40 anni. Tanti sono gli anni passati dalla pubblicazione di Horses, folgorante debutto di una allora sconosciuta poetessa dalle fattezze androgine, Patti Smith. Oggi, se dici Horses, i fan che all’epoca non erano neanche nati ti intonano pronti “Jesus died for somebody’s sins but not mine”. Pare sia stato proprio uno di questi fan, a New York, a suggerire a Patti l’idea di celebrare l’anniversario e ora ecco un tour mondiale che tocca l’Italia con 8 date, dalla prima di stasera a Roma, al festival Eutropia, al 1 agosto a Codroipo (UD).
Abbiamo raggiunto la cantante che ci ha parlato di passato e di futuro, di ambiente e di scrittura, ma che soprattutto ci ha confessato di sentirsi fortunata ad essere ancora qui, 40 anni dopo Horses, con i due compagni storici di viaggio, Jay Dee Daugherty alla batteria e Lenny Kaye alla chitarra. Sono passati dischi, cadute, lutti inconsolabili (l’amato marito Fred “Sonic” Smith e il fratello Todd), ritiri e ritorni alla ribalta, tante battaglie si sono combattute e tante si sono perse; eppure lo spirito indomito di quella donna vestita “da uomo” che campeggia sulla copertina del disco non è stato piegato.
Lei è un mito, ma guai a dirglielo; ha dato voce alla controcultura e ai ribelli come lei, quelli che sulla Bowery si ubriacavano di punk e poesie di Rimbaud, ma non vive di nostalgia e punta dritta al cuore delle cose: «la grande questione oggi è l’ambiente perché riguarda tutti noi, cosa c’è di più importante dell’essere umano?»
Cosa significa per te oggi celebrare quest’album?
È sicuramente molto emozionante. Prima di tutto mi sento fortunata ad essere qui a lavorare, a riuscire ad essere produttiva… Sono sopravvissuta e mi sento bene; e poi la gente dopo quattro decadi è ancora interessata al mio disco e poterlo suonare interamente dal vivo con due dei quattro membri originali, mi riempie di orgoglio.
Pensando che il tuo debutto è stato registrato negli studi di Jimi Hendrix a New York, che John Cale era il produttore, che Tom Verlaine ha collaborato alle chitarre e Robert Mapplethorpe ha scattato la ormai celebre foto di copertina… Viene da chiedersi se oggi esista niente di simile, tu che ne pensi?
Non posso parlare per le nuove generazioni: ognuno ha la propria creatività, le proprie idee, la propria voce e anche le proprie preoccupazioni. Horses è un disco figlio del suo tempo, nella metà dei ’70 si respirava un’aria di liberazione, la guerra volgeva al termine, il femminismo avanzava, i diritti dei gay si andavano affermando. Horses è un album che ci ha permesso di mantenere il nostro pensiero culturale forte. Negli anni ’60 gli artisti hanno faticato molto per sviluppare attraverso il rock and roll un messaggio culturale potente, noi abbiamo voluto continuare su questa strada mescolando poesia e rock, consapevolezza politica ed energia sessuale. Quello che volevamo in realtà era comunicare con gente come noi.
Citando un famoso film, eravate dei “ribelli con una causa”. Ma oggi per i giovani artisti ci sono ancora cause per cui combattere o siamo al grado zero?
Al punto in cui sono arrivata, guardo alle nuove generazioni in senso globale e penso che ci siano tantissime cause al mondo per cui combattere, ad esempio l’ambiente, il benessere del pianeta che viene minacciato ogni giorno. Quando noi eravamo giovani non avevamo niente: telefonini, televisione, computer, carte di credito, niente di tutto questo…in un certo senso eravamo più liberi. Non avevamo a nostra disposizione gli strumenti che i giovani hanno oggi, ogni epoca procede con le proprie strade e non mi sento di dire che non stia succedendo niente da un punto di vista artistico, politico e creativo.
Tu sottolinei sempre la centralità della questione ambientale, per cui si fa troppo poco. Però guardando indietro dalla pubblicazione di Horses ad oggi tante battaglie sono state vinte negli USA: un presidente afroamericano, i matrimoni gay, la legalizzazione della marijuana a scopo curativo…
Tutte queste cose sono relativamente piccole, so che sono importanti, ma dobbiamo guardare alle questioni che toccano tutta la popolazione mondiale, al di là delle differenze di genere o altro. Perché ovunque aumentano i tumori? Cosa sta succedendo agli oceani e ai pesci che vanno morendo? L’ambiente soffre e questo ci coinvolge tutti, nessun escluso. E’ giusto che si proseguano le battaglie per i diritti umani, per i diritti degli omosessuali e così via, ma io sto parlando di qualcosa che tocca ogni essere vivente sulla terra: è l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo. In California sono arrivati a razionare l’acqua ai coltivatori, c’è un’emergenza straordinaria perché lo stato è a secco.
Horses è un album che ci ha permesso di mantenere il nostro pensiero culturale forte
Non si fa abbastanza?
Si parla sempre di economia, capisco che sia un argomento rilevante, ma cosa c’è di più importante dell’aria che respiriamo? Dovremmo ripensare globalmente a quello che facciamo guardando alle conseguenze che ciò ha sul pianeta, e quindi sulle persone che lo abitano. A volte si pensa che certi problemi come le carestie, le malattie o altro, riguardino solo una parte del mondo e alcune popolazioni più povere, ad esempio in Africa, ma la natura non guarda alle classi sociali. Dobbiamo essere più diligenti, responsabili, nutrire chi ha bisogno e fare in modo che tutti abbiamo accesso all’acqua. Queste sono le questioni che mi stanno davvero a cuore. Ci si preoccupa ogni giorno di cose che hanno a che fare con il potere, piuttosto che con gli esseri umani, ma la vera sfida globale non ha niente a che vedere con il potere: tutti dobbiamo nutrirci, bere acqua pulita, respirare aria sana.
Sono orgogliosa di questo libro
Quando sei venuta in Italia lo scorso autunno stavi lavorando ad un nuovo libro, a che punto sei arrivata?
L’ho finito due giorni fa, sono molto contenta. Si intitola M Train, è un libro dove ho raccolto i miei pensieri, i ricordi, è come se avessi fatto un viaggio immaginario in diverse stazioni che rappresentano altrettanti snodi della mia vita: c’è la letteratura, i caffè, mio marito defunto, i viaggi, i figli. Sono orgogliosa di questo libro perché racconta molto di me, e non da un punto di vista autobiografico, ma attraverso un percorso di scrittura che alterna sogno e realtà.
Ecco le date del tour:
14 giugno, Roma
16 giugno, Catania
18 giugno, Firenze
19 giugno, Verona
20 giugno, Bollate (MI)
27 luglio, Collegno (TO)
31 luglio, San Stefano Magra (SP)
1 agosto, Codroipo (UD)