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Parla Umberto Negri, il primo bassista dei CCCP: «Stanno monetizzando»

«Ho sempre pensato che un giorno Ferretti avrebbe ceduto all’idea di fare una reunion». È successo, ma non con lui. Intervista al musicista che reclama il suo ruolo nella storia del gruppo e una parte di paternità delle canzoni. «Mi hanno ignorato, ma a Berlino ci andavamo io e Massimo sulla 132 verde di suo papà»

Foto: dal libro ‘Io e i CCCP’ (Shake Edizioni)

Primo bassista dei CCCP – Fedeli alla linea, Umberto Negri è uno che sulla storia della band ha delle cose da dire. Le ha dette per la prima volta in Io e i CCCP (Shake Edizioni), uscito nel 2010 e recentemente tornato nelle librerie in edizione riveduta e con nuove foto. Il libro rappresenta un punto di vista decisamente diverso rispetto alle narrazioni (segnatevi questa parola perché tornerà spesso) di cui i CCCP sono stati oggetto per 35 anni abbondanti, fino a questo incredibile 2023-24, in cui le cose si sono inaspettatamente rimesse in moto, riportando la band al centro dell’attenzione (per usare un eufemismo) e del dibattito social (e non solo). Ci è quindi parsa una buona idea chiedergli di raccontarci il suo punto di vista anche sui CCCP 2024.

Tu in questa reunion non ci sei per una tua scelta o perché non te l’hanno chiesto?
È complicato. Qualcuno del gruppo voleva che nella mostra ci fossero le mie foto. Mi hanno contattato all’inizio del 2023. Poi secondo me qualcun altro del gruppo non voleva coinvolgermi in questa cosa, e su questo non ti dico di più. Alla fine abbiamo trattato, c’erano anche dei problemi legati al fatto che le foto erano già sul mio libro, e alla fine ho pensato di lasciar perdere. La richiesta comunque era semplicemente mettere le foto nella mostra, ma non mi hanno assolutamente chiesto di tornare a suonare con loro.

Sulla tua pagina Facebook hai scritto in un commento: «Temo che la vera svolta commerciale sia quella di questi giorni. Trasformare i CCCP in un fenomeno da baraccone, un numero da circo, un cartone animato che racconta una favola inventata di sana pianta. E mi dispiace ricordare che Giovanni ha predicato per trent’anni che era meglio non fare reunion, forse aveva capito il rischio. Conosceva il suo entourage. Oggi che lui è al traino si vedono i risultati». Qual è questa favola inventata di sana pianta?
Mi fanno un po’ incazzare perché hanno questa narrazione che non sta né in cielo né in terra. Dalla mostra in poi, sono uscite settemila interviste nelle quali semplicemente mi hanno ignorato. A Berlino ci andavamo io e Massimo sulla 132 verde di suo papà, guidavo io. Ora, non so per quale motivo, hanno deciso di pubblicare un live in cui c’ero io (Altro che nuovo nuovo, registrato a Reggio Emilia nel giugno 1983, nda). Ci suonavamo io e Zeo, il fratello di Annarella, ho ancora la cassettina che mi hanno dato dopo il concerto. Nella loro narrazione sembra che la formazione originale dei CCCP sia Ferretti-Zamboni-Annarella-Fatur. Negli articoli che parlano di questo album leggo che me ne sarei andato subito dopo, perché dovevo continuare a studiare, e che poi sono entrati Annarella e Fatur e sono nati “i veri CCCP”. Questa è una narrazione ai limiti del falso. Quando sono entrati Annarella e Fatur io c’ero e ci sono stato fino al 1985. In quell’anno a Berlino c’è stata una situazione, una specie di trigger, che mi ha fatto pensare che non volevo stare più nella band. Alla fine dell’anno ero per conto mio, fuori dai CCCP. Nel luglio del 1985 io ero già laureato, quindi di certo non me ne sono andato per studiare.

