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Passione e risurrezione di Dave Navarro

Intervista larga: il long Covid che gli ha fatto temere di non riuscire più a esibirsi, le teorie dei fan, il ritorno dei Jane’s Addiction con e senza di lui, la droga, le chance di un nuovo album con la formazione originale («è molto probabile»), il disco con Taylor Hawkins non ancora uscito

Foto: Bragado/Redferns via Rolling Stone US

Nel settembre 2022, i fan dei Jane’s Addiction hanno ricevuto una doppia notizia scioccante: il bassista originale della band Eric Avery sarebbe tornato nel gruppo dopo 12 anni, ma il chitarrista Dave Navarro si sarebbe preso una pausa a tempo indeterminato per riprendersi dal long Covid. «Devo prendere in considerazione le esigenze dei membri della crew e delle loro famiglie», spiegava a Rolling Stone il frontman dei Jane’s Perry Farrell. «Hanno bocche da sfamare e sono quasi due anni che non vedono uno stipendio».

Il vuoto lasciato da Navarro nei Jane’s Addiction è stato colmato nel 2023 prima da Troy Van Leeuwen dei Queens of the Stone Age e poi da Josh Klinghoffer di Red Hot Chili Peppers e Pearl Jam. Nel frattempo Navarro è sparito dalla circolazione, dai social, dal reality Ink Master. Le informazioni a disposizione erano poche e i fan del gruppo ne hanno dibattuto in lunghi thread chiedendosi se dietro non ci fosse qualcosa di più del long Covid.

Poi all’inizio di quest’anno i Jane’s Addiction hanno annunciato un tour europeo con un poster che mostrava la formazione originale dell’epoca di Nothing’s Shocking del 1988. Significava che Navarro sarebbe tornato? Si è avuta la certezza quando il chitarrista è salito sul palco della Bush Hall a Londra il 23 maggio insieme ai suoi tre compagni dando il via a un trionfale tour mondiale.

Abbiamo parlato con Navarro su Zoom per sapere tutta la verità sull’assenza dai Jane’s Addiction e per scoprire i loro progetti futuri. La prima immagina che abbiamo visto che quando la videocamera si è accesa, era qualcuno che gli stava estraendo un ago dal braccio. Non è la conferma delle teorie che i fan hanno fatto girare in rete. Era un’infermiera che gli aveva appena fatto gli esami del sangue.

«Hai un bel tocco», dice Navarro alla donna mentre impacchetta le sue cose. «Io non avrei fatto di meglio». E con questo, Navarro è pronto a parlare.

Che stai facendo?
Sto per andare alle prove per il tour. Voglio togliermi un po’ di ruggine di dosso.

Com’è stato suonare a Londra di nuovo con i Jane’s dopo tanto tempo?
Ero nervoso ed eccitato. Ero nervoso perché erano passati tanti anni dall’ultima volta che avevo suonato con la band, ma eccitato perché finalmente lo stavo facendo. Come sapete, ora siamo in tour con la formazione originale, i Jane’s Addiction 1.0, e quello è stato il primo concerto dei Jane’s 1.0 in una trentina d’anni in cui mi sono sentivo di nuovo negli anni ’80. Quando ci siamo rimessi assieme nel 2009 abbiamo fatto un tour coi Nine Inch Nails. Siamo dei loro grandi fan, è stato divertente ed emozionante, ma non ho provato la sensazione di tornare indietro nel tempo che ho invece sentito in quel piccolo club. Era un palco minuscolo, non avevamo produzione, né luci. Eravamo solo quattro tizi che suonavano e non avrei potuto esserne più felice. Stavamo ritrovando il nostro groove. C’è qualcosa di eccitante anche nel non essere sicuri al 100% di come andrà. Mi ha fatto bene capire che potevo portare a termine un concerto dopo la malattia.

