziamo insomma ad essere una presenza seria a livello mondiale. E questo non può che riflettersi in ulteriore popolarità. Magari diversa da quella che ogni tanto gira adesso, ecco, legata a certi fatti di cronaca (e ne parleremo); così come pure il rap, forse, potrebbe a sua volta non finire nelle pagine dei media generalisti e più superficiali solo ed unicamente per le cazzate di questo e le scemenze di quell’altro, ma perché è qualcosa che – piaccia o meno – appassiona e coinvolge. Come in effetti è.
Quindi: quando è saltata fuori la possibilità di fare una conversazione incrociata tra i già nominati Marvin Vettori e Alessio Di Chirico e due pesi massimi del rap italiano come Noyz Narcos e Tony Effe c’erano in realtà due possibilità. La prima, era dire du’ cazzate autocelebrative e autopromozionali in allegria, contando sul fatto che ai fighter i rapper spesso piacciono, e viceversa; la seconda, era andare invece un po’ più in profondità. Bene: a pochissimi giorni dalla card parigina Marvin e Alessio di disponibilità ce ne hanno data eccome, e sono stati anzi proprio loro a portare più nel dettaglio la conversazione, a colpi di risposte interessanti e articolate e non bofonchiando banalità pronto uso, con Noyz e Tony Effe coinvolti di buon grado in questo non scontato twist di contenuto.
Poi se uno pensa ancora adesso che le MMA non siano uno sport e il rap non sia musica, ci si può fare poco. Ma noi abbiamo avuto a che fare con quattro persone che le cose le vivono sulla propria pelle, ogni giorno, e lo fanno dovendo rendere conto a se stessi, a chi li sostiene, a chi li segue, a chi crede in loro. E anche a chi li giudica: vuoi il mercato, vuoi i pugni degli avversari. Non è poco. La chiacchierata è stata bella fluida; per comodità, l’abbiamo riassunta a blocchi.
Come vivete la vigilia di un incontro o di un concerto importante?
Marvin Vettori: La notte prima di un match? Dormo come un ghiro. Sembra strano, lo so; ma la realtà è che la notte precedente invece non dormo mai nulla, perché è la notta che precede la giornata in cui devo fare il peso. La conseguenza è che la notte successiva mi addormento subito, come un sasso. Ma a parte quanto si dorma la notte prima del match o meno, per me il punto fondamentale è: restare focalizzati sul presente, sul qui & ora. Se pensi al passato o al futuro, sbagli. Perdi il focus. Devi cercare di restare assolutamente nel momento. Alla vigilia di un incontro, questa è l’unica cosa che devi fare. Tanto ormai tutto quello che dovevi fare l’hai fatto, amen. Non c’è spazio per altro. Guarda, al massimo puoi provare a visualizzare quelle che potrebbero essere le fasi del match; ma quanto entri nei camerini, stop. Al massimo ascolto un paio di canzoni. Poi basta. Faccio questo lavoro ormai da un po’ di tempo: impari inevitabilmente ad entrare in fretta nella modalità giusta. C’è una cosa che mi capita di pensare sempre, e che mi ripeto: il fatto di non poter più tornare indietro, come se dietro di me ci fosse solo un vuoto verso cui non voltarsi. «Da questo momento in poi, solo avanti». Non si può più tornare indietro: devi solo vincere.
Alessio Di Chirico: La verità? Per me, ogni match è diverso, se penso a come vivo la vigilia. Ci sono volte in cui sono tranquillissimo, cazzeggio alla grande, rido, scherzo; altre in cui invece il tempo non sembra passare mai e c’è solo un’ansia pesantissima, che non riesci a scacciare. La testa si immagina sempre tutti gli scenari possibili, quello sì, e pensi a come risolverli. Ma devo dire che i match migliori li ho fatti quando mi sembrava di essere nella merda, di non avere cioè soluzioni: poi però entri nell’arena, inizi a combattere e passa tutto, superi tutto. Però sì: sono uno incostante. Ogni volta ho una vigilia diversa, ancora adesso.
Noyz Narcos: Prima di tutto fammi dire che penso che affrontare un concerto sia piuttosto diverso dallo scontrarsi fisicamente con una persona. Credo ci sia proprio un altro tipo di tensione. Non le paragonerei. Io, ti dirò, un po’ di tensione l’ho provata recentemente, quando c’è stato il primo concerto grosso – a Roma – dopo tre anni di stop forzato. Ma tolto quello, di solito è da tempo che me la vivo davvero easy. È tanto tempo che faccio concerti. Ho imparato ad arrivare, avvicinarmi al palco, accendere l’interruttore, salire, fare quello che devo, finire, scendere dal palco, spegnere l’interruttore. Tutto questo mi viene ormai molto naturale. Perché la verità è: devi fare quello che sai fare, e puoi farlo senza avere il rischio di trovarti un’altra persona che ti può sovrastare, come invece avviene per un fighter. È il tuo momento, sono tutti lì per te: se fai bene quello che sei preparato a fare, alle fine è una passeggiata.
