«Oh Rolling Stone! Finalmente! Ci sono voluti 30 anni, ma ce l’abbiamo fatta!». Davanti a me, nella finestra di Zoom aperta sul monitor, ci sono Noodles e Dexter Holland – chitarra e voce, rispettivamente, degli Offspring. Per loro è mattina e questa è, probabilmente, la prima intervista di una lunga fila nell’arco della giornata: nonostante gli impegni che li attendono e l’orario, sono gioviali e pronti alla battuta, complice anche una borraccia-thermos presumibilmente piena di caffè bollente.
Parlano dalla sala di regia del loro studio di registrazione, affiatati come solo una coppia di amici che si conoscono da decenni sa essere. Sono passati nove anni dall’ultima prova sulla lunga distanza della band, ma finalmente il prossimo 16 aprile – su Concord Records – esce un nuovo album: si chiama Let the Bad Times Roll e la title track è già uscita come singolo. Ci siamo fatti raccontare da loro qualche retroscena e il lungo cammino che ha portato al disco.
Dall’ultimo album in studio sono trascorsi diversi anni: cosa avete fatto nel frattempo? So che Dexter ha ottenuto il suo dottorato…
Dexter: In effetti è passato molto tempo dall’ultimo album. E io ho fatto la mia parte in tutto ciò, visto che sono tornato ai miei studi… e avevo sempre un sacco di compiti a casa (ride). In realtà il fatto è che, semplicemente, non l’abbiamo fatto uscire prima perché non ci sembrava fosse il momento giusto.
Noodles: Comunque abbiamo suonato molto dal vivo, ogni tre, quattro mesi facevamo delle date o un tour. E nel frattempo abbiamo lavorato tanto, nel nostro studio. Un nuovo disco avrebbe potuto essere pronto già quattro, cinque anni fa, ma ascoltando quello che registravamo c’era sempre qualcosa che non sembrava funzionare. È accaduto solo due, tre anni fa che, all’improvviso, le cose hanno iniziato a girare per il verso giusto: abbiamo avuto un momento molto creativo e sono nate almeno cinque o sei canzoni che poi sono finite in questo disco nuovo. E da lì abbiamo iniziato a lavorare seriamente. Poi, l’anno scorso, è arrivata la pandemia ed è stata una disdetta perché noi avevamo praticamente terminato l’album e stavamo iniziando a pensare a suonare dal vivo per promuoverlo. Ma vedendo la situazione abbiamo pensato: ehi, forse è più saggio fermarci un attimo, non sembra una buona idea pubblicare un disco in queste condizioni, se poi sarà impossibile viaggiare, fare tour e suonare dal vivo.
Quindi l’avete tenuto nel cassetto anche se era già pronto?
Noodles: In realtà non proprio. Ci siamo rimessi a lavorarci ancora, ci sono venute altre idee, abbiamo fatto alcune rifiniture. E alla fine ci siamo detti: ok, il disco è davvero finito. E non possiamo tenerlo lì nascosto, dobbiamo darlo in pasto ai fan, che lo devono ascoltare.
Dexter: La pandemia ci ha davvero messo a terra in un primo momento… era tutto pronto, avevamo progetti per un’annata meravigliosa in giro a suonare e tutto è sfumato in pochi giorni. Ma, col senno di poi, devo dire che è stato un bene, in un certo senso, avere la possibilità di fermarci e riascoltare un’ultima volta l’album, rendendoci conto che potevamo fare ancora qualcosa. E infatti è ancora migliorato, con un po’ di lavoro in più.
Ho percepito un ritorno al vostro sound dei primi anni ’90, molto diretto e punk, in questo nuovo disco…
Dexter: Questo è il nostro decimo album e ci siamo chiesti: cosa possiamo fare, ora? Come fosse una sfida: cosa possiamo proporre?
Noodles: Una rock opera? Potevamo fare una rock opera (ride)!
Dexter: In passato, specialmente nei due dischi precedenti, abbiamo allargato un po’ i nostri confini musicali, ci siamo spinti oltre. Ma poi arriva il momento in cui capisci che forse è arrivato il tempo di tornare un po’ indietro. E così abbiamo voluto fare un disco… non tipico, direi, ma sicuramente classico, davvero alla Offpsring.
