Tra le ristampe migliori del 2023 c’è quella dell’intero catalogo di un’etichetta che negli anni ’70 ha lavorato ai fianchi l’industria discografica per renderla a suo modo più coraggiosa e sperimentale: la Obscure. Curata da Brian Eno, Gavin Bryars e Michael Nyman, nel giro di pochi anni ha pubblicato dischi fondamentali, alcuni dei quali ingiustamente dimenticati. La Dialogo Records ha riunito quella serie di opere imprescindibili in The Complete Obscure Records Collection 1975-1978, realizzata con uno dei padrini della Obscure, ovvero Bryars.
Compositore d’avanguardia a 360 gradi, studente di John Cage, contrabbassista jazz, collaboratore di Derek Bailey e Philip Glass, autore per Robert Wilson, Bryars è famoso nei giri alternativi per quella Jesus’ Blood Never Failed Me Yet basata sulla rielaborazione di un inno religioso cantato da un senzatetto in loop di cui Tom Waits fece una sua commovente versione. Lo intervistiamo via Zoom al ritorno da una serie di concerti inglesi dove, scopriremo, c’è ancora traccia del periodo Obscure.
Cosa ricordi della fondazione della Obscure?
È nato tutto da una serie di conversazioni con Brian Eno. Nei due anni precedenti iniziammo a parlare di pubblicare alcuni album, ma era il periodo della guerra arabo-israeliana e della crisi petrolifera, e quindi fu tutto rinviato. Alla fine nel 1975 Brian decise che avrebbe dato via a un’etichetta appoggiato dalla Island e così abbiamo discusso le idee riguardo il repertorio. Anche Michael Nyman era dei nostri, io e lui agivamo da consiglieri.
Quindi è l’idea è venuta a Eno. Nonostante avesse in mente questa cosa da tempo, non aveva i soldi e nessuno che gli desse una possibilità. C’è riuscito quando è diventato un po’ più famoso.
A quel punto la Island si è convinta. Il fatto è che Brian aveva sentito molta musica prima di diventare famoso, musica che voleva registrare e pubblicare perché sentiva che era interessante, era nuova.
Ma soprattutto era musica differente.
Era qualcosa che anche le persone non specializzate in musica contemporanea potevano apprezzare.
Tu sei stato il primo ad apparire su Obscure: The Sinking of the Titanic è un’opera iconica, un concept sull’orchestra del Titanic che continua a suonare anche mentre affonda. È stata la prima pietra miliare della Obscure. Puoi parlarmene? L’hai composta originariamente nel 1969, giusto?
Nel 1969 ho avuto l’idea per il pezzo e l’ho abbozzato, ma la prima realizzazione è stata nel 1972 in una performance, penso che ci fosse anche Brian. Avevo anche Jesus’ Blood Never Failed Me Yet e voleva metterli insieme nel primo album. Il piano era pubblicare quattro album in un anno e questo sarebbe stato il primo.
Sei coinvolto anche in un sacco di lavori per la Obscure. Tra l’altro tu sei il direttore in Discreet Music di Brian Eno.
Sì, esattamente.
Eravate molto uniti?
Quando ho lasciato il mio piccolo appartamento, una stanza nella zona ovest di Londra, è stato preso da Brian. Una delle prime cose che fece quando lasciò il college fu l’aiutante per alcune stampe artistiche, e così si è occupato della stampa di alcune partiture che stavo producendo. Eravamo buoni e intimi amici. Io mi interessavo a quello che faceva lui e viceversa. Voleva che fossi attivamente coinvolto nelle decisioni e nelle discussioni sul repertorio.
Ha suonato con te nella Portsmouth Sinfonia, no? Che era un’orchestra assurda in cui i membri erano senza formazione musicale o musicisti che suonavano strumenti a loro ignoti…
Non proprio all’inizio, perché non frequentava la stessa università, ma in seguito sì, ne fece parte. E poi, ovviamente, ancora una volta grazie al suo status nella musica rock, è stato in grado di produrre i primi due album della Sinfonia, su Transatlantic Records, un anno prima del primo disco della Obscure.
Che anni erano?
Il ’73/74 per il primo e il secondo dei Portsmouth, il ’75 per i primi quattro dischi della Obscure.
Tornando alla Obscure, tu appari anche nel secondo album della serie, con Christopher Hobbs e John Adams.
Ho un pezzo anche lì, un brano in cui suono il basso intitolato 1,2, 1-2-3-4. E poi suono anche in entrambi i pezzi di Hobbs, ma non su quelli di Adams. Ho comunque lavorato con lui, in California. Ecco perché ho potuto portare il mio pezzo. Il disco si chiamava Ensemble Pieces.
Sei anche nel numero otto della serie Obscure, con John White, Machine Music. Tu sei nel lato B.
Beh, dipende. Dipende da che parte lo giri. Potrebbe essere il lato A, potrebbe essere il lato B. Ognuno di noi aveva metà del disco.
Allora diciamo che è un doppio lato A.