Quando dici che Ferretti è al traino cosa intendi dire? A chi ti riferisci con «il suo entourage»?
Ferretti è sempre stato il trascinatore del gruppo. Senza di lui i CCCP non ci sono, è una cosa che ho avuto ben chiara alla metà del 1985. Era sparito, non lo trovavamo più, senza di lui non eravamo in grado di proporre niente. Un po’ meno di quindici anni fa anch’io gli ho chiesto se avrebbe voluto fare una reunion, ma lui disse di no. Un po’ l’atteggiamento di quando negli anni ’80 vedevamo queste band di quarantenni e pensavamo fossero delle cariatidi. La reunion, sono cose che deduco dagli articoli che ho letto, in qualche modo è partita da Annarella e da Zamboni, che l’hanno convinto a fare la mostra. Quando parlo dell’entourage intendo dire che gli altri avevano voglia di monetizzare quest’esperienza. Non dico che sia una scelta di mestiere perché ovviamente la cosa a lui piace, ma lo stesso Zamboni aveva fatto un tour con Angela Baraldi e le canzoni dei CCCP (Solo una terapia: dai CCCP all’estinzione, iniziato nel 2011, nda). Molto è dipeso anche dall’opera di Annarella, dal suo lavoro sull’archivio, in questi anni ha fatto molto per mantenere vivo il ricordo dei CCCP.

Concerto autogestito da un balcone a Sant’Arcangelo di Romagna, luglio 1983. Foto: dal libro ‘Io e i CCCP’ (Shake Edizioni)

Presentando la mostra, i CCCP hanno detto che non ci sarebbero stati concerti. Poi li hanno annunciati a Berlino, poi ora sembra certo che suoneranno anche in Italia. Cosa pensi di questa strategia?
Mi sembra suicida. Mi viene da pensare, ma è un’ipotesi mia, che stiano cercando di convincere Ferretti a puntate, a gradini. Ogni tanto lo sento, ci scriviamo delle mail. La mia idea è che lui sia stato molto preso da questa cosa, che sia molto contento e abbia trovato della nuova energia. Come dicevo, dopo che uscì il mio libro gli dissi: torniamo a suonare insieme. Ma lui mi disse che ci aveva messo vent’anni a riprendersi dai CCCP e non ne voleva più sapere.

Hai visto qualche video dei concerti di Berlino? Che ne pensi?
Ho dato un’occhiata, ho visto che sono molto diversi dallo spettacolo di Reggio Emilia, di cui pure ho visto alcuni filmati. A Reggio è stata una cosa molto alla grande, quello che ho visto di Berlino mi è sembrato un po’ in continuità con A cuor contento, lo spettacolo di Ferretti con le canzoni dei CCCP, con in più Zamboni, Annarella e Fatur. Però non ho voglia di guardare i video, chiedo pareri a chi c’è stato.

La storia dei CCCP è anche una storia di narrazioni. Qual è a tuo avviso la narrazione più sbagliata che è passata in questi anni?
È una storia piena di punti di vista. Forse la narrazione più sbagliata l’ho vista in un articolo che mi hanno mandato. In questo periodo tutti mi mandano articoli sui CCCP, e io non riesco a fare a meno di buttare l’occhio almeno sui titoli. Questo articolo dice: non avevate capito niente, i CCCP non sono mai stati di sinistra. Questa cosa è esagerata, anche se il fatto che Ferretti abbia detto tutto e il contrario di tutto rende difficile avere dei punti di riferimento. Da quando lo conosco, lui dice esattamente il contrario di quello che ci si aspetterebbe da lui. Ferretti è così, pubblicamente dice sempre le cose sbagliate. Umanamente però è una persona assolutamente amabile.

C’è invece una narrazione che sarebbe dovuta (o potuta) passare e che secondo te non è passata? Qual è la cosa dei CCCP che davvero non abbiamo capito?
Sarebbe bello avere una risposta folgorante da darti, ma non ce l’ho.

Ma in sostanza perché nel 1985 te ne sei andato?
Sai che me lo sto chiedendo ancora? C’è stato un trigger, un momento in cui avevo litigato con Ferretti. Era scomparso, in un certo senso aveva fatto saltare il banco. Cercavamo un modo per andare avanti. Lui ricomparve con il contratto della Virgin. Ho sentito che era il momento di uscire. Cercò di convincermi a non farlo, disse che me ne sarei pentito. Zamboni si tenne dentro le cose. Poi ci scambiammo delle lettere anche abbastanza cattive negli anni 2000, dalle quali derivano i problemi tra me e lui. Quando poi ho fatto il libro nel 2010 pensavo che ci sarebbe potuta essere una reunion e che mi avrebbe fatto piacere farne parte. Pensavo anche che in questo modo avrei potuto riaccreditarmi, vedere riconosciuto il mio ruolo nella storia del gruppo. Ferretti mi ha fatto tanti complimenti per il libro. Annarella, guardandomi negli occhi, mi ha detto: «Il bassista dei CCCP sei tu». Pensai che forse ce l’avevo fatta a ristabilire il mio ruolo. Oggi sono passati quasi quindici anni da allora e non ne ho più voglia. Annarella ha cambiato completamente idea. Non vogliono che io sia dentro. Secondo me perché vogliono i loro soldi. Forse neanch’io ci vorrei andare. Se abitassi a Reggio Emilia avrei potuto parlare con ciascuno di loro, andarci a cena, litigare. Ma io me ne sto qui a Torino, non ho più legami a Reggio Emilia e non voglio andarci. È andata così.