Avete suonato con molti bassisti dopo Eric Avery, ma con lui c’è un groove diverso nella band, no?
Al 100%. Chris Chaney è uno dei miei più cari amici e probabilmente il miglior bassista che conosca, a livello tecnico. È stato il miglior bassista dei Jane’s Addiction, a parte Eric. Duff McKagan, ovviamente, ha una presenza incredibile. Flea ha uno stile tutto suo. Suona con le dita, non con il plettro, e quindi ha un suono unico. Anche Martyn LeNoble dei Porno for Pyros è stato molto bravo e ha fatto un ottimo lavoro. La differenza è che Eri ha scritto la maggior parte delle linee di basso da cui sono nate le canzoni. Come attacca, il modo in cui scava nelle corde con il plettro e il fatto di essere stato l’uomo che ha creato quei pezzi… non è roba che puoi sostituire. È come John Entwistle. Si può mettere un altro bassista negli Who, e l’hanno fatto, ma non avranno mai quello che aveva John. Quando pensi alle nostre canzoni come Stop!, Mountain Song, Three Days, Ain’t No Right o altre del genere è dal basso che prendono il via… Potresti togliere la batteria e le chitarre e tenere solo il basso e la voce, e sembrerebbero ancora pezzi dei Jane’s Addiction.

Com’è nata la reunion?
Onestamente non ne ho idea. La decisione l’hanno presa Perry ed Eric, perché all’epoca soffrivo di long Covid, quindi le possibilità di tornare in tour erano meno di zero. Gli altri hanno fatto un po’ di date, una con Troy Van Leeuwen dei Queens of the Stone Age e una con Josh Klinghoffer dei Chili Peppers, il che è interessante perché io ho fatto parte dei Peppers per un po’ e Josh ha fatto parte dei Jane’s Addiction per un po’. Li adoro tutti e due. Hanno fatto un ottimo lavoro mentre io ero a casa a riprendermi. Suonavano con Eric e io non c’ero. Così, quando si è parlato di scrivere nuova musica e di fare un tour in Europa e negli Stati Uniti, mi hanno detto che volevano rimettere in piedi la formazione originale e chiesto se volevo esserci. Ho risposto: «Sono disposto a fare tutto il necessario per esserci. Farò una dieta. Andrò dal medico. Farò tutti gli esercizi del caso».

La salute è ancora un problema. Non si sa ancora quale sia il trattamento giusto per il long Covid. Come si fa a liberarsene, se uno può liberarsene. Ora però sono più forte, riesco a portare a termine un concerto di 90 minuti, posso star seduto in studio per otto ore, perché non è molto faticoso. Quindi mi sono detto: «Sai cosa? Voglio provarci. Teniamoci un piano di riserva o un altro chitarrista nel caso dovessi avere problemi». Ma non è stato necessario.

Torniamo un po’ indietro. Quando ti sei ammalato?
Nel 2021.

Quando ha capito che era diverso da un normale caso di Covid?
Un paio di mesi dopo.

Quali erano i sintomi?
Stanchezza generale. Non mi sentivo del tutto guarito e quindi stavo spesso chiuso in casa, da solo, a deprimermi. Una vera tristezza e questo per alcuni anni. Sono andato da vari medici, ho provato diversi metodi, olistici e occidentali. Certi dottori dicono di essere specialisti nella materia, altri invece sostengono che non c’è modo di sapere se hai il long Covid, per non dire che all’epoca c’era ancora dello scetticismo sul fatto che esistesse davvero. Ho tenuto duro e ora sto molto meglio. Ogni tanto si ripresenta, ma che ci posso fare? In effetti, durante l’ultimo tour in Europa mi sono preso un’influenza o qualcosa del genere, e sono andato a fare qualche concerto lo stesso. Finché riesco…

Hai provato sentimenti contrastanti quando la band è andata in giro senza di te?
Sicuramente. Una parte di me era ovviamente delusa, parliamo della band in cui ho suonato fin da quando ero adolescente. Ma ancora maggiore era il sollievo di sapere che il gruppo non sarebbe stato fermo per colpa mia. Preferisco di gran lunga che i miei fratelli facciano ciò che devono fare al posto di aspettarmi. Se non fossero andati a suonare con dei sostituti avrei provato un gran senso di colpa.

Hai guardato qualche video online degli show che hanno fatto con Troy e Josh?
No.

Perché no?
Avevo altro a cui pensare. Mentre loro suonavano ero chiuso in casa. Mi sono concentrato sulla mia arte, ho partecipato a un paio di mostre, mi sono tenuto occupato in questo modo. Non ho avuto la possibilità di vedere i video dei concerti e, francamente, non voglio farlo perché non voglio che alteri mio approccio inconsciamente o consciamente. Josh è un musicista incredibile. Se suonasse qualcosa di pazzesco potrebbe venirmi voglia di imitarlo e non voglio farlo. Preferisco rimanere fedele alla formazione originale. Quindi è un bene che non abbia sentito quei concerti, ma mi dicono che sono andati bene.