Tony Effe: Noyz ha ragione. Ma se ripenso ai miei primi live, quelli proprio all’inizio inizio, stavo talmente fuori che non capivo semplicemente nulla. Manco ero in grado di sentire l’ansia. Ora, invece, un minimo l’avverto. Ma dura due secondi. E poi sai cosa? Io di solito prima dei live – ma proprio pochi minuti prima – inizio ad avere un sonno pazzesco. Cioè, se mi guardi da fuori sembra quasi che nun me va, capisci? Mi viene proprio così. Poi però sali sul palco, fai il tuo e non pensi più a niente. Anche per me va così.
Esistono e servono davvero a qualcosa i discorsi motivazionali del proprio allenatore o del proprio manager, prima di salire su un ring o su un palco?
Marvin Vettori: Magari ogni tanto qualche frase colpisce nel segno, se l’allenatore conosce bene il suo allievo e sa quindi quali corde toccare… Lì magari sì, va bene. Ma quelle robe che vedi nei film o nei video su YouTube, guarda, sono cazzate. Non servono.
Alessio Di Chirico: Servono più le chiamate giuste che ti arrivano dall’angolo mentre stai combattendo: quelle sì che ti possono cambiare un incontro. Ma le robe motivazionali generiche, zero.
Noyz Narcos: Io prima di salire su un palco mi trovo sempre a parlare con un sacco di gente, anche pochi secondi prima che inizi il concerto, e parlo di robe normali, banali, niente di che. Ho visto invece che colleghi che hanno tutta una serie di riti, si abbracciano, saltano, urlano, sembrano una squadra di rugby prima di iniziare un incontro. Boh… io queste cose non le ho mai fatte. Però una cosa va detta: sapere che hai accanto la persona che di solito ti accompagna sempre e ti conosce in tutto e per tutto, quello rassicura. Le poche volte che Andrew (Andrea Corona, nda), che è il mio “secondo” da una vita, non c’era ai miei concerti la mancanza un po’ l’ho sentita. Ma non perché lui di solito mi dica chissà cosa: oh, basta la pacca sulla spalla. Quella mi basta e avanza. C’è tutto in quel semplice gesto.
Tony Effe: In teoria, prima di un live io non vorrei parlare con nessuno, ma nessuno proprio. In pratica, ho sempre invece mille persone attorno. Amici, gente varia. E stanno lì: magari mi parlano, magari io gli rispondo pure con frasi di circostanza, ma la verità è che la mia testa sta già altrove. Ti rispondo, ma non ho nemmeno sentito che mi hai detto.
Solo pochi anni fa le MMA avevano considerazione nulla o quasi, in Italia, e sarebbe stato impensabile vedere dei fighter in un contesto come Rolling Stone. A dire il vero, qualche anno fa sarebbe stato impensabile pure vedere dei rapper, da queste parti. Come state vivendo questo ingresso nella popolarità trasversale? E come vedete il fatto che magari ancora adesso c’è chi dice che questa popolarità, proprio per quello che fate e non per come la fate, in realtà non è meritata e anzi diseducativa?
Marvin Vettori: Ma era ora, guarda, che arrivasse la popolarità. Voglio dire: il nostro è uno sport che secondo me merita parecchio. In Italia ci sarebbe davvero bisogno di uno switch culturale. Non è possibile infatti che vengano riconosciuti e considerati solo sport, scusami il termine, un po’ molli, e dove invece c’è anima, cuore, tecnica, fatica pesante come nel combattimento allora è come se non si avesse dignità di esistere. Che cazzo. Ogni sport è bello, sia chiaro, ma ci tengo a sottolineare che chi pensa che noi facciamo solo delle risse su un ring, beh, ha in testa delle cazzate. Sinceramente, anzi: chi non ha un po’ di spirito combattente dentro è un po’ una personetta. Perché nella vita devi combattere tutti i giorni. Questo lo sappiamo tutti. Se non lo fai, non andrai alla fine da nessuna parte. Questo è lo switch di cui parlo e di cui c’è bisogno qui da noi: capire l’importanza educativa e morale degli sport da combattimento. Che sono tutto tranne che risse da strada. A chi dice noi facciamo solo risse, beh, basterebbe venire una settimana a vedere come ci alleniamo in palestra…
Alessio Di Chirico: È vero, la crescita di popolarità attorno alle MMA c’è. E a me non dispiace per nulla. In Italia però siamo ancora molto indietro. Spero che il prima possibile si smetta con l’associazione stupida tra MMA e quello che è successo a Willy, coi fratelli Bianchi, associazione che è ancora troppo presente. Spero che proprio questo evento a Parigi, dove siamo addirittura in due italiani a combattere nel programma, sia una spinta importante a cambiare le cose ulteriormente, a dare più luce su quello che facciamo e nel modo giusto. Magari con l’obiettivo di portare tra non molto addirittura un evento UFC in Italia, perché no.
