La maggior parte delle pop star cambia idea una manciata di volte prima di scegliere la versione definitiva del video della loro prima hit. A Normani non ne sono bastate cinquanta. Scritta con Max Martin e la compagna di tour Ariana Grande, Motivation è un trionfo di pop arioso, sexy e ritmicamente intelligente. Nel video, pubblicato la scorsa estate, Normani attraversa le scene dei video che amava da bambina (J. Lo, Britney Spears) mentre balla una coreografia davvero assurda in cui calcia, gira su se stessa e palleggia col sedere.
Tutti hanno amato quel video. Tranne Normani, che non riusciva a smettere di modificarlo. «A volte sono ossessionata», confessa. «Era sul punto di crollare», aggiunge il papà Derrick Hamilton. Le cose si sono messe talmente male che una delle Destiny’s Child è dovuta intervenire per calmarla. «L’ho mandato a Kelly Rowland prima che a chiunque altro», dice Normani. Si sono incontrate quando Rowland faceva il giudice di X Factor e Normani era tra i concorrenti in gara. «Mi ha detto: “Stai un filo esagerando”».
Il perfezionismo di Normani è nato da un trauma vissuto a inizio carriera. Nelle Fifth Harmony, il gruppo in cui cantava con Camila Cabello, era trattata come l’ultima ruota del carro. In quanto unica ragazza nera del gruppo, spesso si sentiva diversa. A un certo punto, quando un sottogruppo dei fan chiamati Harmonizers si è convinto che avesse offeso la Cabello definendola “stramba”, è diventata vittima di una serie di attacchi razzisti online. Alcuni troll hanno photoshoppato delle immagini in cui veniva linciata; altri mandavano minacce di morte. «Ne porta ancora le cicatrici», dice il padre.
In studio con le 5H si sentiva trascurata, etichettata come “la ballerina”. Quando era l’unica a non cantare in un pezzo, si domandava cosa diavolo ci facesse lì. «Ero devastata», ammette. «Pensavo a tutta una serie di cose come: “Forse è colpa mia? Cosa avrei potuto fare diversamente? Non lavoro abbastanza? Non ho talento? Che ha di sbagliato la mia voce?”».
Da allora sono cambiate molte cose: dopo la fine delle Fifth Harmony, la RCA l’ha ingaggiata come solista. È diventata una piccola Beyoncé, una performer che nel panorama pop attuale sembra quasi old school: una macchina da ballo con una grande voce e l’abitudine a comportarsi da diva.
Ha registrato delle hit con Sam Smith e Khalid, e lentamente ha trovato la sua voce. Nel 2018 ha riportato la coreografia di Pleasure Principle di Janet Jackson sul palco dei BMI R&B/Hip Hop Awards, con Jackson che la guardava dal pubblico come una mamma orgogliosa. Nicki Minaj l’ha citata mentre accettava un VMA. Beyoncé le ha detto che è “fiera di lei”. Rihanna ha twittato: “Uff, perché non posso essere te?”, dopo la performance alla sfilata di Savage x Fenty. Normani è poi diventata il primo brand ambassador del marchio di lingerie. «Sono senza parole, queste sono le donne che mi hanno resa chi sono», dice. «Rispettano quel che faccio. Lo rispettano davvero e vogliono che le cose mi vadano bene. Da ragazzina non sarei stata nemmeno in grado d’immaginare una cosa del genere».
A gennaio, quando la incontro in una pista di go-kart fuori Los Angeles, è vestita con dei pantaloncini da basket neri e una maglietta abbinata di Aaliyah. Il mese scorso ha guidato un go-kart per la prima volta, l’unica distrazione in un viaggio con gli amici in cui ha ascoltato ininterrottamente il nuovo album di Harry Styles. Oggi vuole provarci di nuovo, ma in realtà la gara sembra più una scusa per far uscire di casa una ragazza convinta di essere introversa.
Normani sta cercando di dare priorità alle parti della sua vita che la fanno sentire davvero una ragazza di 23 anni, come vedere gli amici e uscire con un ragazzo. Anche la fede è un modo per sentirsi normale: è una cristiana devota e va spesso in chiesa a Los Angeles. Anche le sue amicizie più famose tendono verso l’ordinario. Ha passato il mese di gennaio a viaggiare con delle amiche in Giamaica. Mentre era in tour con Ariana Grande, la scorsa estate, guardavano Bohemian Rhapsody sul tour bus e si facevano maschere per il viso. «So che ha un cuore d’oro», ha detto Ariana Grande. Ha scelto Normani per lo Sweetener World Tour e l’ha pubblicizzata su Instagram ogni volta che ha potuto. «È una persona davvero aggraziata e io amo vedere vincere chi se lo merita».