Quando stavi male hai temuto di non riuscire più a tornare su un palco?
Certo. Mi dicevo: forse non potrò mai più farlo, forse la mia vita adesso è questa qua. Non puoi fare a meno di stare sveglio di notte con questi pensieri spaventosi per la testa. Per tornare con i piedi per terra devi fare meditazione, imparare a stare nel presente, scrivere un diario, fare del lavoro interiore. E dirti: non conosco il futuro e non ho intenzione di stare qui a cercare di prevederlo, semmai dovrei immettere nell’universo della positività e cercare di manifestare quel che vorrei, in modo da essere in grado di farlo di nuovo. Ed è un esercizio mentale difficile da fare quando hai il cervello bloccato in un loop di negatività.

Sono andato su un forum dei fan dei Jane’s Addiction e ho letto ogni sorta di speculazione sul vero motivo della tua assenza. Ne sei al corrente?
No, no. Immagino che una delle teorie sia che ero drogato.

C’è effettivamente un gruppo di fan convinti che sia per le droghe.
Non mi sorprende. Voglio dire, il mio passato non è un segreto. Ma se ci pensi, la cosa divertente è che ho suonato per 25 anni nei Jane’s Addiction strafatto. Le droghe non mi avrebbero impedito di salire sul palco. Potrei persino avere più esperienza nel suonare da fatto che da lucido. Vorrei che fosse stato questo il problema, perché almeno ci sarebbe una soluzione. Altre teorie?

Qualcuno pensa che il dolore per la morte di Taylor Hawkins sia stato così intenso da renderti emotivamente incapace di esibirti.
C’è del vero. Cioè, non è il motivo per cui non sono andato in tour, ma dopo aver perso Taylor non ho preso in mano la chitarra per un sacco di tempo. È stata una delle perdite più dolorose della mia vita, questo è sicuro. Però Taylor era un grandissimo fan dei Jane’s Addiction e anche se c’era del dolore, e c’era, sarei andato a suonare anche per lui. Mi avrebbe motivato.

Non so se sono riuscito a smentire le voci, ma la verità è questa e ha avuto ripercussioni su tutta la mia vita. Se non mi credi, chiama i miei genitori. Potrei farti un elenco di 10 medici da cui sono andato.

Non devi convincermi, ti stavo riportando voci che ho letto nei forum.
Sarei stato scettico pure io. Se ai tempi Keith Moon si fosse ammalato e avesse cancellato un tour con gli Who, avrei detto: «Sarà ubriaco fradicio in una qualche stanza d’albergo». Non che mi stia paragonando a Keith Moon. Sto facendo un’analogia con qualcuno che ha una storia pubblica di abuso di sostanze e che all’improvviso sparisce.

Non ti hanno visto nemmeno sui social o su Ink Master.
Una delle cose più importanti per me, in quel periodo, era stare lontano dai social. Dovevo concentrarmi sulla mia vita. Dovevo concentrarmi su migliorare e vedere sui social gli altri che fanno la loro vita non è il massimo dall punto di vista psicologico quando sei in quella situazione.

Quando ha iniziato a sentire che potevi riprendere in mano una chitarra e tornare nel mondo?
Tornare nel mondo… ci sto ancora lavorando. Suonare con la band, non ci problemi. Tornare nel mondo è tutta un’altra faccenda. Ho iniziato a imbracciare lo strumento ispirato dai chitarristi che ascoltavo. Ho studiato il loro modo di suonare, la tecnica, l’equipaggiamento e, che ci crediate o no, ho iniziato suonando e imparando molto dagli Steely Dan. Li ho sempre amati, ma sono sempre stati lontani dal mio stile e quindi è stato interessante, è stata una sfida.

Se riesci a suonare le parti di Larry Carlton, puoi suonare quelle di chiunque.
E anche Jay Graydon. Alcune strutture di accordi che usano nel songwriting sono controintuitive rispetto a quello che faccio io. È così che ho iniziato a innamorarmi di nuovo della chitarra.

Hai poi raggiunto un punto in cui ti sei sentito pronto a entrare di nuovo in sala con la band?
Un giorno erano in studio e mi hanno detto: «Se vuoi venire e provare a fare una canzone, ci farebbe piacere». Mi sono detto: fanculo, cos’ho da perdere? Facciamolo. E quel brano è diventato Imminent Redemption, la prima canzone che abbiamo pubblicato.

