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Paul McCartney: «Ora ballo da solo»

Dai nostri archivi, l'intervista del 1970 in cui Sir Macca raccontava al fondatore di "Rolling Stone" la sua avventura solista e il futuro dei Beatles, poche settimane prima della fine della band
Paul McCartney Foto di Linda McCartney

Paul McCartney durante una vacanza in Giamaica nel 1971. Foto di Linda McCartney

Paul McCartney è tornato con noi, ha un nuovo album, alcuni pensieri sul condurre una vita felice e una serie di parole molto precise su Allen Klein. Il nuovo disco, uscito il 17 aprile negli Stati Uniti e in Inghilterra, è stato registrato dallo stesso Paul negli ultimi mesi. Ecco come ci descrive l’origine di quei pezzi: «Ho iniziato da piccoli brani e frammenti, nastri e melodie anche di cinque anni fa». Non solo. La maggior parte della registrazione è stata realizzata proprio a casa sua.

«Ho suonato io tutti gli strumenti. Da molto, da quando è morto il nostro bassista, sono stato sbattuto a suonare il basso. Per tutto il tempo, comunque, tutto quello che volevo fare era suonare la chitarra e le tastiere, quindi ho potuto farlo in questo nuovo LP, suonando tutti gli strumenti che ho sempre desiderato suonare: basso, batteria, chitarra, chitarra acustica, piano, organo, bonghi e tutto il resto. Se però mi chiedi se ho suonato anche violini e balalaiche… ecco, ti dico di no. Il resto, in questo disco, l’ha fatto mia moglie che mi ha aiutato con le armonizzazioni, ci siamo divertiti molto insieme. Abbiamo deciso, sempre insieme, che non volevamo dire a nessuno quello che stavamo facendo. Lavorare con Linda è stato semplicemente magnifico!».

Allen Klein, abbiamo scoperto nel frattempo, non è più il suo manager e non rappresenta quindi in alcun modo Paul McCartney. Quando la domanda fu posta a Klein alcuni mesi fa (su Rolling Stone del 29 novembre 1969), lui dichiarò con entusiasmo che McCartney aveva superato la sua iniziale riluttanza a firmare con lui e gli aveva, infine, affidato il mandato come suo manager. Paul ha negato tutto ciò nel modo più assoluto: «Non ho firmato con Allen Klein perché non mi piace e non penso sia la persona giusta anche se piace agli altri tre. Ho letto che diceva a Rolling Stone quelle cose, ma non sono vere. Paul McCartney non ha firmato alcun contratto con Allen Klein, è venuto il momento di farglielo sapere».

A proposito di tutto ciò, e dei Beatles in generale, Paul ci dice che «nei primi anni della band abbiamo cercato di pensare a noi come a una democrazia, ma mai nulla è stato messo ai voti, la chimica che c’era tra noi quattro ci portava a prendere decisioni in modo naturale. John dominava il gruppo nel prendere le decisioni e io e John dominavamo il gruppo dal punto di vista musicale. Ciò che è accaduto ora è che ciascuno di noi quattro ha iniziato ad affermarsi individualmente rispetto ai propri diritti. Ora si devono prendere decisioni per quattro, si deve votare, e deve essere tutto molto più democratico».

Quella che segue è la conversazione completa con Paul, sui temi fin qui affrontati e su molto altro.

La copertina del numero speciale di Rolling Stone in edicola dedicato a Paul McCartney

PAUL: Ho registrato il nuovo album a casa, alcuni mesi fa. Ho un registratore con cui fare i master direttamente a casa mia. La musica del disco ha incluso piccoli brani e frammenti, nastri e melodie che risalgono anche a cinque anni fa. Preferisco registrare le voci a casa, perché altrimenti ti ritrovi con ingegneri che ti osservano dall’altra parte del vetro. Alcuni dei brani sono stati completati a casa, altri in studio. Ci ho messo due mesi a completare tutto e ne è venuto fuori un buon album. Non voglio parlare dei titoli o dire cosa c’è esattamente lì dentro, voglio che possa essere sorprendente per tutti. Penso sia bello ricevere il disco senza sapere che cosa si sta per ascoltare, così è proprio come una sorpresa.

Qual è la differenza tra suonare da solo e con gli altri tre?
Sono due cose completamente diverse. Quando sei solo, sei l’unica persona coinvolta, sei come un pittore, sei con te stesso e basta e devi semplicemente fare quel che vuoi fare; quando sei con gli altri, e più persone sono coinvolte peggio è, bisogna ascoltare più posizioni sulle cose, soppesarle e quindi arrivare a una tua decisione, a meno che tu non sia semplicemente capace di essere d’accordo e accettare le decisioni di tutti gli altri, e io non lo sono. Questa è la principale differenza: ci sono meno seccature a suonare da soli che con gli altri, ma si sente anche, naturalmente, la mancanza del lavoro altrui e della velocità che ciò inevitabilmente comporta: lavorare da soli è un’attività più lenta e metodica.

Paul in sala d’incisione ad Abbey Road nel 1969. Foto di Linda McCartney

A che risultati porta questa differenza, in termini puramente musicali?
Si tratta di una differenza di metodo, i risultati musicali per me sono gli stessi, perché sono animato dalle medesime passioni, amo lo stesso tipo di musica e quindi sto cercando di realizzare esattamente la musica che vorrei fare se stessi suonando con i Beatles, anche in termini di arrangiamenti.

Hai qualche storia interessante da raccontare su come sono nate queste canzoni?
Sì. Per esempio, alcuni dalla Apple ci hanno mandato un po’ di domande per iscritto, e io ho appena risposto come se fossi a scuola, con un saggio… Alla fine come se fosse un’intervista, come questa nostra, ma più in breve.