Noyz Narcos: Fammi però dire che le critiche attorno alla MMA come disciplina da un lato e al ruolo sociale dei rapper dall’altro sono due questioni diverse. Perché essere un fighter significa essere un’arma ambulante, almeno potenzialmente: sta a chi lo è allenarsi a gestire la propria forza e la propria rabbia, perché se ti sfoghi senza controllo puoi fare danni seri. Nel rap, capisco che c’è chi non riesce a fare a meno di romanzare qualche aspetto di quello che racconta per diventare famoso, o comunque far parlare di sé; poi ok, ultimamente ci sono stati anche dei casi di cronaca, ma lì non è il rap, lì è la normalità. In strada i pischelli si sono sempre presi a botte e ci sono sempre state storie di un certo tipo, anche prima che in Italia si sapesse cosa è il rap, non è nulla di nuovo.
Tony Effe: Io sono contentissimo che le MMA in Italia siano sempre più seguite. Io sono anche un appassionato di boxe e di calcio, ma lo sport che oggi seguo di più sono proprio le MMA. Non mi perdo un incontro. Faccio anche le 6 di mattina a guardare le dirette dagli Stati Uniti o da altre parti del mondo, quando ci sono incontri di cartello. La boxe, diciamocelo, al confronto è proprio noiosetta, tolti gli incontri dei più grandi… Le MMA sono molto più dinamiche, divertenti. Per quanto riguarda il discorso sul rap, boh, un po’ me ne faccio una colpa pure io se un certo tipo di fama è arrivato addosso al genere, qui da noi. All’inizio ti capita di fare o dire cavolate, sbaglio? Ma non penso sia tanto un problema del rap, quanto del fatto di essere ancora giovani, ragazzini. Questo è. Quando sei un ragazzino è normale dire o fare cazzate, no? Poi uno cresce e, di base, migliora. Comunque sappiate che io sono invidioso dei fighter: vorrei essere uno di loro. Questo ci tengo a dirlo.
Noyz, Tony: come va a finire il 3 settembre a Parigi? Tu Noyz sei all’angolo di Alessio, Tony a quello di Marvin…
Tony Effe: Marvin vince. L’ho visto allenarsi a Los Angeles, sono andato a trovarlo, e accidenti è un alieno. Un alieno. A un certo punto gli ho detto «Bro, basta, dai, sono arrivato qui, facciamoci un giro fuori, sono arrivato a L.A., me la vorrei vivere un po’ questa città». Lui smette di allenarsi, fa tre ore di bicicletta in giro e poi, quando finisce, torna ad allenarsi di nuovo. Mi ricorda me all’inizio, per certi versi: quando ero convinto di fare i soldi con una roba che in Italia, in quel momento, non si stava inculando nessuno ma io ero stupido – nel senso buono – e ho continuato a insistere, perché ero convinto che se insisti ce la fai. Ecco, Marvin oggi è così, ma lo è ancora di più, perché per come si allena lui è come se io passassi 24 ore al giorno in uno studio di registrazione e credimi, se passo 24 ore al giorno in uno studio di registrazione per mesi di fila prima o poi la hit viene fuori. È matematico. Sì: Marvin vince.
Noyz Narcos: Io speso che Alessio vinca. Ma è una speranza, non ho la competenza sportiva per una previsione vera e propria, tecnica.
Domanda finale a risposta secca: qual è la canzone che vi fomenta di più, che vi dà più adrenalina?
Marvin: Ce n’è una che ho ascoltato un sacco, in loop continuo: Attica di Noyz.
Alessio Di Chirico: La mia canzone d’entrata. E proprio per questo, cerco di ascoltarla il meno possibile in altri momenti. Re-Education dei Rise Against.
Tony Effe: Mah, sapete che forse non ne ho? Se proprio proprio devo indicarne una, allora forse I Don’t Like di Chief Keef.
Noyz Narcos: Sono tante, davvero tante. Ma se ne devo scegliere una, vado dritto spietato su Master of Puppets dei Metallica.