Me ne parli?
Quando sono arrivato in studio la linea di basso di Avery e il testo erano già pronti. Sentivo di poterci aggiungere un tocco da Jane’s. A volte mi piace piazzare accordi jazzati alla Bo Diddley, a volte metterci un mare di eco e delay. Nei primi dischi dei Jane’s, soprattutto Nothing’s Shocking e Ritual de lo Habitual, ci sono assoli di chitarra ovunque. Così mi sono detto che quello doveva essere l’approccio. Volevo che le strofe suonassero stonate e stridenti. Così le ho raddoppiate con la barra del tremolo per renderle quasi sgradevoli.

Come sono andate le cose dopo aver lavorato alla canzone?
Abbiamo continuato a lavorare su altra musica. Il tour era alle porte, ma non ero sicuro di andarci. Alla fine il mio medico mi ha detto: «Non c’è alcuna ragione medica per cui tu non possa andarci. Se poi avrai problemi, sarà un’altra faccenda». Alla fine è andata bene. Ho avuto la fortuna di aver la mia ragazza con me e il sostegno di tutti i membri della band. E devo dire che alcuni di quei concerti nei club del Regno Unito sono tra i miei preferiti dei Jane’s Addiction.

L’ultima reunion con Avery è durata poco. Come vi assicurate che la storia non si ripeta?
Non sono mica sicuro ci sia un piano. La prima volta dopo il ritorno di Eric abbiamo fatto un tour enorme, senza nuovo materiale. Volevamo essere la formazione originale che suona nelle grandi arene coi Nine Inch Nails. Voglio dire, è stato fantastico. È stato bello vedere i Nine Inch Nails ogni sera, ma era showbiz. Questa volta suoniamo in club più piccoli e abbiamo nuova musica. Abbiamo ridotto la produzione e siamo più interessati alle sottigliezze e alle cose sperimentali dal punto di vista sonoro piuttosto che «ecco la canzone dove c’è il cane che abbaia [Been Caught Stealing]». Abbiamo trovato una profondità dentro di noi che forse non eravamo in grado di raggiungere quand’eravamo più giovani.

Ho visto le tue foto con Avery mentre andavate per musei in Europa. È chiaro che avete ricucito il vostro rapporto d’amicizia.
Oh, sì. Ci siamo riconciliati anni fa. Lui aveva delle opinioni da condividere su di me e io avevo delle opinioni da condividere su di lui, e se ci pensi bene non è diverso da quello che potrebbero fare due fratelli. Ma abbiamo parlato più volte e ci siamo riavvicinati. È buffo che tu parli dei musei perché alla fine degli anni ’80 e all’inizio dei ’90 quando andavamo in tournée non avevamo un cellulare, non avevamo un computer, non avevamo internet. Non sapevamo nulla se non «qui c’è un museo, andiamo a vedere questo o quell’altro spettacolo». Abbiamo visto cose fantastiche. C’è stato un momento nel tour in cui ho pensato: «Non posso credere di essere di nuovo in un museo con Eric in Europa». Ci ha fatto ridere.

Il sogno di molti fan è quello di un nuovo album con la formazione 1.0. Manca da 34 anni.
È più che probabile che accada. Voglio dire, abbiamo registrato del materiale. Non so quale sia l’idea, se si tratterà di una canzone alla volta o se faremo una canzone e poi un disco, non lo so, davvero. Non mi occupo di queste cose. La cosa importante per me è che questa roba sia su vinile. Non so niente di streaming, ho 57 anni. Il processo di scrittura delle canzoni è cambiato parecchio grazie alla tecnologia. Prima tutto era su bobina e quindi dovevamo essere tutti e quattro in studio di registrazione per mettere giù qualcosa. C’era qualcosa di magico e speciale, perché tutti i nastri sono stati registrati così, qualcosa di molto umano che ci fa sentire bene. Ma lo stato della tecnologia oggi permette di lavorare individualmente fuori dallo studio per poi andarci avendo un’idea molto più concreta di dove si vuole andare.