Sì (ride).
E qual era il mood del disco? Immagino molto particolare…
Ho suonato la maggior parte dei pezzi del lato di John White. E da parte mia, abbiamo realizzato questo pezzo in cui ogni persona suonava due chitarre. E questo significava che avrei potuto avere quattro musicisti diversi che suonavano chitarre diverse. È stato interessante. Ed era un’interessante combinazione di persone, e ognuno suonava le chitarre in modo diverso: Derek Bailey, Fred Frith, Brian ed io. E Derek, credo, suonasse il violoncello semiacustico. Fred Frith suonava pezzi elettrici, solidi. Io ho suonato quelli classici. Non riesco a ricordare cosa suonasse Brian. Ma suonavamo tutti chitarre leggermente diverse. È un interessante miscuglio di persone. Inoltre, Brian ha suonato alla metà della velocità con cui abbiamo suonato noi.
Brian ha sempre suonato in qualche modo la chitarra nei suoi primi dischi, ma è difficile collegarlo a qualcosa di tradizionale, diciamo.
È molto raro che Brian suoni uno strumento. Ha suonato nella Portsmouth Sinfonia, ma di solito manipola i suoni, produce, lavora con i computer e così via. Qui invece suonava davvero le chitarre, una cosa molto, molto rara.
Sei in un altro disco che è un po’ strano. Penso che ci sia una controversia dietro, è Irma di Tom Phillips che diceva che «Gavin ha preso il mio posto nell’album». Qual è la verità?
Thomas era, perché purtroppo non è più con noi, un artista visivo, era un pittore, un incisore. Ma a quel tempo realizzava anche partiture sperimentali. E c’era questo pezzo intitolato Irma che era una serie di frammenti che io ho trasformato in musica, mentre un altro amico, Fred Orton, ha scritto le parole. Penso che Tom fosse sconvolto perché sentiva che nei crediti dell’album avrebbe dovuto esserci scritto “un’opera di Tom Phillips, musica realizzata da Gavin Bryars” piuttosto che “musica di Gavin Bryars”.
Ah ok, quindi un classico misunderstanding.
Sì, in realtà, nella registrazione vera e propria Tom è lì e canta con la mia ex moglie. E lui, all’epoca, disse che secondo lui era tutto perfetto. Disse le testuali parole: «È esattamente quello che avrei voluto che fosse». Quindi c’è stata questa piccola questione su come è stato presentato l’album, su cui non avevo alcun controllo. Penso che forse sia stato un errore di Brian o della Island, non lo so. Tom è rimasto turbato per un po’, ne sono consapevole, ma poi ci siamo riconciliati. E Brian è rimasto amico di Tom e ha realizzato molte altre versioni del pezzo e altre persone hanno realizzato a loro volta nuove versioni. Quindi non è l’unica versione quella della Obscure, ma solo una delle prime. E questo è tutto.
Beh, è diventata quasi una leggenda metropolitana.
Molti anni dopo abbiamo cenato con amici e io e Tom abbiamo parlato ed era tutto chiaro. Andava tutto bene. Non c’era assolutamente alcun problema tra noi, un piccolo errore stupido è stato ingigantito a dismisura. Se ci pensi è ridicolo che ne abbiano parlato tanto.
Qual è l’uscita che ti piace di più della Obscure e perché?
Penso che abbiano tutte il loro carattere. Ovviamente il mio primo disco è stato importante perché ha acquistato un certo significato per molte persone. Ha avuto un grande successo: ma soprattutto quando sono state realizzate le altre versioni, è stato visto in retrospettiva come un pezzo importante. E le persone che avevano quell’album in quel momento lo apprezzarono moltissimo. Tom Waits ha detto che era il suo album preferito, il che è un grande elogio, ma a me piace molto l’album di Harold Budd in cui ero coinvolto. Sono stato io a presentare Harold a Brian.
Diciamo che la Obscure era come un ponte tra lo sperimentalismo e il futuro del pop, ma in generale della musica tutta.
Sì, lo era. Brian, sentiva che c’era un qualcosa in più. Per lui non si trattava di musica classica convenzionale. Era in mezzo, tra le categorie.
Anche perché nella Obscure c’era la Penguin Cafe Orchestra.
Penso che l’idea di farli uscire sia stata di Brian. Io sono stato coinvolto in circa otto produzioni su dieci. Ma sono sempre stato partecipe nell’intero progetto. Per esempio, man mano che andava avanti, Brian ha iniziato a lavorare di più, ad esempio è stato a Berlino con David Bowie per parecchio tempo, il che significava che molto spesso non potevamo prendere decisioni perché lui doveva visionare davvero tutto, il che era giusto. Io continuavo a far girare le cose fino al ritorno di Brian.
Perché vi siete fermati?