McCartney nella sua fattoria in Scozia dove scrisse la maggior parte del suo primo album solista. Foto di Linda McCartney

E dove andrà?
Stiamo preparando una specie di kit per l’album, potrebbe essere carino da ricevere, questa è l’idea. Una cosa divertente, un modo per raccontarci, ma anche di questo non voglio dire troppo, non voglio assolutamente rovinare la sorpresa.

Ci sono ballate tipo Let it be o Hey Jude nel disco?
Sì, penso di sì ma non potrei mai essere io a dirlo. Quando Hey Jude uscì, ero preoccupato che non fosse per nulla all’altezza, non ero sicuro, non puoi mai esserlo. Ma so che su questo disco ci sono ottimi pezzi.

Che mi dici di Allen Klein?
Non ho firmato con Allen Klein, semplicemente perché non mi piace e non penso sia la persona giusta, anche se piace agli altri tre. Allen Klein insinua che io abbia firmato, ma è un equivoco. Ha tre quarti dei Beatles ma non me, ecco perché alla fine non ha i Beatles. Lui è il manager di John, George e Ringo, ma lui sa di non essere il mio. Non avrò un manager fino a quando non incontrerò qualcuno di fantastico e allora mi sentirò libero di lasciarlo parlare per me. Allen Klein non è assolutamente questa persona.

Con la figlia Mary nel 1970. Foto di Linda McCartney

Qual è stato lo sviluppo di questa relazione?
Beh, è una storia molto lunga. Preferisco dirti della sua fine piuttosto che dei suoi alti e bassi e dei suoi dentro e fuori: ce ne sono stati molti. La conclusione è che lui non è il mio manager, non mi rappresenta ed è molto diverso da come sembra apparire sui giornali a cui si racconta. La realtà è che lui è venuto a Londra per realizzare il suo sogno: diventare il manager dei Beatles. All’inizio ho voluto metterlo alla prova, ma non è abbastanza bravo. Quindi, in definitiva, la cosa è semplice: non voglio che mi rappresenti.

Come ti senti ora rispetto alla Apple?
La Apple è l’ufficio e, al momento, non trovo molto divertenti gli uffici. A dire il vero, è sempre stato così. Una mattina, appena sveglio, ero già al telefono a dire cose che non sapevo bene cosa fossero. Ho visto me stesso che stava facendo business, ma non volevo farlo. La Apple è una buona azienda che fa le cose bene, ma, semplicemente, ciò ora non mi interessa, esattamente come non mi interessano la EMI e la Capitol. Non ne posso più di business e businessmen. A me ora interessa la vita a casa, ho due figli, una moglie e tutto quel che mi dà qualcosa è a casa. Amo stare a casa e amo la musica, questo è ciò che mi interessa più di tutto il resto. Non sono alla ricerca di altro.

Cosa pensi ora di tutta la faccenda “Paul is dead”?
Non la capisco. Uno è venuto da me e mi ha detto: “C’è un pettegolezzo che sta girando secondo cui tu sei morto”. La mia prima reazione è stata pensare: “Ottimo”. Sul serio. Proprio come James Dean. Mi sembrava di tornare ai miei 15 anni, al mito incredibile che si era creato attorno alla sua morte. Alla fine ne ero compiaciuto, sai? Perché sapevo che io, invece, non ero morto. L’unica volta in cui non è stato piacevole è stato quando andammo in Scozia: lì non si accontentavano di considerarla una leggenda, di fare battute alle quali io normalmente ridevo. Erano più… pesanti.

Il 10 aprile 1970. poco dopo questa intervista McCartney annunciò con un comunicato stampa la rottura dalla band. Foto di Linda McCartney

Ci sarà un altro disco dei Beatles?
Nessuno ha detto mai cose in merito a un altro album dei Beatles. Non mi piace che Get Back se ne stia lì da così tanto. Ecco uno dei motivi per cui non voglio Allen Klein. Sembra sciocco dargli la colpa, ma questa storia dell’album sta diventando uno scherzo, una vicenda umoristica. Avrei voluto vederlo uscire tre mesi fa, ora quasi non ricordo nemmeno più di quando lo stavo facendo. Il film Get Back è un buon film ed è, soprattutto, un vero film, in cui si raccontano momenti felici e problemi. Nei primi anni dei Beatles abbiamo cercato di pensare a noi quattro come a una democrazia. Ma mai nulla è stato messo ai voti, la chimica che c’era tra noi quattro ci portava a prendere decisioni in modo naturale. John dominava il gruppo nel prendere le decisioni e io e John dominavamo il gruppo dal punto di vista musicale. Ciò che è accaduto ora è che ciascuno di noi quattro ha iniziato ad affermarsi individualmente relativamente ai propri diritti. Ora si devono prendere decisioni per quattro, si deve votare e deve essere tutto più democratico.

E della relazione con John Lennon cosa mi dici? Mi ha detto che non vi parlate da due mesi.
Non so risponderti in realtà. Normalmente gli avrei telefonato o sarei uscito per andare a Weybridge e salutarlo, l’ho fatto molte volte in passato, ma ora non esco mai e non ne sento il bisogno. Ho più voglia di starmene a letto che di andare nei locali. Lui non ha chiamato, io non ho chiamato, ma questo non significa nulla. Non abbiamo litigato. John è molto impegnato al momento, io non amo essere impegnato, sento di non averne bisogno. Il punto è che nessuno dei due vuole davvero parlare con l’altro in questo momento. Se ci incontrassimo alla Apple o se stessimo facendo un disco, ecco allora lo vedrei, ma così non è, e adesso io non lo chiamo. La verità è che, semplicemente, non ci stiamo sentendo ultimamente. Non ci penso. Lo vedrò quando lo vedrò. E gli voglio bene nello stesso modo.

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