La settimana scorsa gli Aerosmith hanno annunciato di aver smesso di suonare. Non ci saranno più nemmeno i Rush, i Van Halen, i Fleetwood Mac, Bob Seger and the Silver Bullet Band o Tom Petty and the Heartbreakers. Tutti questi giganti stanno cadendo. Questo ti fa sentire in qualche modo obbligato a mantenere in vita la tua band?
Non lo chiamerei obbligo. È un desiderio. Hai citato i Rush. La cosa buffa è che i Rush sono stati la mia prima influenza ed è così anche per Stephen Perkins. Stranamente Perry ed Eric odiavano i Rush. Li odiavano di brutto. Ma se si ascoltano canzoni come Three Days, Then She Did, Trip Away, e potrei continuare con altre, ci senti l’influenza dei Rush che Stephen e io abbiamo inserito di nascosto e di cui loro manco si sono accorti. Mettiamola così: all’epoca erano tutti per i Joy Division, a nessuno fregava niente di Limelight.

Cosa ne pensi dell’ingresso di Chris Chaney negli AC/DC?
È favoloso, sono strafelice per lui. Non c’è da stupirsi che l’abbiano scelto perché è bravissimo, ma in un certo senso è anche una cosa comica perché è uno che ti immagini nei day off nella sua camera da letto in hotel a suonare cose di Jaco Pastorius o Stanley Clarke. E poi invece deve salire sul palco e suonare tre accordi come Mi-La-Re ancora e ancora e ancora, per tutta la sera. Ma è fantastico. Sono felice per lui.

Tu e Chris avete registrato molta musica con Taylor Hawkins poco prima che morisse. Uscirà qualcosa prima o poi?
Lo spero proprio. Abbiamo un album finito e masterizzato, ma farlo uscire ora sarebbe forse prematuro. Però merita che la gente lo ascolti, per me quel disco ha messo in luce quanto Taylor fosse un musicista brillante a tutto tondo, scriveva la maggior parte delle canzoni, suonava la batteria, cantava. Credo che il suo talento musicale meriti di essere conosciuto e messo in luce. Aveva anche altri progetti, come i Chevy Metal. Aveva i Coattail Riders e i Birds of Satan. Ma era tutte cose in qualche modo ironiche. Era il primo a prendere per il culo se stesso. Ma con la musica degli NHC non glielo avrei permesso. Gli dicevo: «Non deve essere divertente, deve essere vero». Per questo spero che veda la luce. Fare quel disco con lui è stata una delle esperienze più felici della mia vita… e naturalmente non sono più riuscito ad ascoltarlo dopo che è morto.

Pensi che i Jane’s faranno nuove canzoni durante il tour?
Ce ne sarà un’altra, non so se sto rivelando qualcosa, ma nessuno del management mi ha chiamato per assicurarsi che non lo dica. Imminent Redemption sarà disponibile in vinile, accompagnata da un’altra canzone. Per me è emozionante, sono un fanatico del vinile.

Ti senti meglio fisicamente a questo punto?
Mi sento abbastanza bene. Ma in realtà va a giorni. Ci sono mattine in cui mi sveglio e sono attivo, altre in cui mi sveglio e dico: «Fanculo, torno a letto». Il fatto che nei giorni di riposo in Europa sia riuscito a visitare musei e cattedrali è un buon segno, è una cosa che non avrei potuto fare un anno fa.

Come mai ti stavano facendo le analisi del sangue quando ci siamo collegati su Zoom?
Per controllare i miei livelli prima di andare in tour, per capire se devo portare con me qualche integratore o dei farmaci. Ma sappi che i miei esami del sangue sono ottimi da un bel pezzo, mi tengo sotto controllo. Questa esperienza mi ha costretto a essere il più possibile attento in termini di alimentazione. Ho smesso di fumare. Mi alleno tutti i giorni. Ho cambiato molte cose per guarire. Non ho mai fatto uno stile di vita così sano e pulito. Prima c’era sempre qualcosa. Anche se smettevo con le droghe, continuavo a fumare o mangiavo chili di gelato prima di andare a letto. Ora non vivo più così.

Ti lascio andare, ma sono felice che le cose che ho letto online da alcuni dei fan più accaniti non siano vere.
Hai letto qualcosa tipo QAnon, di veramente folle?

Non proprio. Pensavano solo che ti fossi drogato o che fossi stato licenziato in segreto. Ma si trattava per lo più di droghe.
Potevano essere più creativi. «La verità è che lui è Q e sta tirando le fila». Sarebbe stato più divertente.

Da Rolling Stone US.

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