I pezzi di Let the Bad Times Roll sono decisamente allegri, punk, solari e divertenti a livello di suono. Ma i testi sono spesso cupi o comunque piuttosto seri. È un contrasto interessante…
Dexter: Penso che sia un elemento, questo contrasto fra musica e testi, che ci portiamo dietro da sempre. È capitato spesso che ci dicessero: «i vostri pezzi suonano allegri, ma poi ho letto le parole e dentro c’è roba davvero seria». Io credo che noi siamo degli osservatori molto attenti di ciò che ci circonda, per cui parliamo di ciò che vediamo. Non siamo una band politica, ma descriviamo ciò che abbiamo intorno a noi. E quello che abbiamo visto negli ultimi due anni non è bello: disordini sociali, dipendenza da oppiacei… sono tutte cose di cui volevamo parlare.
Il pezzo Breaking the Bones ha nel riff principale un bel feeling alla Devo, fa venire in mente l’inno Mongoloid: è un omaggio voluto?
Noodles: Wow, questo è un complimentone! Siamo grandissimi fan dei Devo!
Dexter: Questo pezzo secondo me è molto nello stile del vecchio punk rock, quello che ascoltavo da ragazzino e che registravo dalla radio sulle casette…
Noodles: A me ricorda parecchio anche i TSOL, ma il paragone coi Devo mi lusinga. Del resto quando ascolti tanta musica per tanti anni, non sai mai quando qualcosa riaffiorerà nei pezzi che scrivi tu… è un procedimento naturale e le influenze emergono di continuo in ciò che scriviamo…
Le parole di We Never Have Sex Anymore mi hanno incuriosito: come nasce il pezzo e qual è il significato che gli attribuite?
Dexter: Vedi, di solito si scrivono brani che parlano di rimorchiare e portarsi a letto qualcuno per farci sesso. Io invece volevo fare una canzone che parlasse… di tutti gli altri, insomma di tutti noi (ride). No, davvero, sembra uno scherzo, ma è così. Quando ho iniziato a scriverla ho subito pensato che fosse un testo in cui era facile identificarsi e mi pareva stano che nessuno ci avesse pensato prima… è che a volte le cose più semplici sono anche quelle che sfuggono. Questo secondo me è un tema universale ed è anche piuttosto deprimente – è per questo che l’abbiamo abbinato a una musica divertente e swingata, per rendere più semplice farci anche una risata sopra.
Noodles: Tutti sanno come ci si sente quando si è invischiati in una storia che non va bene, una di quelle da cui desideri solo fuggire…
Dexter: Sì, il testo parla di un uomo che sa di essere in una relazione in cui non viene rispettato e non conta nulla, per cui se ne lamenta. Direi che potrebbe essere il protagonista di Self Esteem, ma 27 anni dopo.
Noodles: Esatto: è lui! E sta da anni e anni con la ragazza del terzo verso di Self Esteem!
Avete lavorato ancora con Bob Rock, per questo nuovo album: come è essere in studio con un gigante come lui?
Noodles: Fantastico, lui è fantastico. Dexter l’ha incontrato per primo per sondare il terreno. Poi quando è arrivato in studio per iniziare a lavorare è stato come se ci fossimo lasciati il giorno prima, anche se non ci vedevamo da tempo. In un quarto d’ora eravamo già lì che lavoravamo a un pezzo nuovo, tutto con una naturalezza estrema. Lui ha un dono: sa sempre come tirare fuori il meglio dal tuo sound e come renderlo al massimo in studio. È un ottimo chitarrista e ha sempre nuovi giochini tecnologici da sperimentare, per la chitarra, ma soprattutto ha un intuito speciale: individua sempre i pezzi migliori, le idee che funzionano. E poi ti dice: questa roba andrà alla grande! Al contempo sa anche quando un pezzo proprio non va… è molto incoraggiante e ti dà tutto il suo supporto, ma non accetta compromessi: le cose devono essere fatte al top oppure niente. E se un brano non funziona, te lo dice senza mezzi termini.
Con il disastro che la pandemia ha portato nel campo dei concerti, avete idea di come promuoverete il nuovo album, nei prossimi mesi? Avete qualche piano già definito?
Dexter: Speriamo di poterlo fare. Purtroppo è una cosa che non dipende da noi, ovviamente. Ma appena si deciderà che è sicuro lasciare che molte persone si riuniscano insieme per un concerto, noi saremo sul palco. Abbiamo già qualche data fissata per l’estate…
Noodles: Sì, ma purtroppo stanno anche già arrivando le prime cancellazioni. Noi speriamo che il virus rallenti o sparisca, per potere tornare a fare tour. Però abbiamo anche iniziato a parlare di fare qualcosa online, via zoom o cose simili. Perché è importante restare in contatto coi fan… certo, suonare da remoto, in streaming, non è come farlo dal vivo, ma ne stiamo parlando, se non altro in attesa di tornare alla normalità.