Nonostante qualche follia alla guida – prima di saltare a bordo cita il mantra di Will Ferrell in Ricky Bobby – La storia di un uomo che sapeva contare fino a uno: “Se non sei primo, sei ultimo” – Normani arriva quarta, poco prima dei due novellini a cui aveva appena spiegato come fare (il suo amico Josh e la sottoscritta, rispettivamente al quinto e all’ultimo posto). Sembra leggermente seccata dal fatto che il suo manager (secondo posto) abbia causato una collisione in pista.
Presto dovrà tornare a lavorare – cioè a ossessionarsi – sul prossimo obiettivo della sua carriera: l’atteso album da solista che potrebbe trasformarla in una superstar. Stima di essere arrivata a metà dell’opera e spera di pubblicare un singolo per l’estate. È un passo monumentale per una ragazza che ha passato sei anni nel silenzio discografico più totale. Normani sta ancora imparando ad aprirsi e forse le esperienze dolorose del passato non saranno state tempo sprecato. «Voglio sentirmi rappresentata nel modo più autentico possibile, perché so cosa significa venire da un gruppo e sentirsi dire come devi o non devi comportarti», spiega. «È incredibile che adesso abbia l’opportunità di essere chi voglio essere». In breve, sta ancora cercando di capire cosa significhi essere Normani, stella nascente.
Quand’era teenager, sapeva perfettamente cosa voleva dalla vita: essere una delle più grandi performer di tutti i tempi. I sogni di grandezza sono iniziati presto: subito dopo il trasloco degli Hamilton da Atlanta a New Orleans, un’infaticabile Normani di soli 3 anni d’età ha iniziato a prendere lezioni di danza. «La mia famiglia diceva: “Dobbiamo farla ballare perché non fa che agitarsi”», ricorda. Era figlia d’arte: la madre era una ballerina professionista, mentre la nonna faceva la majorette.
In Louisiana passava la maggior parte del tempo con la nonna materna mentre i genitori, un’assistente di volo e un sindacalista, viaggiavano per lavoro. Normani era timida, ma aveva un gruppo di amici piccolo e affiatato. Nel 2005, quando aveva 9 anni, il padre (che all’epoca lavorava in Tennessee) ha letto sui giornali dell’arrivo dell’uragano Katrina. Derrick capì che la famiglia doveva andare via dalla città e gli Hamilton si sono rifugiati appena fuori Baton Rouge. L’uragano distruggerà la loro casa e si trasferiranno a Houston. «È stato difficile per ‘Mani», racconta Derrick. «Quella casa era tutto il suo mondo. Alcune persone del nostro quartiere non sono sopravvissute. È stato davvero traumatico».
A Houston, Normani ha cambiato quattro scuole prima di trovarne una in cui si sentiva più o meno a suo agio. Quando era in quinta elementare, però, la famiglia ha deciso che avrebbe studiato a casa, così da nutrire meglio i suoi sogni. «Sì, ero quel tipo di bambina e mia mamma era una specie di manager», scherza. Insieme facevano avanti e indietro tra Houston e Los Angeles per partecipare a tutte le audizioni possibili: recitazione, canto, ballo. Ha registrato un paio di canzoni che non hanno mai visto la luce del sole e non ha convinto i produttori di America’s Got Talent. «Cercavo solo di farcela, registravo canzoni orrende», dice.
Mentre Normani cercava la sua strada, i suoi genitori faticavano a sbarcare il lunario. «Non me l’hanno mai fatto pesare», dice. Il lavoro per la sua carriera continuava senza sosta. «Gare di danza che non potevamo pagare. Lezioni di canto a cui non sarei dovuta andare». Ora la mamma è in tour con lei, mentre il papà fa lo scaricatore di porto a Houston. Normani dice che è lui ad averle trasmesso l’etica del lavoro, una caratteristica che si è rivelata utile quando la sua carriera è andata a rotoli.
Le ragazze delle Fifth Harmony avevano tutte partecipato alle audizioni di X Factor come soliste, ma nessuna di loro era abbastanza forte da continuare la competizione. Fino alla fase dei bootcamp, non si conoscevano affatto. Ispirati dal successo degli One Direction nella versione britannica dello show, i giudici Simon Cowell, Britney Spears, Demi Lovato e L.A. Reid hanno trasformato le cinque ragazze in un gruppo vocale.
Alla fine della gara le Fifth Harmony sono arrivate terze, ma hanno beneficiato del trattamento 1D: erano pubblicizzate come un gruppo pop a metà tra le Spice Girls e le Destiny’s Child, con canzoni potenti che parlavano di “essere un BO$$”. Una manciata di quei pezzi diventeranno classici delle radio mainstream e le ragazze passeranno i sei anni successivi schiave di un calendario poco invidiabile di tour costanti e promozione. Tornavano a casa solo per le festività e anche in quel caso erano spesso interrotte da impegni di ogni tipo.