Secondo te uno dei motivi per cui ti tengono fuori riguarda i soldi?
Stanno monetizzando…

Ok, ma non è che monetizzerebbero tanto di meno se ci fossi anche tu…
Sì, ma io forse potrei pretendere qualcosa sui diritti, si potrebbe dire che voglio lucrare con il libro… si sono create delle dinamiche un po’ brutte.

A proposito di soldi, nel libro dici che Ferretti per convincerti a restare ti offrì una parte di quello che sarebbe entrato grazie al contratto con la Virgin. Di che cifra stiamo parlando?
Non lo so, saranno stati 20 milioni di lire, una cosa così.

Sempre nel libro, parli di una sorta di damnatio memoriae nei tuoi confronti, del fatto che sei stato rimosso dalla storia ufficiale dei CCCP. Come te lo spieghi?
Come dicevo, Zamboni è uno che non parla tanto, che non dice quello che ha in mente. Dopo tanti anni mi ha rinfacciato che, quando sono andato via, loro erano molto in difficoltà. Io non me ne rendevo conto, ma tenevo su la parte musicale. Quando me ne sono andato, devo anche avergli firmato una bella liberatoria, tipo i papà che nelle separazioni dicono: pago io il mutuo della casa. E dopo se ne pentono perché non hanno da mangiare. Io mi sentivo anche un po’ in colpa e gli ho detto che li lasciavo liberi di fare tutto quello che volevano. Forse mi hanno preso un po’ troppo alla lettera.

Cosa c’era scritto nella liberatoria che hai firmato?
Non ho più il documento, ma il senso era che non avevo più nulla a pretendere dai CCCP. Una liberatoria che per i diritti d’autore non ha nessun valore.

Hai visto la mostra di Reggio Emilia?
No, non avevo nessuna voglia di vederla. Me l’hanno raccontata in tanti e sono contento di non aver partecipato. Tutti quelli che andavano a Fellegara (una vecchia casa colonica trovata da Ferretti, con un salone adibito a sala prove, nda) si sono arrabbiati. C’è la stanza di Fellegara con Annarella, che a Fellegara non ci è mai stata. È tutta una narrazione. Anche qui mi baso su quello che mi hanno detto le persone che ci sono andate.

I CCCP oggi. Foto: Michele Lapini

Nella nuova edizione del tuo libro c’è una parte aggiornata in cui dici che dopo la prima edizione del 2010 hai sentito Ferretti, Annarella e Fatur e sono stati gentili, mentre a proposito di Zamboni parli di acrimonia. Cosa ti ha detto?
Riguardo al libro in realtà niente. Mi riferivo a frasi che ci siamo detti in passato. Mi ha detto che non gli ho insegnato a suonare la chitarra, come se avesse dei magoni nei miei confronti. A me dispiace tanto perché era mio amico.

Se posso permettermi un consiglio, fossi in te chiamerei Zamboni perché mi sembra che tu gli voglia bene. E farei le cene che non hai fatto con tutti e quattro. Meglio non lasciare nulla di irrisolto. Meglio correre il rischio di mandarsi a cagare. Nel libro accenni anche a una controversia sulla paternità di alcuni brani. Tu non eri iscritto alla Siae, Zamboni sì (con lo pseudonimo di CCCP), quindi tutti i pezzi risultano scritti da lui. Quando nel 2000 hai rivendicato il diritto a essere riconosciuto autore di alcuni pezzi, qual è stata la risposta che hai avuto da Zamboni?
La sua risposta è in una lettera che ho ritrovato da poco. Mi ha scritto: «Come tu ben sai, non sono le canzoni che fanno la storia, ma è la storia che fa le canzoni». Traduzione: se avessimo seguito il tuo esempio, nessuno avrebbe conosciuto i CCCP e non ci sarebbero state neppure le canzoni. Mi dispiace oggi, raccontando queste cose, di sembrare uno che accampa delle pretese. Forse ho sbagliato. All’epoca facevo l’avvocato, per vent’anni ho bazzicato studi legali, pur senza diventare un principe del foro. Entri in un’ottica particolare dal punto di vista dei rapporti umani. Vedi tutto da un punto di vista legale. Forse non ho avuto tatto con Zamboni: avrei potuto parlargli in un altro modo, andarlo a trovare. Con lui ho continuato a essere amico per molti anni, mi ha sempre mandato le cose che facevano i CCCP, ci teneva che mi piacessero. Forse il problema tra noi è che siamo entrambi molto trattenuti, non ci siamo mai detti delle parole brutte. A volte invece le cose si risolvono incontrandosi e scazzando, e questo non siamo mai stati capaci di farlo. Mi riproponevo di andare a casa sua e non ci sono mai andato.