Non lo so. Penso che Brian sia stato troppo impegnato con questi altri progetti, specialmente con Bowie. È andato in direzioni diverse. In realtà il progetto non si è fermato in modo definitivo. Si è semplicemente fermato, ma non c’è stata alcuna decisione. Abbiamo realizzato l’ultimo album e basta. Ne abbiamo fatti dieci, non è male, ma la cosa avrebbe potuto durare ancora a lungo. Avevamo altri nastri, la gente aveva cominciato a mandarci materiale, avrebbe potuto durare più a lungo. Ma alla fine ci siamo fermati.
Quale pensi sia l’eredità dell’etichetta?
All’epoca aveva un certo status, era una sorta di culto, di classico che la gente apprezzava molto, ma che non molti conoscevano. Molti dischi sono usciti dal catalogo, magari qualche album rispuntava fuori su CD, magari in un altro Paese e così via, ma non tutti. E penso che quello che ha fatto Luciano (Cantone, fondatore della Dialogo Records, ndr) sia brillante. Questa edizione ha qualcosa di nuovo. È diversa dalle altre. È fedele agli album originali. In passato ci sono state altre riedizioni per un singolo artista e forse anche modificate nel design. Luciano invece ha cercato di essere molto attento e rispettoso del concetto e del feeling degli originali. Quindi tutto è il più vicino possibile alle prime edizioni. Ci sono testi, interviste e così via, materiali che danno molte più informazioni. E inoltre non lo fa solo in formato vinile, ma anche in CD. Quindi significa che finalmente abbiamo tutto in un unico box. E penso che questo sia davvero, davvero utile.
L’Obscure ha un’eredità non solo su molti ascoltatori, ma anche e soprattutto su moltissimi musicisti. Ricordo ad esempio che Aphex Twin fece un suo remix del tuo Titanic.
Sì, quel remix non è stato tratto dalla versione su Obscure, ma da una del 1994 che ho realizzato con Philip Glass per la Point Music. Aphex Twin voleva realizzare un remix e ha chiesto il permesso. Gli ho dato non solo l’album, ma ogni cosa, anche il più piccolo materiale, tutti i componenti, per creare un nuovo pezzo.
Penso che il rinnovato interesse per la Obscure sia anche dovuto al fatto che Brian Eno fosse a Venezia, durante la Biennale, a prendere il Leone d’oro alla carriera.
Nella storia del lavoro di Brian, la Obscure è una parte piuttosto piccola. Penso che sia una parte importante per molte persone, ma Brian ha fatto molte altre cose che sono molto più grandi in termini di collaborazioni: sai, Bowie, gli U2, ogni genere di cose, e il suo lavoro con la serie Ambient e altri progetti. Quindi, in molti sensi, Obscure era una cosa piuttosto piccola, ma importantissima all’inizio della sua carriera.
Hai intenzione di fare qualche performance legata alla ristampa?
Lo speriamo. Abbiamo fatto uno spettacolo a Rimini a settembre, ma non aveva a che fare con questo progetto. Potrei eseguire materiale diverso a Ravenna a giugno, con il Lyon Opera Ballet. Vedremo se c’è modo di fare qualcosa legato alla serie Obscure in quel periodo o in seguito, ma niente è stato organizzato. Avrebbe senso farlo in Italia dove credo ci sia interesse per questo tipo di cose. Dopotutto, è Luciano che in Italia ha riportato in vita la Obscure.
Il periodo della Obscure ti ha cambiato la vita?
Beh, in un certo senso penso di sì, perché stavo attraversando una transizione. Stavo lavorando con John Cage in America e poi ha iniziato a lavorare con musicisti sperimentali inglesi. E poi ho smesso di lavorare per un po’. Fondamentalmente studiavo storia dell’arte e facevo ogni genere di ricerca. Quando abbiamo iniziato a registrare questi dischi ho ricominciato a scrivere. Quindi penso che sia stato importante per il mio sviluppo. Non tanto nel modo in cui pensavo la musica, perché i pezzi che stavamo registrando erano già esistenti, tranne forse Irma. Ma ha dato un nuovo slancio, una spinta. Io e le altre persone presenti sull’etichetta Obscure siamo diventati più conosciuti in altri Paesi. Ci ha dato molte opportunità.
Ora che ci penso c’era anche John Cage nel catalogo Obscure.
Io non ho suonato in quell’album di Cage, che si chiamava Voices and Instruments con Jan Steele.
Se devo pensare a una etichetta italiana che ricorda la Obscure mi vengono in mente le sottoetichette della Cramps, Nova Musicha e DIVerso. Nascono quasi nello stesso periodo della Obscure e nello stesso periodo finiscono di agire. Anche lì c’era John Cage.
Me lo ricordo, sì. L’idea era simile.
Pensi che farai qualcosa di simile alla Obscure in futuro?
No, ma ho iniziato a guardarmi indietro ad alcuni di quei pezzi di quel periodo per riprodurli di nuovo. Suono ancora, ovviamente, Jesus’ Blood e Titanic.
Quindi un messaggio per i fan della Obscure: non la rifonderai.
No, ho già la mia etichetta, la GB Records, è sufficiente. D’altronde sto diventando troppo vecchio per essere “oscuro” (ride).