«Abbiamo pagato i nostri debiti», dice Normani spalancando gli occhi, ricordando il periodo in cui facevano due tour contemporaneamente, uno per aprire Demi Lovato e l’altro da headliner. «Superare quel periodo… in pratica, sto dicendo che posso fare qualsiasi cosa. Quella roba ha reso tutto più facile».
È un po’ che lavora a Los Angeles, ma non la considera ancora casa. Parte per il sud tutte le volte che può per vedere gli amici di Houston e New Orleans, così come la sua famiglia. Quando Normani tornava a casa dai tour delle 5H, la vita era andata avanti senza di lei. Si è persa i balli del liceo e il college, tutte cose che i suoi amici hanno vissuto insieme. «Non potevo partecipare ad alcune conversazioni», dice, «e non riuscivo a capirli perché non stavo vivendo le stesse esperienze».
Per Normani, in tour non c’era tempo per pensare a queste cose, soprattutto perché era sempre alle prese con troll razzisti. Durante quel periodo, Camila Cabello ha cercato di difenderla con una serie di tweet confusionari, senza successo. Le Fifth Harmony non erano equipaggiate per affrontare una situazione di quel tipo. «Non sapevano come starmi vicina, perché non vivevano la mia stessa esperienza», dice, «e perché quando mi guardavano non mi vedevano davvero».
Di recente, Cabello è stata attaccata perché quando aveva 14 anni gestiva un blog su Tumblr pieno di meme e offese razziste. Dopo le 5H, le strade di Normani e Camilla si sono incontrate varie volte, ma quando le chiedo di parlarne, mi dice che sta ancora cercando di capire quei post. In quanto donna nera con un pubblico di giovani neri, vuole rispondere con precisione. «Voglio assicurarmi che le parole che uso rispecchino esattamente quello che voglio dire», spiega. «Ti darò una risposta».
E così ha fatto, per iscritto, dopo un paio di settimane.
«Voglio essere davvero chiara su questo tema sgradevole, e ho pensato che sarebbe stato meglio mettere per iscritto quello che penso. Non voglio che le mie parole vengano equivocate come in passato. Ho fatto fatica a parlare di questa cosa perché non voglio che faccia parte della mia storia, ma sono una donna nera e faccio parte di un’intera generazione che condivide la stessa storia», dice nella sua e-mail.
«Affronto attacchi orrendi ogni giorno, così come il resto della mia comunità. Succede ogni giorno delle nostre vite. Ho tollerato la discriminazione prima ancora che potessi comprendere cosa mi stava succedendo. Per anni mi è stato rivolto contro odio sia diretto che subliminale, e l’unica ragione era il colore della mia pelle. Sarei disonesta se dicessi di non esserne stata ferita. È stato devastante scoprire che l’odio poteva arrivare anche da un posto che doveva essere un porto sicuro, una sorellanza, perché sapevo che a parti invertite le avrei difese tutte senza battere ciglio. Ci sono voluti giorni perché lei prendesse atto di quello che subivo online, e anni perché si prendesse la responsabilità per i post offensivi che sono stati ritrovati. A prescindere dalle sue intenzioni, questa storia mi ha fatto sentire come se la nostra relazione fosse secondaria rispetto a quella con il suo pubblico».
Cabello si è poi scusata per i post, definendo la versione di se stessa che ha fatto quelle cose “ignorante e inconsapevole”. Erano post pieni di insulti e stereotipi sugli afroamericani, contenuti non troppo lontani dall’odio quotidiano che riceveva Normani quando era nelle 5H.
«Non voglio dire che questa sia una situazione senza speranza, perché credo che tutti debbano avere l’opportunità di crescere», continua Normani nella lettera. «Spero che qualcuno abbia imparato la lezione. Spero che ci sia autentica comprensione sul perché quanto successo è assolutamente inaccettabile. Ai miei amici e alle mie amiche nere, invece, dico che siamo unici. Il nostro potere risiede nella nostra cultura. Siamo i discendenti di una linea di re e regine forti e resilienti. Abbiamo vinto e continueremo a farlo solo perché saremo noi stessi. Meritiamo di essere celebrati, io merito di essere celebrata, e ho appena iniziato».
Le Fifth Harmony hanno fatto come tanti gruppi vocali prima di loro: Cabello è stata la prima solista, e ha iniziato duettando con Shawn Mendes e Machine Gun Kelly. Alla fine del 2016, dopo quattro anni e mezzo da quintetto, si è separata dal gruppo con una comunicazione dei suoi legali.
Durante l’assenza di Cabello, però, sembrava che Normani fosse diventata la leader de facto. La sua sicurezza sul palco ha catturato l’attenzione di Tunji Balogun che l’ha scelta come artista di punta di Keep Cool, etichetta di RCA, e di Brandon Silverstein, il manager con cui ha iniziato a lavorare alla fine del 2017.