Nel libro dici che suonando i pezzi dei CCCP dopo l’uscita del libro ti sei reso conto che il motore del suono di Ortodossia e di Affinità-divergenze sei tu, e che Ferretti e Zamboni dopo il tuo addio suonavano cover dei CCCP. Non riconosci un valore anche musicale a quello che hanno fatto dopo che te ne sei andato?
Lo riconosco assolutamente. Quando suonavamo insieme non pensavo di essere più bravo di Zamboni, anche perché lui aveva delle idee assolutamente geniali. Quando parlo di cover, intendo dire che dopo il mio addio hanno preso dei turnisti e ognuno suonava a modo suo. Ma lo penso anche di Bob Dylan: nei suoi live fa delle cover delle sue canzoni. I musicisti che dopo di me suonavano con i CCCP erano dei professionisti, ma il colpo al cuore ti viene se ascolti Io sto bene come è nel disco.

È vero che Oh! Battagliero è stata scritta pensando a te? “Un concorso al ministero segna la maturità” e così via.
Mi piacerebbe saperlo (ride). Ci tengo di nuovo a dire che io non sono andato via per fare l’avvocato. Ho cercato di fare l’avvocato perché dovevo lavorare, ero laureato in Giurisprudenza e quindi era un approdo normale. Poi ho fatto dei concorsi, ho vinto quello della scuola e ho insegnato per tutta la vita, facendo anche l’avvocato. Avevo una grande passione per quello che stavo facendo nei CCCP, ma a un certo punto lo pativo. Non so perché, forse perché sono timido: non ho quella verve che aveva Ferretti e in un certo senso anche Zamboni. Non so perché sono andato via, sto ancora cercando di capirlo. È il mio inconscio che mi ha mandato fuori. Comincio a pensare che questo litigio con Ferretti sia stato solo un trigger. Una cosa importante è che quando Ferretti è andato via ci trovammo nella mansarda di Massimo con lui, Annarella e Fatur e guardandoci negli occhi dicemmo: adesso cosa facciamo? Senza Giovanni non c’era niente. Mi era già un po’ andata via la fiducia nei suoi confronti, e per me era un momento di svolta: dovevo decidere cosa fare nella mia vita.

Questa tua sfiducia in Ferretti da cos’era motivata?
Non te l’ho detto prima e non te lo dico.

Ok. Ma lui per quanto tempo è sparito? E dov’era finito?
A Milano. Non l’ho sentito per un paio di mesi. Tieni conto che non c’erano i telefonini. Aveva una R4 rossa, come molti all’epoca, ed è tornato con una Mercedes degli anni ’60. «Una macchina da zingaro» come diceva lui.

Ma quindi, se ho capito bene, lui ha preso, è sparito ed è tornato con il contratto della Virgin?
Sì.

Chiudiamo con una domanda un po’ da Maria De Filippi: vuoi dire qualcosa ai CCCP?
(Ride) Non saprei proprio cosa dirgli. Una cosa che vorrei dire per concludere l’intervista però c’è. Io non mi sono mai pentito di essere andato via. È stata una cosa importantissima per me nella mia vita e mi è dispiaciuto di tutto quello che c’è stato di recente perché dentro di me avevo sempre pensato che ci sarebbe stato un giorno, quando saremmo diventati vecchi, in cui Ferretti avrebbe ceduto, le cose si sarebbero appianate e di fronte alla possibilità di andare sul palco a suonare io avrei fatto la pace e avrei anche rinunciato a delle cose, perché mi sarebbe piaciuto molto. Non è successo ma non è che questa cosa mi uccida, è la realtà e va bene così.

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