«Ogni volta che vedevo una delle performance delle Fifth Harmony era lei che mi colpiva più di tutte», dice Balogun. L’ha incontrata tramite Khalid e Silverstein, ma non era sicuro di poterla ingaggiare perché le 5H avevano un contratto con un’altra etichetta. Tuttavia, voleva coinvolgerla in Love Lies e farla duettare con Khalid. Entrambi erano entusiasti della sua «energia da star».
Le Fifth Harmony hanno pubblicato un altro disco, poi si sono prese una pausa indefinita. Cabello è stata la prima a firmare un album e scalare le classifiche con una hit. Dopo di lei, tutte le cantanti hanno pubblicato qualcosa, con diversi gradi di successo. Normani parla del gruppo in maniera diplomatica, ma si tiene a distanza di sicurezza dai social media. «Cerco di non prenderla sul personale, anche se a volte è impossibile farlo», dice. «Faccio del mio meglio per trattenermi, perché non c’è persona che possa decidere dove devo andare o cosa voglio fare. Lo decido solo io».
La domenica dei Grammy, due ore prima del mio secondo incontro con Normani, l’elicottero di Kobe Bryant si è schiantato a poche decine di chilometri di distanza dal ristorante dove dovevamo pranzare insieme. Normani è una grande appassionata di basket e ama Kobe. Come tutta Los Angeles, è devastata dalla notizia e rimanda il nostro incontro di qualche ora. Quando finalmente la incontro per cena, nel ristorante vegano Gracias Madre, ci troviamo di fronte un piccolo altare completo di candele e una scatola per chi vuole lasciare un messaggio a Bryant.
Come molti ragazzi di 23 anni, Normani sta ancora imparando ad accettare la morte. La nonna paterna è morta un anno fa e l’incidente di Kobe ha fatto riemergere sentimenti difficili. «Sto cercando di capire come andare avanti quando succedono cose del genere», dice.
La sfida più grande, di questi tempi, è imparare a essere vulnerabile. Le gare di ballo e la ginnastica le hanno fatto vivere una vita in cui al dolore si reagisce sorridendo. Anche quando soffriva per i troll online, non trascurava mai il lavoro. Adesso, però, sta cercando di capire come prendersi cura di se stessa.
Lo scorso anno, quando Normani ha posato insieme a Janet Jackson, la collega le ha dato qualche consiglio. «Non la cito testualmente», dice Normani, «ma mi ha detto di mettere me stessa al primo posto e che potevo fare quello che volevo. Posso fare un disco super pop e un disco r&b».
Di recente pensa parecchio ai generi, soprattutto mentre si avvicina all’uscita del suo primo album. È stanca di considerare “pop” un insulto. «Quella parola diventa negativa se associato a una ragazza nera col mio aspetto», dice. «Ma io canto le canzoni che scelgo perché le amo. Celebriamo il fatto che io possa cantare con Sam Smith e, allo stesso tempo, anche con 6lack!». Un’ora prima di cena, ha guardato Lizzo vincere un Grammy proprio nella categoria pop, una scena che ha definito motivante.
In studio non si sente confinata in nessun genere e lavora con tutti, dai nuovi pesi massimi del pop come Victoria Monét e Tayla Park (autrici che hanno lavorato con Ariana Grande) fino ai produttori sperimentali r&b come Joel Compass (FKA Twigs, Jorja Smith). Nel corso del tempo si è ritrovata a registrare con Stargate, T-Minus, Raye, D-Mile e Bibi Bourelli. «Stavo cercando una soluzione, sentivo di dover dare qualcosa a entrambi i generi», dice. «Ora sto realizzando che non devo niente a nessuno se non a me stessa. Sono io che dovrò cantare quelle canzoni per il resto della vita».
Normani vuole che il suo album sia una dichiarazione d’intenti, meno focalizzato sulle hit e più sulla longevità della sua carriera. «Non mi sento una persona particolarmente aperta», ammette. Mentre impara a farlo, vuole scrivere canzoni che colpiscano il suo pubblico in profondità. «Voglio che tutte le ragazze là fuori sentano che io sto provando le stesse cose che provano loro».
Per quanto riguarda i Grammy, Normani non è preoccupata all’idea di doversi portare a casa uno di quei grammofoni d’oro. È felice per amiche come Lizzo e Rosalía, ma il suo lato cristiano le fa vedere i premi come cose da materialisti. È sopravvissuta al buono, al brutto e al cattivo dell’industria discografica, ed essere dov’è ora è un premio più che sufficiente.
«Oh, ho visto cose orrende», dice sorridendo. «Mi stupisce di essere tornata dopo tutto quello che ho passato. Non sapevo di essere così forte».